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Star Wars e l'abbandono della realtà fisica

di Holger Ziegler


     C'era una volta un ragazzino che sognava ad occhi aperti di eroi splendenti e di principesse dolcissime, di maestri saggi e di mostri oscuri, che viveva trepidante la battaglia infinita tra il Bene e il Male. Quel bambino è diventato un uomo e ha fatto qualsiasi cosa per realizzare il suo sogno. E alla fine è riuscito nell'impresa di rendere tutti partecipi di questa sua grande aspirazione. Così potremmo immaginare la storia e la vita di George Lucas, uno dei filmakers più noti e affermati del mondo. La trilogia di Guerre stellari lo ha reso ricco e famoso, la conseguenza è stata una maggiore indipendenza produttiva, un altro obiettivo che era nelle sue intenzioni di indipendente.
     Oggi investe i suoi soldi nelle iniziative e nei film prodotti dalla ILM (lndustrial Light & Magic), sempre attento a sviluppare nuove tecnologie di realizzazione digitale. E pensare che la ILM aveva iniziato la sua attività nel settore degli effetti speciali, diventando sempre più competente e impegnata nel campo della produzione di immagini digitali. L'ultimo più recente approdo è stata la realizzazione, in ogni passaggio, di un film completamente "girato" con la tecnologia digitale. E mentre il nuovo episodio di Star Wars, realizzato, come afferma Lucas stesso, con il computer al novantacinque per cento, era pronto per essere proiettato, due multinazionali, la JVC e la Texas Instruments, presentavano i loro nuovi proiettori a tecnologia digitale. Quando in maggio il film iniziò il suo cammino nelle sale, molte decisero di proiettarlo in digitale, probabilmente solo per testare il nuovo standard di proiezione, ma Lucas non ha mai perso la speranza di lavorare a un lungometraggio che possa "essere girato, montato e realizzato interamente in digitale, come mai è accaduto finora nel cinema".
     Cosa significa questo sviluppo tecnologico per il film? Lucas afferma che la sua intenzione è quella di raccontare storie e che l'unico scopo della tecnologia è di concorrere ad illustrarle al meglio. Perciò preferisce la tecnologia digitale, per le sue infinite possibilità di creare scenari non condizionati e limitati dalla realtà fisica -un fatto questo di cui Lucas si è spesso lamentalo, soprattutto durante le riprese del primo episodio di Star Wars, un film in cui la tecnologia digitale ha avuto un ruolo in fondo marginale, solo qualche trucco e gli effetti speciali- e anche se figure come R2-D2 o C-3P0 hanno avuto grande popolarità a causa proprio della loro ruvida fisicità, e create con il digitale avrebbero perso del tutto questa caratteristica fondamentale, e sarebbero restate in qualche modo involucri senz'anima. Durante la produzione dell'ultimo Star Wars, Lucas ha avuto per la prima volta la possibilità di lasciar correre fino in fondo la propria fantasia e di realizzare veramente tutti i suoi sogni e aspirazioni. Ha "dipinto" il suo film grazie al computer: non più le immagini riprodotte grazie all'obiettivo della macchina da presa, ma piuttosto pittura o frammenti di colore e di immagini unite idealmente in un moderno collage. Lo spettatore non vede qualcosa di innaturale o di fuori dal mondo, semplicemente sono i pensieri di Lucas a prendere definitivamente forma. Mentre fino ad ora il cinema era legato in tutti i sensi alla realtà della sua consistenza "fotografica", con la produzione digitale si apre una nuova era: le immagini del mondo create e determinate dalla loro stessa inconsistenza virtuale. Sganciandosi a poco a poco dalla realtà il cinema si avvicina sempre più al sogno. La stessa storia, i suoi riferimenti alle saghe e all'epica, aiutano la settima arte in questa direzione. Tornando a Lucas, il senso stesso delle sue storie si rifà in maniera profonda alla saga, in particolare legata a mondi lontani e sconosciuti. comunque calata in una realtà del tutto "irreale", lontana dalle cose concrete della vita di tutti i giorni. Non sente più alcun bisogno della realtà tradizionale, né davanti né dietro la macchina da presa, c'è solo la lucida realtà del computer. Per quello che Lucas pensa del cinema e per le sue necessità artistiche è l'unica, fatale direzione possibile. Lo sviluppo e le nuove frontiere della cinematografia prevedono l'abbandono dell'età dell'oro della celluloide. È il trionfo dell'immaginazione e del sogno, un allontanarsi lento ma inarrestabile dalla concretezza della vita reale. È un processo lento iniziato molti anni fa, un nuovo modo di pensare e di raccontare per immagini. Il cinema si libera di ogni condizionamento legato alta vita reale e riconquista la sua funzione di grande macchina da sogni, gioco ed intrattenimento capace di burlarsi dello spazio e del tempo. Si tratta di un punto di vista anche "filosofico", non solo legato al cinema. Ma per creare nuove immagini è necessario credere comunque nella realtà visibile. La nuova tecnologia digitale ha liberato il cinema anche dalla sua finalità riproduttiva, e ha posto le basi per un nuovo viaggio della conoscenza, vissuto attraverso un nuovo mondo che reclama la propria realtà, una realtà per forza lontana dall'essere "fisica", ma non per questo priva di ogni finalità conoscitiva. Lasciamo quindi che la leggenda viva e si affermi.

