Nell’universo cinematografico di Star Wars, pochi personaggi suscitano un’ammirazione e un’attenzione paragonabili a quelle destinate a Luke Skywalker.
Il suo ritorno sul grande schermo in Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi era attesissimo, soprattutto grazie al finale straordinario del film precedente. Le cose però non sono andate esattamente come ci si aspettava.
Il suo ruolo nel film ha causato una rottura nel fandom, che si è diviso tra chi lo ha considerato un tradimento verso la figura piena di speranza della trilogia originale, e chi ha invece trovato interessante l’evoluzione del personaggio.
Ma cosa voleva comunicare Rian Johnson con il suo Luke in Episodio 8? E qual è stato il suo scopo all’interno della Trilogia Sequel?
Per rispondere a queste domande, facciamo prima un passo indietro.
Da J. J. Abrams …
Come sappiamo, Episodio 7 ed Episodio 8 sono due film agli antipodi. Sono entrambi frutto della visione dei propri registi, con un primo film che va a coccolare il fan storico della saga, e un secondo capitolo che invece lo va a disorientare. Non solo: Episodio 7 aveva anche l’arduo compito di introdurre Star Wars ad una nuova generazione di spettatori.
Il lavoro di Abrams era mirato ad impostare un film d’avventura, con una nuova protagonista, e basato proprio sulla ricerca di Luke Skywalker.
Un film d’avventura in cui la nuova generazione rincorre la vecchia, e in cui alla fine viene ritrovato proprio quel Luke di cui Rey aveva sentito tanto parlare. Quel Luke che ormai era diventato una leggenda nella galassia.
Il finale di Episodio 7 ha un’atmosfera del tutto epica e solenne, con quell’inquadratura su Luke e Rey rimasta impressa nella memoria per ben due anni..
Il tanto atteso ritorno di Luke Skywalker non si sarebbe manifestato quindi in quel film. C’era da aspettare ancora…
… a Rian Johnson
E poi arrivò Episodio 8. Gli Ultimi Jedi non è un film d’avventura.
Oltre ad essere profondamente impostato sul concetto di guerra, visto che punta molto sul contrapporre la Resistenza al Primo Ordine, è quasi del tutto privo del tono fiabesco che aveva caratterizzato non solo il film precedente, ma anche la Trilogia Originale. E il pubblico questo distacco l’aveva percepito. Quante volte avete sentito dire “Episodio 8 non è Star Wars”?
Non solo: il distacco è stato percepito maggiormente perché Gli Ultimi Jedi è l’unico film della Saga a iniziare esattamente da dov’era finito il precedente. Di conseguenza abbiamo avuto la possibilità di vedere la stessa scena finire con un certo tono e iniziare nel film successivo con un mood totalmente diverso.
Una cosa è chiara: se Episodio 8 fosse stato diretto da Abrams, Luke non avrebbe mai gettato via la spada laser. Il finale di Episodio 7 non lasciava intendere quello.
Perché Luke in Episodio 8 funziona, nonostante tutto?
Ma allora perché questo cambio di rotta è disorientante, ma allo stesso tempo perfetto?
Come detto prima, Episodio 7 ed 8 sono due film agli antipodi. Ma sono talmente diversi da poter essere quasi considerati complementari.
Lo scopo di Episodio 8 è quello di spiazzare lo spettatore, esattamente nella maniera in cui Luke spiazza Rey gettando via la spada laser. Il fan di Star Wars non si sarebbe mai aspettato un gesto del genere da parte del suo eroe d’infanzia, proprio perché neanche Rey se lo sarebbe mai aspettata.
All’inizio del film assistiamo a quella che possiamo considerare “la giornata tipo di Luke”.
L’imbarazzo che proviamo guardando quella sequenza è lo stesso provato da Rey, perché in quel momento gli occhi di Rey sono gli occhi dello spettatore.
Ma a che scopo tutto questo? Il discorso imbastito da Rian Johnson lungo tutta la pellicola potrebbe non essere gradito da molti, su questo non c’è dubbio. Però ha un obiettivo chiaro: insegnare alla nuova generazione di bambini che anche le leggende in cui hanno sempre creduto possono rivelarsi fallibili. Attenzione però: essere fallibili è diverso dall’essere dei falliti. Il film insegna anche questo.
La lezione portata avanti da Johnson in Episodio 8 insegna proprio l’importanza del fallimento, perché sbagliare è importante, come lo è imparare dai propri errori. “Il più grande maestro il fallimento è”. Questo è l’ultimo insegnamento impartito da Yoda al suo allievo.
Le vecchie generazioni non devono vergognarsi dei propri sbagli, c’è speranza per tutti. E questo se lo ricorda anche Luke, visto che alla fine del film torna a essere il personaggio che tanto volevamo vedere.
Proprio per questo Gli Ultimi Jedi non tradisce nulla: spiazza lo spettatore (e Rey) all’inizio, per poi tornare su binari estremamente classici alla fine del film. La Resistenza è ancora più coesa di prima. Rey è ancora più buona di prima. Kylo Ren è ancora più cattivo di prima. Luke Skywalker torna a essere Luke Skywalker.
Gli Ultimi Jedi, quindi, è sempre Star Wars, senza stravolgere nulla.
L’influenza di Luke in Episodio IX
Gli sbagli commessi da Luke, nel corso della Trilogia Sequel, fungono anche da esempio nei confronti della nuova generazione rappresentata da Rey.
La nostra protagonista, nel corso di Episodio IX scopre una terribile verità: lei è la nipote di Palpatine. Avendo paura di se stessa e di quello che è, parte per Ahch-To per nascondersi. Per esiliarsi, per evitare di fare del male a qualcuno e commettere errori. Ed ecco che appare Luke come fantasma della Forza, che invita la ragazza a non commettere i suoi stessi sbagli.
Episodio 8 è servito a dare la spinta finale alla protagonista di Episodio 9. Spinta finale che le ha permesso di partire per Exegol e salvare la Galassia.
Luke Skywalker, scopriamo nella Trilogia Sequel, ha commesso tanti errori. Il suo errore ha portato alla nascita di Kylo Ren. Eppure, ci ha anche insegnato ancora una volta, dopo una Trilogia Originale storica, che c’è speranza per tutti. Ed Episodio 8 si rivela l’ennesimo inno a quella speranza che Star Wars ci invita a non abbandonare da ormai quasi 50 anni.
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