Neanche “Peridea”! Ahsoka 1×06 : Star Tolkien.

Se il quinto episodio rappresentava “la nuova speranza” per Ahsoka, demarcando le precedenti puntate timidine dalle successive allusivamente accattivanti, il sesto si manifesta come “la vendetta dei canoni”. Dall’aleatorio qualunquismo dei personaggi tanto anelati, allo spessore delle loro motivazioni (in un bel formato A4), si esplora una galassia di rivisitazione contenutistica. Ciò non inerisce necessariamente alle Leggende. Difatti, poiché l’effetto nostalgia è divenuto ormai immanente nel sostrato Disneyano, occorre ingegnarsi per paludarlo in qualcosa di vagamente originale. La logistica autoriale apre un ventaglio di possibilità, spaziando dall’auto-retrocontinuità al faceto esocitazionismo, ossia la pesca ispiratrice negli oceani di opere scevre da Star Wars. Benvenuti su Peridea!

Peridea e l'Anello di Sion in Ahsoka
Lo spettacolare scenario dell’Anello di Sion in avvicinamento a Peridea.

Le “Parche” della Notte

La triade di Madri della Notte, torreggianti sulla plancia di Peridea, sono le vicarie del secolare culto delle Streghe di Dathomir, fondato nel 600 BBY da Madre Allya. Quest’ultima era una Jedi caduta al Lato Oscuro ed esiliata sul pianeta Dathomir, ove istituì la suddetta dottrina. Accolse numerose esuli e attinse alle ataviche arti alchemiche Sith per creare le Stregonerie della Notte. Il tutto fino all’avvento dell’episodio in oggetto, nel quale le Sorelle della Notte virano su una genesi millenaria extragalattica, con Peridea al centro dei riflettori. Disattendendo al perentorio precetto dell’unicità della Madre e indugiando nuovamente sul nominalismo mitologico (come Skoll-Hati e Morgan-Marrok), il matriarcato si triplica. Klothow (Cloto), Aktropaw (Atropo) e Lakesis (Lachesi) minano le fondamenta di Star Wars, cosicché possano inaridirsi come le mirabili ossa di Purrgil attorno all’esotico pianeta. Le ostentate retrocontinuità, disseminate nelle serie televisive Disney, appaiono ormai somatiche, come il problema 5/9.

Le Madri della Notte, immedesimate nel ruolo di nuove Moire del fato.

Il problema 5/9

L’ulteriore dimostrazione di quanto sovra asserito richiede una chiosa. Tutti i veterani rammentano l’epilogo della serie Rebels, dove Sabine narra la disfatta dell’Impero e viaggia alla ricerca di Ezra Bridger, con Ahsoka travestita da Gandalf. Un perfetto ricalco di quanto mostrato nel secondo episodio di Ahsoka, in cui il serafico duo di protagoniste concorrenti riparte all’avventura. Tale scena nella serie animata presenta varie peculiarità. Innanzitutto Jacen Syndulla (nato nel 1 BBY) sembra un bambino sotto i dieci anni dai capelli corti. Alle spalle di Sabine (anch’ella in acconciatura tosata) si profila un conglomerato di rovine tenebrose, mentre con la mano accarezza il murale che ritrae gli Spectres. Infine un’Ahsoka eburnea la porta con sé in crociera da Ezra. Ciò dovrebbe svolgersi nel 5 ABY, ossia l’anno successivo alla Battaglia di Endor (4 ABY) e subito dopo la Convergenza di Jakku.

Plasmando il parallelismo, la serie di Ahsoka palesa una situazione analoga, tuttavia con qualche discrepanza. Jacen Syndulla pare cresciuto (ultra-decenne) e con una capigliatura più fluente. Alle spalle di Sabine (con capelli rapati, dopo esserseli allungati) si spalanca stavolta una fastosa città riedificata. Ahsoka, in abiti corvini, va a prendere la Mandaloriana e tra le due si percepisce un rapporto idiosincratico, causato da un addestramento Jedi fallito. Tale contingenza si collocherebbe nel 9 ABY poiché, valutando la seconda stagione di The Mandalorian e The Book of Boba Fett, l’operato di Ahsoka nei confronti di Morgan Elsbeth si sviluppa proprio in loro concomitanza, dunque nel 9 ABY.

Immagine comparativa ripresa da Comicbook sulle scene di Rebels e Ahsoka.

