Concorso letterario: “Il Sogno di Naaki” di Marcello Durante (Prima parte)

In occasione del venticinquesimo anniversario della creazione di GuerreStellari.net, è stato indetto il secondo Concorso Letterario.

Il 15 giugno 2024, durante i festeggiamenti per il compleanno dello storico sito, i tre racconti che sono saliti sul podio decretato dalla Commissione Giudicatrice, sono stati premiati dalla Principessa Leia Organa, con l’assegnazione delle mitiche medaglie di “Star Wars: Una Nuova Speranza”.

Settimanalmente pubblicheremo tutti i racconti pervenuti. Questa settimana pubblichiamo la prima parte del racconto secondo classificato di questa edizione del Concorso Letterario:

IL SOGNO DI NAAKI di Marcello Durante

Neoitota

Fin da bambina, Naaki era solita abbandonarsi ai suoi sogni, restando a letto fino a tarda mattinata, immersa in mondi plasmati dalla sua fantasia e mossa da un profondo desiderio di evadere dalla routine. Rimaneva intere rotazioni nella sua stanza, osservando dalla finestra il cielo purpureo di Neoitota, che si rispecchiava nei suoi occhi verdi, stanchi di quella prigionia durata troppo a lungo.

Neoitota, il pianeta su cui la sua famiglia si era trasferita poco dopo la sua nascita, soffocava ogni sua ambizione. Non le rimaneva altro che rifugiarsi nei sogni, cercando di distogliere la mente dai pericoli che Radev Orpett, suo padre, affrontava quotidianamente per gestire il suo commercio. Minacce costanti che la condannavano a un’esistenza isolata per il suo stesso bene. Per il resto, non le mancava nulla: cibo, vestiti, holo-film e romanzi provenienti da ogni angolo della galassia. Tuttavia, la solitudine rendeva tutti quei beni materiali sempre più insignificanti. Di statura minuta ma con una postura fiera, Naaki si distingueva per una grazia naturale che contrastava con la sua vita da reclusa. Come un delicato fiore sbocciato inaspettatamente su un terreno arido. I suoi capelli rossi, lunghi e ribelli, che cadevano in morbide onde fino alla vita, ricordavano i fiumi incandescenti di Mustafar. Era dotata di un’intelligenza vivace e di una curiosità insaziabile. Ogni frammento di informazione che riusciva a ottenere diventava per lei una porta verso l’esterno, ma i suoi desideri di indipendenza e libertà si infrangevano al confine della sua bella prigione, dove era sorvegliata a vista da losche figure.

Nonostante una corporatura imponente e l’aria da pirata Weequay, suo padre Radev emanava un’aura di bontà e affidabilità. I suoi capelli castani, costellati di fili d’argento, erano raccolti in una voluminosa treccia fissata da una cordicella rossa usurata: un cimelio di famiglia tramandato di generazione in generazione tra gli Orpett. Come la figlia, aveva occhi di un verde smeraldo intenso che trasmettevano una dolcezza nascosta dietro quell’aspetto decisamente rude, costruito per incutere timore. Infatti, Radev viveva a stretto contatto con malviventi e individui poco raccomandabili. Era un mercante di Fids, una pozione rara e preziosa che conferiva poteri sovrannaturali ai pochi privilegiati che potevano permettersene l’acquisto. Nessuno era in grado di replicare la Fids, poiché solo lui ne custodiva gelosamente la ricetta segreta. La pozione era un vero mistero, un enigma che affascinava Naaki, ma la turbava allo stesso tempo. Radev produceva piccole fiale, solo al bisogno, dopo aver meticolosamente valutato la serietà dell’acquirente. Ogni transazione era un’operazione delicata, una danza pericolosa. Aveva attirato da tempo l’attenzione della criminalità di tutto l’Orlo Esterno, che ambiva a strappargli il segreto di quel liquido pastoso, color sangue vivo. Più volte avevano attentato alla sua vita e a quella della sua bambina.

