In occasione del venticinquesimo anniversario della creazione di GuerreStellari.net, è stato indetto il secondo Concorso Letterario.
Il 15 giugno 2024, durante i festeggiamenti per il compleanno dello storico sito, i tre racconti che sono saliti sul podio decretato dalla Commissione Giudicatrice, sono stati premiati dalla Principessa Leia Organa, con l’assegnazione delle mitiche medaglie di “Star Wars: Una Nuova Speranza”.
Settimanalmente pubblicheremo tutti i racconti pervenuti. Questa settimana pubblichiamo la seconda parte del racconto secondo classificato di questa edizione del Concorso Letterario.
Se volete leggere la precedente, andate a questo link
IL SOGNO DI NAAKI di Marcello Durante (seconda parte)
L’incubo
Per sfuggire alla desolante realtà, Naaki si rifugiava in un luogo singolare: il mondo dei sogni. Le sue non erano semplici fantasie o casuali elaborazioni dei propri ricordi: i sogni si presentavano come esperienze immersive e vivide. Si sentiva trasportata in questi universi onirici con tale intensità da percepire ogni dettaglio, ogni sfumatura emotiva, ogni odore e sapore. Non era una spettatrice passiva, anzi poteva influenzare il corso degli eventi e viaggiare da un sogno all’altro, come se fossero luoghi fisici. A volte, Naaki si ritrovava trasformata in un’eroina impavida, che combatteva draghi famelici e salvava i villaggi assediati. In altri momenti, abbracciava la tranquillità di una vita più semplice, vagando per i prati coltivati, circondata dalle risate e dal calore di nuovi amici, o mettendosi alla prova nelle arti e nei mestieri. Erano forse visioni di realtà alternative? Curiosamente, in quei sogni non apparivano mai i suoi genitori o le poche persone con cui aveva avuto a che fare nella vita reale. Era come se il suo subconscio avesse creato una barriera impenetrabile dall’esterno. I personaggi con cui interagiva erano a modo loro vivi, crescevano con lei e poteva incontrarli e riabbracciarli ogni volta che si ritrovava catapultata nella loro dimensione. Naaki sapeva di avere una mente creativa, ma preferiva interpretare i suoi sogni come qualcosa di estremamente reale, una ricompensa tangibile per tutte le sofferenze patite in una vita da reclusa.
Ma una notte, tutte le sue convinzioni crollarono…
Un incubo terribile iniziò a tormentarla e a corrompere quell’universo immaginifico e felice che per anni aveva edificato. Era come se una forza oscura avesse preso il sopravvento sulla sua mente, costringendola ad assistere alla disgregazione di tutti i suoi reami. L’incubo iniziò a ripetersi notte dopo notte, diventando sempre più intenso e angosciante. Naaki non riusciva a ribellarsi all’avanzare di quel nulla che le stava sottraendo tutto, spegnendo i sorrisi dei suoi amici, trasformando ogni scenario in cenere, consumando persino i colori. Nel giro di pochi mesi, finalmente, la tempesta distruttiva si placò, ma il sogno assunse una nuova forma, ancora più preoccupante: la ragazza si ritrovò a vagare in un deserto sconfinato, immersa in un’oscurità profonda che la privava di ogni riferimento. Ogni notte i suoi piedi nudi affondavano nella sabbia gelida di quella landa desolata, ricoperta da ombre sinuose e informi che si aggrappavano alle sue caviglie con la violenza di un wampa affamato. Intorno a lei solo un silenzio totale, rotto solo dal fruscio di un vento infuocato che le graffiava il viso, fino a farlo sanguinare. Quando cercava una via di fuga, avanzando a fatica tra le tenebre, doveva fare i conti con il senso di angoscia e oppressione che le toglievano il fiato. Peraltro, iniziò a tormentarla una sete crescente, che sembrava non poter essere placata. Con la gola arida e dolorante, non riusciva a proferire parola ed era incapace di invocare aiuto. Non sarebbe servito a nulla, poiché si trovava completamente sola in quello scenario desolante, nonostante avvertisse la sensazione di essere osservata.
Cosa significava quell’incubo oppressivo? Era solo l’ennesimo prodotto della sua fantasia o nascondeva un significato più profondo? Naaki cercò con ogni sforzo di dare un senso a quella tortura che la stava perseguitando senza tregua, ma nessuna spiegazione le sembrò convincente. L’unica certezza era che l’incubo aveva infranto definitivamente l’unica forma di serenità che era riuscita a costruirsi. Era un presagio di qualcosa di più grande? Oppure era solo il riflesso delle sue paure e dei suoi tormenti interiori? Nel profondo del suo animo sapeva che non si trattava di un semplice gioco della sua mente. Era qualcosa di più, un messaggio che attendeva di essere decifrato.