     Il digitale produce immagini che hanno perso la loro consistenza fisica, una consistenza che resta comunque un punto di riferimento, e per questo non sono dimenticate le immagini reali appartenenti al mondo fisico. Perfino Lucas non ha completamente fiducia nel potere persuasivo della sua storia virtuale, se ha deciso di affidare a una star come Ewan McGregor il ruolo di protagonista del film. "Star" è comunque sinonimo di realtà fisica e di persistenza reale. La sua presenza trasferisce sullo schermo una indubbia fisicità. Star digitali come Lara Croft o Kyoko Date sono fenomeni singolari, anche se un giorno prenderanno il posto delle vere star in carne ed ossa. Per ora queste agiscono e vivono negli spazi della fantasia digitale di chi le ha create, con un contatto comunque verificabile con il reale, il grande mercato del merchandising e dei video musicali. Sono proprio i combattimenti di Lara, persona virtuale e animata contro la schiera degli avversari vivi e reali, una prima e concreta contaminazione. Si tratta di un grande risultato per la tecnologia digitale. Ogni immagine può essere potenzialmente manipolata, possono essere aggiunte nuove componenti artificiali. Reale e virtuale ricostruiscono una nuova idea del mondo. E tutto appare sorprendentemente più vero.
     Il fatto che il digitale possa modificare e falsare la realtà non può essere usato come un capo d'accusa contro le nuove tecnologie. Fin dalle origini il cinema ha sempre dovuto fare i conti con la manipolazione della realtà. È un falso problema. Una "realtà obiettiva" può forse esistere, ma alla fine resta quasi sicuramente un orizzonte inaccessibile. "Non posso credere nelle immagini senza manipolarle con le mie mani" potrebbe essere una formula indovinata per riassumere le tendenze stilistiche di molti registi di oggi.
     Non ci sono quindi immagini "vere" in tutti i sensi. Perfino le immagini che appartengono alla Storia possono essere facilmente manipolate, al punto tale che il dubbio sulla verità della visione è diventato quasi un bene comune. Qualsiasi immagine non può mai essere considerata completamente vera. E il cinema, da parte sua, ha perso con il digitale proprio questa parte di presunta verità, ha insegnato allo spettatore la diffidenza verso le immagini, e come per la fotografia ci ha insegnato che ciò che vediamo non è mai del tutto reale. Il cinema ha perso la sua essenza materiale. I film non esistono più nella loro consistenza di fotogrammi, uno dopo l'altro, visibili grazie alla luce. Ora sono pixel di un database, serie invisibili di numeri, cinema senza realtà. È un conflitto-dibattito probabilmente senza fine. Solo al momento della proiezione video e cinema mostrano la loro origine tecnologica. Ma il digitale azzera ancora una volta il discorso. La differenza fra cinema e video diventa minima e quasi impercettibile. Cosa dire davanti a questo nuovo e imprevedibile fenomeno? C'è qualcosa che avvicina Star Wars a un gigantesco videogioco, qualcosa che assomiglia molto alla realtà virtuale. Non a caso i produttori hanno lanciato il film sul mercato abbinandolo alla vendita di un videogioco come Star War Racer, un computer game che consente al giocatore di calarsi nella realtà del film e salvare il mondo dalla minaccia del Male (in realtà è solo un gioco di corse, NdDC). C'è bisogno di chiarezza, a questo punto. Ci troviamo di fronte a una nuova idea di cinema, in chi produce (o gira) un film e in chi un film lo guarda. Lo stesso termine "cinema" deve essere riconsiderato. Cos'è il cinema? È una vecchia domanda sempre di moda. È la proiezione di fotogrammi davanti a un pubblico o è la visione di ogni genere di proiezione, in video e non? E cosa dire della percezione del pubblico, del contatto con diverse modalità di riproduzione delle immagini? Per semplificare, cosa dire della differenza sostanziale tra la luce bianca della proiezione tradizionale e la mistura di colori alla base della riproduzione in video? Qualcuno potrebbe parlare di risoluzione, di qualità dell'immagine: il discorso non può certo fermarsi qui. Ci fu una perdita di brillantezza nel passaggio dalla stampa al nitrato a quella all'acetato. Allo stesso modo oggi la gente non è in grado di distinguere tra un video e un film in pellicola, e non c'è dubbio che gli spettatori sono da questo punto di vista pronti ad assistere a uno spettacolo digitale.