Il sogno di Naaki - cacciatori di taglie

Anni prima, quando Naaki aveva appena imparato a muovere i suoi primi passi, un gruppo di mercenari tentò di rapirla per usarla come merce di scambio e estorcere al padre le sue preziose informazioni. Quel giorno, Radev aveva deciso di portare la piccola all’Altare Frantumato della Luce Raggiante, un luogo mistico situato alla fine del Sentiero di Nor. Nel corso della sua vita, non aveva mai dato importanza a concetti come la Forza, le divinità o la magia. Tuttavia, considerate le frequenti avversità, aveva scelto di sottoporre la figlia a uno speciale rito di benedizione, affrontando un cammino lungo e pericoloso. Gli era stato consigliato di raggiungere la vetta della Montagna di Nor e di praticare un rito arcaico, le cui modalità aveva studiato attentamente nonostante il suo scetticismo iniziale. Quelle informazioni gli erano state trasmesse da uno stregone locale, membro del controverso Ordine del Quarto. Nella galassia, c’era chi interpretava la Forza in modi meno ortodossi rispetto ai Jedi. Questi stregoni erano convinti dell’esistenza di un “quarto Lato”: uno spirito che si insinuava tra l’Equilibrio, la Luce e l’Oscurità, capace di accendere la miccia del caos, ma anche di annientarlo, riportando la pace. Per molti, queste erano solo follie inventate per ingannare gli stranieri o i più ingenui, ma Radev sentiva di averne un disperato bisogno. Il rituale consisteva nel stendere la piccola sull’Altare Frantumato e attendere che fosse irradiata dalla luce di una delle tre lune di Neoitota. In quel momento cruciale, Radev avrebbe dovuto incidere Naaki con una foglia d’oro, prestata dallo stregone, e recitare alcune parole in una lingua incomprensibile. Solo così avrebbe potuto assicurarle protezione dal male, in tutte le sue forme.

Lungo il cammino, Radev e Naaki si imbatterono in un gruppo di tre viaggiatori, che apparivano amichevoli e premurosi. Trascorsero del tempo con loro, per riposare dalla fatica. Il più anziato tra questi si dimostrò cortese e condivise le proprie razioni di cibo, tra un discorso e l’altro: una gentilezza insolita in quelle zone che, ben presto, si rivelò un inganno. In realtà erano dei mercenari che, all’improvviso, mostrarono i loro veri intenti. Uno di loro, non appena notò Radev distratto, afferrò la bimba e iniziò a minacciare entrambi, puntandole una lama affilata vicino al collo. Proprio in quel momento, fortunatamente, apparve sulla scena un vagabondo misterioso, con il volto coperto da un cappuccio e un bastone di legno chiaro tra le mani. Con un movimento elegante e improvviso, allontanò la bambina dal malvivente. Poi, con rapidi e precisi colpi di bastone, disarmò i tre mercenari e li mise in fuga. Senza proferire parola, scortò padre e figlia fino all’altare, prima di scomparire nel cuore della foresta. Il suo intervento si rivelò provvidenziale e permise a Radev di attendere la luce della terza luna in tutta tranquillità.

Era ormai notte fonda quando l’energia lunare avvolse Naaki in un bagliore accecante. Radev, con mani tremanti, seguì le istruzioni apprese, tracciando un segno a forma di lupo sulla pelle della figlia e recitando quelle frasi senza senso. L’avrebbero veramente protetta dai mali e dalle sventure?

Da quel giorno, Radev divenne ancora più protettivo nei confronti della bambina e ritenne opportuno scendere a patti con la criminalità locale, garantendo ai boss locali una parte dei propri profitti in cambio di  maggior protezione. Viveva in uno stato di allerta costante, consapevole che la loro esistenza era appesa a un filo a causa della sua attività. Tuttavia, non poteva fare a meno di portare avanti quei loschi affari.

Il mercante di Fids

La Fids era più di una semplice pozione; si trattava di un’esperienza inebriante, un assaggio di potere che accendeva i desideri più reconditi di chi osava assumerla. Bastavano poche gocce o un sorso minuscolo per innescare in qualcuno un’esplosione di abilità prodigiose, seguita da un’ondata di euforia e di onnipotenza. L’effetto “risveglio” non si attivava in tutti e, in più, era temporaneo. Infatti, i potenziali compratori venivano messi al corrente della natura effimera della Fids. L’incantesimo di rinascita si esauriva in pochi click, in cui il talento innato di pochi individui fortunati veniva amplificato in modo esponenziale: acuiva i sensi oltre ogni limite, infondendo una forza quasi sovrumana e donando una lucidità mentale senza eguali. Era come se fosse in grado di attivare il potenziale latente, un’essenza primordiale sopita e mai adoperata prima.