Preferì non parlarne con suo padre, certa che Radev avrebbe liquidato la visione oscura come una stravaganza di una ragazzina che si sentiva trascurata. E in fondo, aveva ragione: era solo un sogno, anche se i suoi sogni erano il lato più tangibile della sua esistenza. Il terrore di dover tornare in quella dimensione la spinse sull’orlo di un esaurimento nervoso. Per sfuggire alla tortura notturna, tentava di dormire il meno possibile, ma era tutto vano. Più cercava di evitarlo, più l’incubo la reclamava. Per mesi rimase imprigionata in un loop senza uscita, tirando un sospiro di sollievo ad ogni risveglio. Ma poi, ancora una volta, l’incubo mutò e le ombre del deserto assunsero una forma definitiva…
Naaki faceva del proprio meglio per nascondere tutto il suo disagio al padre, ma una sera, nel corso di una cena, non riuscì più a tacere e perse del tutto il controllo. “Ti supplico, lasciami andare via! Non posso più vivere qui!”, esclamò con voce nervosa. Le parole le uscirono di getto, cariche di un’amarezza e di una rabbia mai provate prima. Radev la fissò impassibile, senza proferire parola. Frustrata dalla sua immobilità, Naaki urlò insulti che mai avrebbe immaginato di pronunciare. Travolta da un impeto di risentimento, afferrò i piatti e li scagliò a terra con violenza, facendoli infrangere in mille pezzi. Ma nemmeno la minaccia di farsi del male riuscì a scalfire la corazza di indifferenza di Radev che, prima di abbandonare la sala, le riferì che avrebbe raddoppiato la sorveglianza. Non poteva comprendere quella reazione improvvisa della figlia, che lo aveva tenuto all’oscuro di tutto ciò che stava attraversando. Ipotizzò uno stato depressivo temporaneo, forse dovuto a una nuova fase di crescita.
Esausta e sconfitta, Naaki si accosciò a terra, sfregando i pugni stretti sul pavimento per la vergogna dei suoi gesti. E, mentre le sue lacrime si mescolavano alle polveri di ceramica frantumata, il sogno oscuro la risucchiò nuovamente al suo interno per l’ultima volta. Notò subito che c’era qualcosa di diverso: il cielo scuro che avvolgeva il deserto era illuminato da una luce rossa surreale. Un bagliore evanescente che sembrava provenire da un punto indefinito, come se nuvole dense e cariche di odio tentassero di contenere l’esplosione di un’aurora.
All’improvviso, una massa simile a una luna di porpora squarciò l’oscurità e precipitò verso il basso, fino a conficcarsi nella sabbia di ghiaccio. Sollevò un velo di fumo incandescente. In un lampo, animata da una forza invisibile, la luna iniziò a levitare e a roteare su se stessa, emettendo un lamento acuto e sibilante che costrinse Naaki a tapparsi le orecchie con entrambe le mani. Un suono disturbante che riecheggiava nell’immensità del deserto, come un urlo di dolore proveniente dalla caverna di un Rancor.
Un brivido di terrore le percorse la schiena quando si accorse che quella luna non era fatta di pietra. Pulsava come un cuore immenso, composto da carne viva e venosa: un’immagine mostruosa che le incuteva un terrore profondo. Eppure, si sentiva inspiegabilmente attratta da quell’abominio, come se una forza magnetica irresistibile la spingesse verso di esso. Iniziò ad avvicinarsi con passi incerti, quasi ipnotizzata. Avvertì un malsano impulso di abbracciare quel corpo pulsante. Come se il solo contatto potesse placare il tormento che la divorava da tempo e curare la sua sete. Quando ormai le sue dita erano tese, pronte a sfiorare la pelle viva e umida della sfera lunare, Naaki si risvegliò di colpo con il cuore che le martellava nel petto e il fiato sospeso. La prima cosa che vide fu la figura sconvolta di suo padre che era sopra di lei ansimando. Quella scena la riportò alla realtà, bruscamente e senza pietà.
La fuga
“Svegliati, Naaki! Svegliati, prima che sia troppo tardi!”
Il volto di Radev era contratto dalla preoccupazione, i suoi occhi pieni di un’ansia che non era solito tradire. Senza preamboli, ordinò alla figlia di prendere il minimo indispensabile per uscire, pronunciando frasi sconnesse. Naaki percepì un senso di urgenza e di pericolo imminente.
“Dobbiamo partire subito!” esclamò Radev con voce soffocata. “Non c’è tempo da perdere. Dobbiamo lasciare questo pianeta, ora!”