     Nessun problema anche riguardo ai mille trucchi digitali. È una modalità che si ritrova anche nel cinema tradizionale, che non ha mancato di cambiare e modificare la realtà a suo piacimento. Il momento post produttivo ha sempre rappresentato il passaggio decisivo verso una nuova realtà. In questo la tecnologia digitale è solo l'ultimo gradino. La differenza è solo materiale. Nel cinema tradizionale il supporto cinematografico resta sempre tale. Il digitale ha solo introdotto una nuova componente. E il cinema resta sempre uguale a se stesso anche in film storici per la nuova tecnica, come Jurassic Park o Star Wars. La manipolazione delle immagini riguarda sempre il complesso delle sequenze girate con i metodi tradizionali. In fondo è la più interessante delle applicazioni digitali. Film completamente "tecnologici" come Toy Story re-stano comunque una eccezione. I filmakers hanno a disposizione solo un nuovo mezzo di espressione dal quale trarre ispirazione e nuove idee.
     Proprio l'uso del digitale in campi come l'animazione e gli effetti speciali ha creato una differenza impalpabile fra passato e presente. La consistenza fisica è sempre una realtà. Persino l'animazione non può fare a meno del suo background materiale, tutto riassumibile nell'intervento diretto sui fotogrammi che ha reso grande e famoso questo genere particolare di cinema. Gli effetti speciali più immateriali, pensiamo alla Blue box, sono venuti solo più tardi. La tecnica digitale ha sicuramente cambiato le cose. Le immagini possono essere completamente o solo in parte girate in digitale, e con la nuova tecnica possono essere inserite nel film. Senza alcun problema, perché un'immagine digitale non fa differenza fra realtà e realtà virtuale, tra analogico e sequenze elettroniche aggiunte più tardi. C'è solo il solito database con i suoi pixel.
     Proprio per questo la fase di post produzione ha assunto negli ultimi dieci anni una importanza fondamentale. Questo anche grazie all'affermarsi delle nuove tecnologie e ai miracoli che queste consentono di fare nella fase di manipolazione e colorazione dei fotogrammi. Ai giorni nostri, il tempo delle nuove frontiere tecniche, la produzione di un film è solo il primo passo della post produzione. La perdita del valore assegnato all'iter produttivo ha sicuramente influenzato il modo di concepire il cinema. Ciò ha sicuramente influenzato i registi danesi dell'ultima generazione, che hanno stabilito le regole del loro "dogma" partendo proprio dalla condanna di ogni nuova tecnologia, soprattutto trascurando programmaticamente la fase post produttiva. È però davvero curioso che molte sequenze dei loro film siano girate e montate con la tecnica digitale. In fondo ogni dogma contiene la sua negazione.

