La prima (e presumibilmente non ultima) stagione di Ahsoka si è infine conclusa in un trionfo pindarico di scontri e deflagrazioni, prodromici del ritorno del Grande Ammiraglio Thrawn. Benché il binomio costituito dalla progressione narrativa e dalla maturazione dei personaggi non sia sempre stato sinergico, complessivamente si profila un’epitome pregevole della serie. Le allusioni ad antichi misteri, i quali attendono di essere rivelati per ritagliarsi il meritato posto nel nuovo canone, sono probabilmente la tematica cardine di Ahsoka, confluenti nella sublime figura di Bylan Skoll. Ciò che tuttavia affligge maggiormente l’autoconsistenza sinottica della serie, sono le ostentate ambiguità cronologiche, volutamente non acclarate dagli autori. Una di queste è il già trattato problema 5/9, il quale risulta sorgente di plurime retrocontinuità e infiammati dibattiti presso la comunità di Star Wars. Altro carburante per questo incendio è poi il neonato problema 9/11.
L’episodio 1×07 consente una velata inferenza della collocazione temporale della serie di Ahsoka. Le perifrasi “conflitto di Mandalore” e “Moff Gideon, signore della guerra isolato“, enunciate al processo di Hera Syndulla in esordio alla puntata, lasciano desumere che la serie si allochi dopo la terza stagione di The Mandalorian. Se difatti la prima affermazione può tanto rivolgersi alla devastazione di Mandalore per opera dell’Impero, quanto alla sua riconquista da parte dei Mandaloriani in The Mandalorian 3, la seconda difficilmente può contestualizzarsi in epoca Imperiale, essendo ormai Gideon un “signore della guerra isolato”. Un riferimento che giace tuttavia sulle altre serie, non certo sulla cronologia ufficiale di Star Wars. Dunque quando si compie tutto l’apparato seriale della Disney? Dalle parole degli autori scaturisce il problema 9/11.
Il problema 9/11
La guida ufficiale Star Wars: Timelines colloca le prime due stagioni di The Mandalorian nel 9 ABY, così come inquadrava l’epilogo di Rebels nel 5 ABY, finché Filoni non lo ha trasmigrato in una delle scene più rinomate di Ahsoka. Come noto, tale operato ha condotto all’implementazione della serie della Jedi Grigia nel 9 ABY, grazie altresì agli ancoraggi narrativi di The Mandalorian. L’incarcerazione (The Mandalorian, capitolo 13) e la liberazione (Ahsoka 1×01) di Morgan Elsbeth istituiscono in tal senso il perno cronologico per antonomasia. Favreau asserì inoltre che la terza stagione di The Mandalorian si sarebbe svolta due anni dopo le precedenti, pertanto nell’anno 11 ABY. Qualora tuttavia, The Mandalorian 3 accadesse davvero prima di Ahsoka, come sovra enucleato, come potrebbe quest’ultima allocarsi proprio nel 9 ABY? Purché la matematica non abbia subito qualche infausta rivoluzione, la risposta è necessariamente “verba volant, series manent”, ossia occorre valutare esclusivamente il contenuto televisivo. Purtroppo i dissidi narrativi permangono.
A spasso col Lasat
Un altro fattore discriminante nell’incongruenza degli annali, è la presenza di Garazeb Orrelios (Zeb) nel quinto episodio di The Mandalorian 3. L’affezionatissimo Lasat intrattiene liete conversazioni col capitano Carson Teva nella serie del presunto 11 ABY, sollevando un polverone di quesiti sulla sorte dell’agente pentito Alexsandr Kallus. Volendo disdegnare i parossismi connessi al problema 5/9 e lasciando coincidere nel 9 ABY le scene del murale degli Spectre in Ahsoka e nell’epilogo di Rebels, viene spontaneo interrogarsi su quale sia stato finora l’itinerario di Kallus e Zeb. La crociera della coppia di amici verso il novello e remoto pianeta dei Lasat, è vissuta come un racconto post-Endor da Sabine nell’epilogo di Rebels, cosicché se ne sussuma l’avvenimento prima della sua partenza con Ahsoka alla ricerca di Ezra.
Muovendo da tale assunto, se nel 9 ABY Kallus e Zeb partono prima di Ahsoka 1×02 (posteriore a The Mandalorian 3), come potrebbe Orrelios mescolarsi ancora tra i personaggi in The Mandalorian 3×05, se quest’ultima si sviluppasse nell’anno 11 ABY? L’unica risposta plausibile è che non vi sia alcun rimando alla data 11 ABY e che tutto occorra nel 9 ABY, con Zeb e Kallus ancora proclivi a deliberare le tappe di ventura. Resta comunque la puntualizzazione che se l’epilogo si fosse svolto nel 5 ABY, il viaggio dei due peregrinanti sarebbe progredito linearmente e avrebbe ammesso il ritorno incontrovertibile del Lasat quattro anni dopo.
Baylan Skoll e i Celestiali
Come accennato, se i retrocontinui anacronismi autoriali (alla problema 9/11 e 5/9) possono pregiudicare la coesione narrativa della serie, l’effetto opposto sortisce dai perpetui richiami agli arcani segreti della Forza, cui Bylan Skoll anela indefessamente. Il Jedi Oscuro si congeda dai propri legami, avventurandosi tra le inclementi montagne frastagliate di Peridea verso un’ignota destinazione. Torreggiando sulla mastodontica statua del Padre designante la via, egli contempla il panorama montuoso, sul quale si staglia un monumento irradiato di rosso. Un giaciglio ancestrale per misteri senza tempo. A fianco della Divinità Paterna della Forza si ergono inoltre le sagome del Figlio e della Figlia, la quale risulta però diroccata. Una cristallina allusione al tristo cammino intrapreso da Skoll, in cerca forse di qualcosa di ancora più sinistro del Lato Oscuro stesso.