Naaki, ancora disorientata, cercò di placare il padre per capire cosa stesse accadendo. Ma le sue domande vennero accolte solo da risposte vaghe e incomplete. Radev era chiaramente in preda al panico, come se un nemico invisibile stesse per piombare su di loro da un momento all’altro.
Nonostante la confusione e la paura, Naaki obbedì alle istruzioni del padre. In pochi click, si ritrovarono all’esterno dell’abitazione, dove c’erano due landspeeder ad aspettarli. Entrambi salirono a bordo del primo mezzo, mentre le due guardie gemelle Wookiee, imponenti e silenziose, montarono sul secondo landspeeder per scortarli fino allo spazioporto.
Radev spinse il motore al massimo, guidando con temeraria incoscienza. Naaki, con le mani che le tremavano convulsamente, cercava di placare l’ansia fissando lo sguardo sull’unico ricordo che le rimaneva della madre: un anello di metallo color ebano, di un’eleganza raffinata e sobria. La sua superficie, levigata come uno specchio, rifletteva la luce fioca dell’alba, facendo emergere dei filamenti d’oro che brillavano come piccole fiamme. Intrecciati tra loro, rappresentavano con maestria il movimento sinuoso dei serpenti del deserto, simbolo di forza e protezione nella cultura della gente di Xacaful Primo, il loro pianeta d’origine. Indossava quel gioiello sin da bambina, ma non aveva mai prestato attenzione ai suoi dettagli. Ora, ne osservava attentamente ogni singolo intaglio, come se lo vedesse per la prima volta. Ipnotizzata dalla sua bellezza, iniziò a contare quelle scie dorate: un gesto istintivo che la distraeva dalla tempesta che incombeva minacciosamente. Non aveva più senso chiedere spiegazioni al padre. Da diversi click era immerso in un preoccupante mutismo e, con lo sguardo assente, guidava il landspeeder verso la loro vecchia astronave.
Finalmente, raggiunsero la zona dello spazioporto, dove, immersa nella luce del primo mattino, si stagliava una nave imponente con una meravigliosa struttura metallica che rifletteva i freschi raggi del sole da poco ridestato. Dopo aver effettuato una brusca manovra per frenare, Radev saltò fuori dallo speeder e, urlando a squarciagola, sollecitò Naaki che esitava a scendere. Uno dei gemelli Wookiee, notando la scena, virò verso la ragazza e, con un gesto brusco ma rispettoso, la sollevò tra le braccia. Con passo svelto, ansiosi di mettersi in salvo, salirono a bordo del velivolo.
Mentre le porte si chiudevano alle sue spalle, un velo di malinconia si posò sul cuore della ragazza. Non era ancora pronta a dire addio a Neoitota. Non in quel modo. Ma allo stesso tempo un senso di sollievo la pervase: la sua prigionia, forse, era finalmente giunta al termine! Cosa li attendeva in futuro? Dove li avrebbe condotti quell’astronave? In quale settore della galassia? Naaki non aveva le risposte, ma di una cosa era certa: la sua vita stava per cambiare per sempre.
L’ospite sgradito
I Wookiee avevano appena ultimato le operazioni di preparazione al decollo, quando un’ombra scura si proiettò all’improvviso sulla plancia di comando dove tutti erano riuniti. Dall’oscurità emerse una figura misteriosa, avvolta in un mantello di seta nera con sfumature color rubino. Poi, con un sorriso enigmatico e una voce suadente, spezzò il silenzio surreale che si era creato tra quei passeggeri increduli.
“Radev, amico mio… Dove corri così di fretta?”
Radev rimase in silenzio, con un’espressione carica di rabbia e afflitto da un senso di impotenza che si mescolava a frustrazione. Il suo piano di fuga era fallito miseramente. Naaki non poté fare a meno di posare il suo sguardo su quell’uomo imponente, che si contraddistingueva per un’insolita eleganza. La sua figura atletica emanava un’aura di forza e sicurezza che la lasciava tutt’altro che indifferente. Il suo volto pallido, incorniciato da capelli neri cortissimi, era scolpito con tratti decisi che rivelavano una personalità volitiva e determinata. Ma ciò che la incantò maggiormente furono i suoi occhi fiammeggianti, che brillavano con un’intensità magnetica.
Accortosi di essere osservato dalla ragazza, l’uomo si voltò verso di lei. “Sei cresciuta, piccola Naaki. Sono sicuro che ti ricordi di me!” le disse, muovendo la mano con fare gentile.