     C'è sicuramente una forma di sviluppo tecnologico che cammina mano nella mano con la perdita di realtà fisica nel cinema: è il modo stesso di considerare e vivere l'esperienza cinematografica. Il riferimento è alla cultura moderna del multiplex, del marketing trionfante, del cinema come evento commerciale. In questo senso la materialità del film conta ben poco e gioca un ruolo davvero insignificante. Non ha importanza che si tratti di un film tradizionale o in digitale. Quello che interessa è l'evento cinema, è il film in se stesso. Ed è così che film profondamente tecnologici come Star Wars comunicano all'esterno, al pubblico, la loro consistenza attraverso il merchandising e tutta la serie di prodotti che ne raffigurano l'immagine e la storia. È una consistenza che non si trova per forza e solo nella sala cinematografica: il pubblico non può fare a meno di questa nuova realtà fisica. È la schiera dei giocattoli, delle magliette pubblicitarie, dei poster e dei contenitori per pop-corn. Le case di produzione supportano con grande enfasi questo mercato indotto dalle immagini. E ne hanno ben donde. Non sono pochi gli utili neppure per loro: sul piano immediatamente monetario e su quello della percezione, dell' "immagine".
     Tutto (anche i film) viene distribuito e venduto con un preciso imperativo commerciale, il mercato. I film digitali sono in questo senso facili da riprodurre e, ciò che più importa, davvero poco costosi. Resta solo un problema, di non facile risoluzione. La protezione dalle possibili duplicazioni non autorizzate. È questa la sola grande riserva che ancora rende perplessa la grande industria del cinema. E resterà tale fin quando non sarà garantito ogni diritto dei produttori cinematografici. E non sarà facile. Guerre stellari è un esempio interessante in questo senso: non appena il film ha iniziato a circolare nelle sale sono fioccate in tutto il mondo le copie pirata del film. George Lucas ha iniziato una battaglia dura contro la pirateria ma non c'è molto da fare allo stato attuale delle cose, anche se il regista ha "catturato" in una circostanza alcuni ragazzi che avevano appena rubato una copia del film in un cinema americano. In ogni caso, suona familiare questa guerra senza esclusione di colpi, questo impero sempre alla caccia di pirati...
     Ma le novità saranno comunque di portata enorme. Il digitale favorirà senza dubbio le produzioni a basso costo. Tutti potranno produrre ad un costo accettabile film digitali. E lo sviluppo tecnologico permetterà l'utilizzo della tecnologia digitale ad un prezzo sempre più basso. Già oggi sono in commercio programmi di grafica e di editing a poche lire. E anche questi permettono di lavorare con le immagini e consentono la realizzazione di film artigianali. Nessuno deve sottomettersi alle regole della grande produzione se tutte le immagini possono essere girate con una camera digitale, che tra l'altro non ha costi inaccessibili. E se la post produzione può facilmente essere realizzata con un computer. Da questo punto di vista il digitale è una grande rivoluzione. È la possibilità di sottrarsi al grande monopolio delle major. Ma questo sviluppo è solo all'inizio. Basta osservare i tentativi che hanno già compiuto i registi di Dogma con discreto successo. Ma in fondo le videocamere ad alta risoluzione (l'omologo della macchina da presa) sono ancora troppo costose, e i proiettori digitali non sono ancora del tutto perfetti. Gli stessi cinema non sono ancora convinti delle nuove frontiere tecnologiche e restano ancorati alla loro tradizione. Ma anche se le cose non sono ancora cambiate, il futuro è vicino e sarà sicuramente tutto in digitale. Questo significa un grande vantaggio per tutte le fasi di produzione di un film. E una grande chance anche per le cineteche di tutto il mondo, davvero facilitate da questo nuovo modo di riprodurre e conservare l'opera cinematografica. Ad un prezzo molto più basso e con la certezza di un supporto nuovo e più resistente al tempo.
     Molte sono le domande ancora senza risposta, una forse più urgente delle altre: perché un film non potrebbe essere a questo punto uno spettacolo puramente individuale? Perché essere soddisfatti solo delle immagini che scorrono sullo scherno? Perché non pretendere uno schermo interattivo, una volta superata la frontiera della realtà fisica del cinema? Un nuovo modo di assistere allo spettacolo cinematografico, la libertà per ogni spettatore di iniziare e finire la proiezione dove più gli piace, spaziare senza limiti nella storia incorporea che scorre davanti ai suoi occhi. Realtà virtuale, è vero. Ma il cerchio sarebbe finalmente chiuso, computer e film si darebbero infine la mano. David Cronenberg ha già mostrato in eXistenZ cosa potrebbe rappresentare un'esperienza di questo genere: la fine del realismo. O la nascita di un realismo nuovo. In ogni caso, lunga vita a duello che continueremmo a chiamare cinema.


     Apparso su "Guida completa a Star Wars: da Guerre Stellari a La Minaccia Fantasma", Falsopiano, 1999

     Holger Ziegler è un ricercatore cinematografico dell'università di Francoforte.







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