In occasione del venticinquesimo anniversario della creazione di GuerreStellari.net, è stato indetto il secondo Concorso Letterario, a cui ha partecipato anche il racconto “Shaula”.
Il 15 giugno 2024, durante i festeggiamenti per il compleanno dello storico sito, i tre racconti che sono saliti sul podio decretato dalla Commissione Giudicatrice, sono stati premiati dalla Principessa Leia Organa, con l’assegnazione delle mitiche medaglie di “Star Wars: Una Nuova Speranza”.
Settimanalmente pubblicheremo tutti i racconti pervenuti. Questa settimana pubblichiamo la prima parte del racconto terzo classificato di questa edizione del Concorso Letterario.
SHAULA di Pepper (I parte)
Jedi pt.1 – Padawan
A volte era difficile procedere. Dovevo stringere i denti anche se ogni fibra del mio corpo urlava di fermarmi. Ma io non lo facevo. Ero una Jedi, ero orgogliosa, non volevo mai perdere, non volevo mai fallire… e questo il mio maestro lo sapeva anche fin troppo bene.
Per questo mi metteva davanti delle sfide quasi impossibili.
Come quella a cui stavo prendendo parte in quel momento.
Stephan Boras era il mio maestro e in questo momento si trovava fluttuante sopra un precipizio.
Stavo cercando di non farlo cadere, di tenerlo con la forza.
La sua figura barcollò, stavo perdendo la concentrazione, c’era uno strano fischio. Chiusi gli occhi, sentendo fluire quel mare che era la forza attraverso la mia pelle.
La sentivo come se si legasse agli impulsi dei miei nervi, la sentivo dentro di me.
-Falla tua Shaula, avanti! –
Non potevo deluderlo, non come avevo fatto quella volta su Naboo.
-Avanti!-
Mi incitò ancora.
Aprii nuovamente gli occhi e fu come vederla: irradiarsi dai miei palmi protesi, dei fasci di energia invisibili.
Cautamente, con grandissimo sforzo, riuscì a portare il mio maestro davanti a me, salvo, non più pronto a cadere in un burrone.
-Bene… sei migliorata, è un buon punto di partenza. –
Avevo 13 anni, ero una Padawan, e avevo molti problemi.
Caddi in ginocchio, le mani che mi tremavano, mentre le gocce di sudore date dallo sforzo bagnavano la roccia.
-Sono… stanca… –
Rantolai.
-Non abbiamo ancora finito. –
Rispose lui seccamente. Sapevo che non potevo ribattere in nessun modo.
La cintura stringeva il mio addome, troppo, non riuscivo a respirare, era una sensazione che avevo già provato. Si faceva più pesante, quasi insopportabile, come il peso della spada laser attaccata al mio fianco.
Molte volte mi ero chiesta se quella fosse davvero la mia strada. Alla fine, però, mi rialzavo sempre.
Alzai la testa verso il mio maestro.
-Adesso cosa devo fare maestro? –
Chiesi, anche se già sapevo la risposta.
-Prendi la spada, ti allenerai con me. –
Presi un sospiro, allungai una mano e accesi la mia spada laser.
Il blu della lama si slanciava verso l’azzurro del cielo.
Stessa cosa fece il mio maestro, il verde che gli illuminava il viso.
-Avanti, attacca. –
Per quanto fossi stanca, non mi sarei mai arresa. Volevo essere la migliore, ma la migliore per un motivo: difendere i più deboli, far sì che le guerre cessassero, rendere la galassia un posto migliore… senza orfani, come me.
Jedi pt.2 – Naboo
Era stata tutta colpa mia, io avevo compromesso la missione, io avevo fatto uccidere l’uomo appartenente al clan bancario che dovevamo proteggere.
Mi avevano tradito e io ero crollata.
Mi trovavo seduta nella cabina della nostra astronave, quella che ci aveva assegnato il consiglio Jedi, a me e al mio maestro: Stephen Boras.