Le Divinità Custodi della Forza sono emblematiche di tutto ciò che pertiene al campo metafisico ed erano denominate presso le antiche civiltà come Celestiali. Nelle Leggende furono autori di immense opere tecnologiche, tutte alimentate dalla Forza, nonché di molteplici salti evolutivi di alcune specie aliene, che le condussero a sviluppare strumenti avveniristici e viaggi interstellari. Una di queste erano i Kwa, un popolo oriundo di Dathomir sensibile alla Forza, che seppe sfruttare egregiamente i doni dei Celestiali per conquistare la galassia, prima ancora dell’Impero Infinito Rakatano. Eressero a loro volta gargantueschi capolavori tecnologici, vessilli del loro inarrestabile potere. Tra questi si annoverano i Cancelli dell’Infinito (Infinity Gates), ossia portali colossali che consentivano un’istantaneo viaggio intergalattico alla wormhole maniera, e le piramidi Tho Yor.
I Kwa e le piramidi Tho Yor
Benché la loro origine sia ancora un mistero e non necessariamente riconducibile ai Kwa (ma sicuramente di matrice Celestiale), le Tho Yor erano antiche astronavi ottaedriche, capaci d’interfacciarsi solo con gli utenti della Forza. Alimentate da questa energia metafisica, millenni prima dell’avvento della Repubblica si attivarono improvvisamente per ospitare e trasportare innumerevoli etnie da tutta la galassia, verso il pianeta Tython. La Prima Migrazione mediante le Tho Yor portò così alla creazione di una civiltà cosmopolita e votata al culto della Forza, fondando il primevo Ordine dei Je’daii, precursore dei Jedi.
Siffatte piramidi erano dotate di un geroglifico ritraente le otto vie della Forza, convergenti nel centro dell’Universo, ed era la chiave per travalicare i perigliosi sentieri dello spazio, attraverso i buchi neri del nucleo galattico e raggiungere Tython. Il simbolo afferiva alla religione Dai Bendu, dottrina progenitrice di ogni altro culto della Forza. Otto vie per otto piramidi, confluenti verso l’unico fulcro costituito dalla nona Tho Yor Madre, situata su una megalitica torre presso il Baratro Tythoniano, la vergenza che custodiva il Primo Cancello dell’Infinito.
Le Tho Yor sono state inconfutabilmente un’opera divina e sono reminiscenti del perduto mondo di Mortis, ove i Celestiali vegliavano sul creato. Tutte peculiarità che ispirarono i simboli ottagonali delle sovranità galattiche successive, dalla Repubblica all’Impero, nonché le strutture tetraedriche delle Sorelle della Notte e dei Sith.
E in Ahsoka?
La digressione sui Celestiali e le Tho Yor non stupisce alla luce dei contenuti di Ahsoka. Negli episodi di Peridea sono apparse le rune Zeffo, l’atavica razza aliena narrata nel videogioco Star Wars: Jedi Fallen Order, in parallelismo con i Kwa. Inoltre la retrocontinuità del nuovo canone sulla nascita della Sorellanza della Notte da Dathomir a Peridea, risulta in sintonia con il pianeta avito dei Kwa. Che Peridea dunque sia il surrogato mondo natio degli Zeffo? Molte Tho Yor inoltre erano sepolte sotto le montagne, prima della loro scoperta, e Baylan si è incamminato alla volta di una vetta piramidale. Le coincidenze sfavillano.
Come già speculato antecedentemente, se Baylan brama la distruzione del perpetuo ciclo di guerra tra Lato Chiaro e Oscuro, una soluzione verte sul ritrovamento di qualche antico artefatto che possa spalancare le porte del caos. Cosa può esserci di più confacente di una tecnologia Celestiale o addirittura di un manufatto che deifichi il possessore? Inoltre se si risale all’origine della Forza e si eviscera nuovamente l’ipotesi della Madre Abeloth, unico Celestiale ancora assente all’appello, una para-Tho-Yor che sappia viaggiare oltre i buchi neri, sarebbe il veicolo ideale per la fuga di un’entità distruttrice e imprigionata entro un ammasso di singolarità gravitazionali. Il Mondo tra i Mondi nel quinto episodio traccia tale rotta e la morte della Forza incombe. In quest’ottica Skoll è un’eccellente invocazione alla Leggendaria figura di Darth Traya.
Ahsoka e Ray Stevenson
Il problema 9/11 costituisce indubbiamente un dibattito acceso che potrebbe non avere esito e ampliare la dicotomia tra i detrattori e i sostenitori della serie. Per contro il viaggio di Baylan Skoll, interpretato da un magistrale Ray Stevenson, depone i semi della vera narrazione eminente di Ahsoka, i quali attendono di crescere rigogliosi in una seconda stagione. La speranza è che gli autori sappiano assolvere al proprio impegno di esaltare Star Wars come la meravigliosa opera è, non sfociando in frivolezze commerciali. Un compito reso assai più arduo dalla mancanza dell’indiscutibile apporto di un attore memorabile come Stevenson. Ahsoka non avrebbe mai beneficiato delle vene più intriganti della storia senza il Baylan di Ray.
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