L’effetto della Fids svaniva troppo presto, ma era sufficiente per lasciare un segno indelebile in chi l’aveva provato. L’esperienza era inebriante e poteva creare dipendenza, alimentando un desiderio insaziabile di rivivere quell’attimo di gloria transitoria. Sebbene potesse donare poteri temporanei di grande entità, la Fids era tutt’altro che una formula affidabile. Coloro che ottenevano dalla Fids anche solo un barlume di potere, ne uscivano profondamente trasformati. Una volta svanito l’effetto, subentrava un senso di vuoto e frustrazione ancora più profondo. La rabbia repressa esplodeva in atteggiamenti aggressivi e violenti, rendendo queste persone imprevedibili e pericolose per alcune ore. La sua efficacia era estremamente variabile da individuo a individuo e spesso falliva miseramente, causando reazioni avverse, tra cui isteria e collera, in coloro che speravano di vivere un’esperienza più che straordinaria.

Le trattative per ottenere la Fids erano lunghe e complesse. Non tutti si rassegnavano all’insuccesso e alcuni diventavano pericolosi. Per gestire queste situazioni critiche, Radev si era addestrato a lungo nell’autodifesa e, per apparire ancor più minaccioso, si presentava agli appuntamenti scortato da due gemelli Wookiee dal manto scuro, Daalar e Yaalar, che pagava profumatamente. Questo si rivelò un deterrente efficace contro eventuali tentativi di furto o aggressione. Si era anche affezionato a quelle due montagne di pelo, ma evitava di dimostrarlo, preferendo mantenere sempre un atteggiamento autoritario.

La sua clientela era composta da un’élite privilegiata, un mosaico di figure potenti e influenti: generali assetati di vittoria, contrabbandieri in cerca di gloria, cacciatori di taglie di primo livello, magnati dell’industria bellica, esponenti di famiglie nobili desiderosi di accrescere il proprio potere, politici senza scrupoli e malavitosi che aspiravano al dominio.

Seppur molti la pensassero diversamente, la Fids era una risorsa limitata. Radev non ne disponeva sempre e, quando la produceva, poteva garantirne solo piccole quantità. Per questo spesso finiva all’asta: i suoi clienti erano disposti a pagare qualsiasi prezzo e a correre qualsiasi rischio, pur di assaporare quell’ebbrezza di potere assoluto. Le regole di scambio dettate dal mercante erano rigidissime: imponeva che la Fids fosse usata in sua presenza, nel luogo designato per lo scambio. A nessuno era permesso di portarla via con sé. Qualcuno avrebbe potuto analizzarla o rivenderla a un prezzo più alto, minando il suo controllo assoluto sul mercato della Fids. Inoltre, pretendeva di supervisionare in prima persona gli effetti dopo il consumo.

Radev, in realtà, era ben lontano dal possedere la formula magica per creare la Fids. Ignorava persino come reperire gli ingredienti che la componevano. Erano il dono di una vecchia conoscenza a cui era legato da un debito inestinguibile, un fardello che lo aveva condannato a trafficare quel potere effimero. Si ritrovava così custode e, al contempo, schiavo di un sistema oscuro e di un destino ineluttabile a cui, suo malgrado, aveva involontariamente condannato la sua stessa bambina…

L’eco di Dela

L’ombra degli affari del padre aveva offuscato la giovinezza di Naaki. La ragazza si era rassegnata a vivere reclusa in una casa che, seppur lussuosa, aveva la funzione di una prigione. Guardie del corpo dall’aspetto losco presidiavano ogni angolo, controllando ogni suo movimento e parola. La libertà era un lusso che Naaki non poteva permettersi.

“Quando finirà tutto questo?” chiedeva Naaki al padre, quelle poche volte in cui le concedeva il tempo di consumare un pasto insieme. “Non lo so, piccola mia” le rispondeva Radev, con voce roca e sottomessa. “Spero mai, per il tuo bene…” la sua risposta si concludeva con un sospiro rassegnato e la testa abbassata. In cuor suo avrebbe desiderato ardentemente liberarla da quella condizione, ma preferiva non farle promesse di alcun genere, per non illuderla invano. A stento riusciva a sostenere il suo sguardo malinconico, oppresso dalla vergogna di non poter dare una svolta alla loro vita.