Avevo le mani nei capelli, la spada laser abbandonata ai miei piedi, vicino alla quale vi erano delle macchioline scure, quelle che poco prima erano state lacrime.
Avevo 12 anni e avevo fatto uccidere colui che avrei dovuto difendere.
Non avevo mai visto il mio maestro così deluso, il suo sguardo era stato una pugnalata. Ero sicura che mi avrebbero espulso dall’ordine, mi immaginavo tornare a Coruscant e uscire dal tempio per sempre.
Ma io non volevo.
Ma mi sentivo così inutile.
-Shaula…-
La sua voce mi perforò i timpani. Avrei voluto starmene da sola, ma non potevo ignorarlo.
-Vieni qui per favore. –
Mi alzai dal letto, asciugandomi gli occhi con una manica della tunica.
Lo trovai nella cabina di pilotaggio, ci trovavamo nell’iperspazio e il mio maestro era illuminato dai fasci dei corpi celesti che oltrepassavamo.
-Siediti. –
Mi sedetti, la testa china e la schiena incurvata.
-Shaula, sotto la supervisione di chi sei al momento? –
-Tua maestro. –
La mia voce era secca, sembrava che non parlassi da anni. Cercavo di non farla tremare, forse un po’ ci stavo riuscendo.
-Se tu fallisci è perché ho fallito io Shaula, voglio sapere cosa è successo. –
Io glielo raccontai. Ogni tanto mi fermavo, per prendere fiato, per non farmi vedere così debole. Ero una Mandaloriana, noi non eravamo deboli.
Alla fine del racconto mi sentii più leggera, non sapevo perché.
-Noto una punta di serenità, vorrei che tu la raggiungessi con i tuoi pensieri e me la descrivessi. –
Aver raccontato la storia, per come era andata, mi aveva tolto un piccolo peso, ma vi era anche altro.
Alzai il mento e guardai gli occhi scuri del mio maestro.
-Sarebbe morto comunque…-
Dissi semplicemente.
Lui annuì.
-Questo però cambia le cose in piccola parte. Avresti dovuto proteggerlo meglio, avresti dovuto avvertirmi, sarebbe morto comunque ma tu avresti fatto tutto ciò che potevi fare. Avresti fatto il massimo. Capisci la differenza? –
Annuii.
-Si maestro…-
-Solo una cosa ti chiedo Shaula… non deludermi mai più così e in questo modo. Sei abbastanza forte da competere con i compagni più grandi di te, quindi sei abbastanza forte anche per reagire in modo più intelligente di così. –
Annuii ancora, un poco rinfrancata, ma comunque con un enorme peso sullo stomaco.
Non avrei mai più fallito.
Jedi pt.3
Mi era stata affidata una nuova missione.
Avevo 21 anni e non avrei dovuto fare chissà che cosa, a parte stare al fianco del governatore di una piccola luna del sistema di Tuscias.
La luna, chiamata Luccra, era un ammasso di roccaforti merlate dal color terra che racchiudevano intere città.
Ero diretta verso la capitale, omonima della stessa luna, dove avrei preso parte, come rappresentare dell’ordine Jedi, a una riunione delle lune del sistema. Nulla di complicato, in apparenza.
Questo era ciò che pensavo, quello che invece credeva il consiglio era ben altro.
Non sarei stata sola in quella missione. Avrei dovuto affiancare un cavaliere Jedi, non ben visto dal consiglio.
Ero curiosa di conoscerlo.
Mi sarei fatta qualche giorno di vacanza e assaporato la vita dei politici. Al contrario di altri Jedi, non ne ricevevo il fascino, mi sembravano tutti falsi e viscidi, ma non potevo dire che si trattassero male.
Arrivai al palazzo del governatore in serata, la luce della stella che illuminava il sistema, stava iniziando a tramontare, creando molti giochi di luce e ombre sulle pareti dell’imponente edificio.