Un lasso di quattro anni, tra il 5 ABY e il 9 ABY, spiega perfettamente la ricostruzione di un’intera città, la crescita di un ragazzo, l’allungamento delle capigliature, l’addestramento Jedi incompiuto e la ricerca inconcludente di Ezra, quali trascorsi per incrinare i rapporti tra le protagoniste. Tutto molto organico e coerente, se non fosse che la scena in Ahsoka è stata identificata dagli autori con quella in Rebels, collimando tutte le vicende nel 9 ABY. L’auto-retrocontinuità non ha lasciato appigli agli spettatori ed ex novo è stata inficiata la chiave di volta della narrazione Disneyana su Star Wars. Ritorniamo su Peridea!

Un Picasso a Mordor

Esaminiamo l’iconografia del quadro idilliaco di Peridea, una landa desolata dalla fisionomia Mordor-iana. Si prospetta sullo sfondo una Minas Tirith annerita dai fumi dell’ex-Impero e governata dal Grande Ammiraglio Draghi, a capo di un esercito di assaltatori nippo-templari. In sovrimpressione compare poi il logoro citazionismo, con chiaroscuri di “Ewok”, catafratti di testuggine, e fugaci pennellate di “predoni Tusken”, monturati da Uruk-hai. La pellicola e il pathos sono accoltellati in favore del minutaggio. Il punto di fuga converge invece su Baylan Skoll, puntualizzante il ruolo del Jedi Oscuro alla propria allieva, ancorché egli stesso lo sfumi con la via dei Jedi Grigi. Shin Hati risulta forse meno “daltonica” del maestro, con una naturale proclività alla filosofia Sith. Piantonando la promessa di un potere maggiore, la coppia ambisce a un’ignota distopia e gemma così la vera tematica intrigante della trama. Il sunto di questo mosaico Tolkieniano dipinge insomma un elaborato Picasso eso-citazionistico.

Minas Tirith (a sinistra) e la base di Thrawn (a destra) su Peridea.

Dov’è la Forza?

Probabilmente ciò che brama Baylan surclassa qualsivoglia arte Jedi o Sith che sia mai stata trattata nel canone Disneyano: qualcosa su cui vige la Forza. Finora le sole vergenze acclarate nella serie di Ahsoka sono il Mondo tra i Mondi (il corrispettivo canonico delle Fonti della Forza) e Anakin Skywalker. Ottemperando a quanto visto, gli indizi rievocano sovente i Guardiani di Mortis, inducendo a interrogarsi su quale sia il centro irradiante il destino dei personaggi. Potrebbe essere un antico artefatto delle Divinità della Forza, consimile alla Daga di Mortis che poteva ucciderle. O magari è un’entità ancestrale che trascende il confine tra Lato Chiaro e Oscuro. Si ricordino in proposito la Madre Abeloth delle Leggende, pertinente alle succitate Fonti della Forza, e il Primo Jedi, ritratto nel Tempio su Ahch-To.

Il Primo Jedi raffigurato sul pavimento del Tempio Jedi di Ahch-To. Un essere ermetico, fondatore dell’Ordine Jedi e dell’Equilibrio nel nuovo canone.

Non può negligersi altresì il concetto Kotor-iano di morte della Forza. Se molte catastrofi si sincronizzassero, devastando immantinente altrettante vite, le conseguenti Ferite nella Forza genererebbero intensi Echi. La loro risonanza dissolverebbe definitivamente il campo metafisico postulato in Star Wars e così tutta l’esistenza. Ciò sarebbe sinergico all’intento di Baylan di “spezzare” la ciclicità della Forza, volta all’instaurazione di un sempiterno equilibrio universale. Sono tutte tematiche certamente affini e mai comparse in un prodotto televisivo-cinematografico di Guerre Stellari. Se siffatte illazioni si rivelassero fondate, la Disney compirebbe il primo passo verso una mondatura creativa, divampando la fiamma della passione negli ammiratori speranzosi.

Sabin-hoka

Avendo ormai conclamato il protagonismo conteso tra Sabine e Ahsoka, nessuna degradazione retinica può celare l’arduo alpinismo della serie sulle vette scoscese di Peridea-Mordor. Mentre i personaggi si dimenano tra un obiettivo e l’altro, la serie affronta l’andamento platicurtico dei propri contenuti, risalendo l’epicità e riscendendo nell’inanità. Un panorama che non rende spesso giustizia a un apparato scenografico ed effettistico irreprensibile. L’efferato citazionismo non intende proprio lasciar spiegare le ali ispiratrici alla Disney, avendo come consecuzione l’incaglio decisionale su un canone talvolta auto-amputato. La rimpatriata tra Sabine ed Ezra (con una cotta di maglia in mithril) ne è il vessillo: uno tsunami di semantica e sogni, che si infrangono su uno scoglio di convenevoli sterili.

Voto: 6.

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