Per Naaki, la spensieratezza tipica dell’adolescenza era un miraggio irraggiungibile, che si dissolveva al cospetto della dura realtà. Coscienziosa e responsabile, la ragazza non si ribellava alla sua condizione, consapevole che qualsiasi atto di disubbidienza avrebbe potuto mettere a rischio la sicurezza del padre, l’unico punto di riferimento nella sua vita e la persona che l’aveva cresciuta con affanno e dedizione.

La figura materna era da sempre un’ombra evanescente. Sua madre Dela era sparita chissà dove nella vastità della galassia, lasciandola sola con il padre poche rotazioni dopo la nascita. Sapeva che era ancora viva e che le voleva bene, poiché le giungevano sporadici messaggi olografici da parte della donna. Erano registrazioni pre-impostate, semplici, prive di informazioni di alcun genere o punti di riferimento, ma cariche di un amore materno che travalicava le distanze:

“Tesoro mio, ieri mi sono soffermata a guardare il mio viso in uno specchio d’acqua e ho provato ancora una volta a immaginare il tuo. Era una pozzanghera fangosa e opaca, ma la luce della tua bellezza si rifletteva nei miei pensieri, restituendomi calore. Nella mia testa, assomigli tutta alla nonna. Che donna fantastica che era! Ho saputo che è venuto a mancare il tuo Loth-gatto Silk qualche mese fa. I miei informatori sono piuttosto lenti nel recapitarmi le notizie, lo sai. Avrei voluto tanto essere lì con te e abbracciarti in quei momenti tristi… Adesso come stai? Apri la tua finestra e, come sempre, esclama il mio nome. Lo verrò a sapere, prima o poi… Sei tu la mia forza! Adesso devo andare…”

Quello era diventato il loro piccolo rituale. Ogni volta che riceveva un messaggio olografico, consegnato da chissà chi nelle mani di suo padre, Naaki si affacciava alla finestra della sua cameretta e affidava al vento la sua risposta d’amore, scandendo lentamente: “D-E-L-A”. Era convinta che qualcuno, da qualche parte, fosse in attesa di cogliere quel segnale e di recapitarlo a sua madre. Quel sistema aveva sempre funzionato, sin dalla prima volta che aveva ascoltato la voce rassicurante di Dela in un holo-messaggio consegnatole nel giorno del suo sesto compleanno.

Riguardava spesso le registrazioni con commozione, cercando di immaginare la dolcezza delle carezze materne mai ricevute. Tuttavia, Naaki era tormentata da una serie di domande che rendevano la sua prigionia ancora più insostenibile: dove si trovava Dela? Perché era sparita senza lasciare traccia? E, soprattutto, perché non tornava a casa dalla sua bambina? Questi interrogativi le straziavano il cuore, ma continuava ad avere fede nei suoi genitori, sperando che un giorno avrebbe potuto abbracciare la donna che l’aveva messa al mondo.

Radev non gradiva affatto che si parlasse di Dela e del loro passato insieme. Aveva raccontato alla figlia delle missioni della donna al servizio della Repubblica come spia segreta, dei nemici oscuri che contrastava per il bene comune. Naaki aveva finito per accettare quella versione dei fatti, anche se durante la crescita era arrivata ad accusarlo di essere la causa dell’allontanamento della madre. Col tempo, aveva accettato l’unica verità possibile: sua madre aveva scelto di servire una causa nobile al di sopra di tutto, persino della sua famiglia. Aveva sposato un ideale, sacrificando la vicinanza con la figlia sull’altare di un bene superiore. In fondo all’anima, nonostante il costante dispiacere, Naaki non riusciva a condannare sua madre: era una donna coraggiosa e un raro esempio di rettitudine. Anche se non ne condivideva le scelte, aveva pienamente compreso l’importanza della sua missione.

Un giorno, forse, i loro destini si sarebbero incrociati nuovamente. Ma per ora, Naaki doveva imparare a convivere con quell’assenza e resistere al tormento di una solitudine senza via d’uscita.

[contimua]


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