Radev, con il volto teso per la preoccupazione, provò a interrompere quello scambio di attenzioni tra sua figlia e l’intruso. “Ho onorato la mia promessa e ti ho servito con lealtà. Lasciaci andare, Dyous!” gli disse con una certa confidenza. L’uomo, imitando una voce supplichevole, replicò divertito: “Lord Dyous, ti prego. Un po’ di rispetto per il tuo umile signore.” Radev replicò, ripetendo quell’ultima parola con un tono sprezzante: “S-i-g-n-o-r-e!”
Quel fare impertinente irritò Dyous, che fino a quel momento aveva dimostrato una certa pacatezza. Con un gesto repentino, pur restando a debita distanza, tese la mano destra in avanti come per stringerlo alla gola. “Non sei certo nella posizione di impartire ordini, misero mercante di veleni!” gli disse, iniziando a stringere le dita filiforme.
A quel punto, le guardie Wookiee, presagendo l’esito nefasto di quella presa, impugnarono le loro affilatissime lame ryyk e si lanciarono per colpire il nemico. Dyous si servì di un semplice gesto della mano sinistra per respingerle: un’ondata di energia invisibile scaraventò i gemelli per terra, lasciandoli inermi e impotenti. Non soddisfatto, sussurrò alcune parole in un’antica lingua sconosciuta, che fecero perdere i sensi ai due onorati guerrieri, mettendoli definitivamente fuori gioco. Poi, torno a concentrarsi sul mercante.
All’improvviso, Radev iniziò a levitare da terra, sospeso in aria da una forza mistica invisibile. Sentì le dita gelide di un fantasma stringergli la gola, soffocandolo lentamente. Era Dyous che intendeva punire il suo tradimento, sfruttando il potere oscuro della Forza. “Sapevo che avresti cercato di scappare e di nascondere la ragazza tra le stelle. Ma non c’è posto dove tu possa fuggire. Ora è il momento di saldare il tuo debito definitivamente!” sibilò l’uomo dallo sguardo infernale. Poi si voltà con decisione verso la ragazza.
Non curante della sua pericolosità, Naaki continuava a fissarlo con meraviglia. Dyous era alto quasi due metri, con spalle larghe quanto quelle di un droide da battaglia. Naaki non aveva mai conosciuto una bellezza così statuaria, nemmeno in quei sogni così reali, dove tutto le era permesso. Non aveva la minima idea di chi fosse. In passato, qualcuno aveva attentato alla loro vita a causa di quella maledetta formula, ma non si trattava di uno di loro. Era certa di non averlo mai incontrato prima. O forse no?
Un lampo di consapevolezza le illuminò la mente, facendo emergere l’immagine di quella terrificante luna rossa che la reclamava nel suo recente incubo. E, per la prima volta, percepì una frattura nella barriera che separava il mondo dei suoi sogni e l’amara realtà. Intuì che un legame ineluttabile la univa a quell’uomo misterioso. Dyous era la strana figura che la osservava in silenzio nel deserto formato dalla cenere dei suoi sogni. Era la luna di carne pulsante, accorsa in suo soccorso per liberarla dalla sete opprimente e dalle ombre di ghiaccio. O almeno, così lei credeva.
“Non mentivo, vedi? Sai bene chi sono!” le disse l’affascinante Lord, continuando a tenere in ostaggio il padre.
“Come è possibile che tu abbia la Fids?” domandò Naaki, sbalordita dalle abilità prodigiose di Dyous.
“Nessuna Fids, piccola Naaki. Questo potere è puro e ti appartiene” le rispose Dyous dimostrando un certo orgoglio. “Oggi conoscerai la tua vera natura. La Forza ti reclama!”
Sconvolta dalla rivelazione inaspettata, Naaki rimase a fissare gli occhi ipnotici dell’uomo, che si tingevano di un rosso incandescente. Dyous decise di metterla alla prova definitivamente. “Allunga la tua mano, ragazza. Dimostrami il tuo vero potere” le disse con una voce gelida echeggiò in tutta la plancia. “Posa le tue dita sul mio collo e strangolami. Fammi sanguinare. Se fallisci, tuo padre morirà”
Radev, costretto ad assistere inerme a quella lezione di malvagità, socchiuse gli occhi, ormai rassegnato al suo destino. Era certo che sua figlia non fosse in grado di usare la Forza, altrimenti l’avrebbe intuito dopo tutto questo tempo. E adesso, la sua vita, segnata da numerosi peccati, stava per giungere alla meritata conclusione. Avrebbe voluto chiedere scusa a Naaki, abbracciarla per un’ultima volta, condividere con lei un solo istante di tenerezza… di normalità. Recuperare il tempo perduto. Ma pretendeva l’impossibile, consapevole che mai un essere malvagio come Dyous avrebbe dimostrato compassione verso chi l’aveva tradito…
[continua]
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