Vi erano delle guardie fuori dall’entrata, le quali mi scortano al cospetto del governatore.
Era un umano sulla trentina, alto, dai pendenti occhi azzurri. Al suo fianco vi era un uomo anziano: stavano guardando dei documenti.
-Governatore Martz, la padawan Shaula Vesper.-
La guardia mi aveva presentata e io mi chinai in segno di reverenza.
-È un piacere fare la vostra conoscenza Governatore Martz-
L’uomo esplose in un grande sorriso e a passo svelto si avvicinò verso di me, gli occhi sbarrati mentre mi osservava attentamente.
-Due cavalieri Jedi sulla mia luna! Che onore! Ma è vero tutto quello che si dice su di voi? Che riusciate a spostare gli oggetti con la mente?! L’altro cavaliere non vuole mai rispondermi. Gli piace darmi risposte inconcludenti e poco rispettose! –
Aveva avuto la reazione di un bambino. Rimasi un attimo interdetta e non riuscii a non sorridere e a pensare a ciò che mi aveva appena detto sull’altro cavaliere.
-I nostri doni sono al servizio della pace Governatore Martz, deduco che l’altro cavaliere Jedi sia già arrivato. –
-Oh, si! Ormai lui lo conosco da anni… Bene bene, andiamo a farci una passeggiata! –
Così dicendo il governatore sfrecciò al mio fianco, lasciandomi di stucco per la seconda volta.
Lo guardai schizzare verso la porta e iniziai a seguirlo prima che potesse seminarmi.
-Quindi quindi quindi!!!! Avanti! Ditemi qualche cosa! –
Mi sentivo in imbarazzo, quel personaggio era davvero inconsueto.
-Sono qui per presidiare alla riunione e… –
Prima che potessi anche solo proseguire, lui mi interruppe.
-Lo so! Lasciamo perdere queste noiose disquisizioni! Io voglio sapere di voi! Sul vostro ordine! Da dove venite?! Come si diventa cavalieri Jedi?-
Sbattei gli occhi, sorridendo ancora.
-Posso rispondervi solo in questo modo, con tutto il rispetto governatore.-
Annunciai, per poi continuare.
-Provengo da Mandalore, sono l’unica mandaloriana dell’ordine Jedi e ho iniziato il mio percorso a 3 anni.-
Dissi neutralmente.
Il governatore capì che la sua curiosità non sarebbe stata sfamata nemmeno da me, oltre che dall’altro cavaliere.
Martz scosse la testa, per poi illuminarsi ancora.
-MANDALORE?! A 3 anni!?!?-
Annuì, stavo cercando di non scoppiare a ridergli in faccia. La cosa non era per nulla semplice.
-Che cosa interessante! Bene bene, mi accontenterò di queste risposte, al momento. –
Ridacchiò.
Eravamo arrivati a un giardino, presto si sarebbe fatta sera.
-Torniamo alle cose noiose. Come ho già detto al vostro collega, domani alle 11 vi sarà la riunione, nulla di che, gradirei che steste dietro la mia postazione del consiglio, se non vi crea problemi. Ho bisogno di dare un messaggio forte agli altri rappresentanti. –
Annuì.
-Il consiglio mi ha raccontato tutto, non vi preoccupate, sarò al vostro fianco per dimostrare che Luccra tiene alla pace più di qualsiasi altra cosa. –
-Bene. –
Adesso lo sguardo di Martz era diventato serio, completamente diverso da quello di poco prima.
-Allora vi lascio, così che possiate parlare. –
Il governatore si dileguò con la sua andatura ciondolante.
Avevo sentito la presenza dell’altro cavaliere Jedi. Si trovava sulla sinistra, stava contemplando la fontana al centro del giardino.
Mi avvicinai lentamente, assaporando la natura intorno a me e l’imbrunire della giornata.
Vi era un odore dolce nell’aria, probabilmente proveniente dai fiori bianchi che lambivano le statue e le colonne del gazebo alla mia destra.
[continua]
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