Concorso Letterario: “Niente di Personale” di Filippo Ardita

In occasione del venticinquesimo anniversario della creazione di GuerreStellari.net, è stato indetto il secondo Concorso Letterario.

Il 15 giugno 2024, durante i festeggiamenti per il compleanno dello storico sito, i tre racconti che sono saliti sul podio decretato dalla Commissione Giudicatrice, sono stati premiati dalla Principessa Leia Organa, con l’assegnazione delle mitiche medaglie di “Star Wars: Una Nuova Speranza”.

Settimanalmente pubblicheremo tutti i racconti pervenuti e iniziamo direttamente con il racconto vincitore di questa edizione del Concorso Letterario:

NIENTE DI PERSONALE di Filippo Ardita

Il tuo volto è completamente coperto di bianco, un uniforme velo di opaca crema che riverbera la luce del mattino senza far apparire lucidi i tuoi dolci lineamenti, ciononostante immagino le tue guance arrossarsi mentre una mano ti sfiora. Solo il tuo rossetto riesce a farmi distinguere i tuoi denti opalini dal resto del candido viso, incornicia quel sorriso imbarazzato: quella persona ti piace, almeno quanto piace a me scoprirti maldestra nel dissimulare le tue emozioni.

Sei una regina fedele al tuo popolo, leale, sincera e per questo non riesci a mentire, persino il tuo trucco mi suggerisce d’essere nella ragione, mostrandomi due piccoli cerchi purpurei pitturati sulle gote. Sono sicuro che sono avvampate di rosso.

Niente di Personale: La regina

Il versante della collina è scosceso, morbido, si tuffa nell’acqua cristallina, così limpida da conservare il vivido verde del riflesso del manto erboso, così come la tua tremula e rosea sagoma. Dinanzi ad un sole mattutino ancora fresco, scorgo lo specchiarsi di dozzine di scintillanti perle ricamate sulla stoffa, rosa, dalle pieghe di un lucido cangiante che ti fanno apparire come una gemma in procinto di fiorire che accoglie in seno dei suoi petali appena dischiusi lacrime di algida rugiada.

Quando la croce del mirino si posa sulla persona accanto a te, mi sento stringere il cuore, immaginando il tuo viso rigato dal pianto mentre ti struggi disperata mentre scrolli quel corpo esanime che poco prima ti aveva carezzata. Non fraintendermi, cerco di non eliminare più del necessario già da un po’ ormai ed inoltre non sono geloso. Certo, non posso fare a meno di provare invidia per chi ha il privilegio di essere così in intimità con te, ma non lo eliminerei – “eliminare” suona molto più professionale di “uccidere” – solo per motivi personali ed inoltre, anche se divenissi schiavo delle mie emozioni, non vorrei comunque essere foriero di tristezza nella tua vita.

Vi osservo mentre ridete, vi spingete l’uno con l’altro docilmente, come per sgridarvi con poca convinzione per le allegre stupidaggini che vi raccontate. L’albero che si erge sulla sommità della collina non sembra badare al vostro appuntamento, proprio come la guardia che poggia la schiena sulla corteccia. Vestito di una giubba di pelle ed una elegante quanto ingombrante tunica blu, si passa tra le dita il berretto che reca appena sopra la visiera uno stemma di cui a questa distanza mi avvedo del riflesso. Quella guardia non ha mai visto una guerra, ne sono certo, eppure riponi in lui la più completa fiducia; non hai la tua scorta a proteggerti, questo appuntamento è segreto, un amore clandestino che oltre ai placidi laghi ed ai colli silenti non ammette testimoni, salvo forse il più fedele dei tuoi uomini. Preferisci un bravo amico a un buon soldato.

La tua mano si poggia sul telo purpureo che vi ospita, scorgo la presa farsi più forte aggrappandosi a quella stoffa, celando la tesa morsa che nell’ombra avrà strappato gli steli d’erba. Il tuo viso è reclinato in basso, il tuo sguardo vaga lontano in mezzo al lago; i tuoi occhi sembrano incontrare i miei, ma sono consapevole che sia una mera illusione. Mi stai chiedendo aiuto? Forza ragazza, non scappare, sei coraggiosa, io lo so. L’Impero non mi avrebbe ingaggiato se tu non avessi avuto l’audacia di non chinare la testa dinanzi al tiranno più spietato, l’uomo che ha voltato le spalle alla propria terra natia, il suo popolo. Tu non tradiresti mai la tua gente e così non dovresti deludere nemmeno i tuoi sentimenti.

I tuoi occhi si bagnano appena mentre il tuo sguardo deriva tra le sponde del lago, ma una mano si posa sulla tua spalla e ti volti. Stai tremando, non ti saresti aspettata di trovare quel viso così vicino al tuo; il tuo pugno si serra disperatamente, riesco a scorgere le nocche impallidire appena prima di essere coperte da una carezza. Le spalle si rilassano, hai smesso di tentennare e mentre le ciglia si fanno pesanti le labbra si schiudono in un bacio e tu per la prima volta assapori l’amore.

Ti osservo mentre emetti un lungo sospiro come se ti fossi liberata di un peso opprimente, il tuo respiro fa ondeggiare appena i capelli che lunghi e biondi ti si parano davanti. Sollevi la mano e con una tenera carezza pettini dietro l’orecchio quella chioma dorata, per poi cingerla per la nuca. L’ancella si stringe a te in un abbraccio e mentre le sue dita ti scivolano lungo i ricami del vestito senti lo scampanellio delle perle mentre vengono sfiorate, come un ultimo allarme prima che le tue forme vengano carezzate. Il cerchietto rosso sul tuo viso si sbafa nella passione di quel bacio, la mano dell’ancella ti macchia la veste di bianco dopo aver cinto il tuo volto, ma niente ha più importanza.

In un certo senso mi par d’essere affine alla tua guardia, che fa finta di osservare da un’altra parte dopo essersi rimesso il cappello. Noto un sorriso compiaciuto nel suo viso, un’espressione soddisfatta, anzi fiera. Chissà da quanto aspettava questo momento, non ci sarà stata volta che non abbia notato gli sguardi che vi scambiavate, il sorriso che illuminava il tuo volto dopo ogni vostro solitario incontro.

< Niente di personale >

Il boato riecheggia per qualche istante, degli uccelli che non avevo notato spiccano il volo. La canna del fucile è fumante, mi alzo e ti osservo tra le braccia della tua amata appena prima che quest’ultima cominci a gridare disperatamente. Non hai sofferto, ne sono sicuro. Ti volto le spalle mentre la bionda continua a piangere, cullandoti nelle lacrime; i tuoi capelli sono castani, non li avevo scorti prima… ora traboccano lisci, scappati dal tuo copricapo di perle ormai sparse sui lembi vermigli del telo. S’affanna la guardia scendendo la collina, gli sfugge persino il berretto. Quelle grida lontane sembrano rimbombare nel mio casco, assordanti mi fanno piegare e così accendo lo zaino ed il razzo finisce per coprire qualsiasi altro rumore. Mi allontano nel frastuono della scia che mi lascio dietro, libero di non doverti dire addio.

Filippo Ardita


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