Darth Revan. L’epica del potere 1. Le Guerre Mandaloriane.

Non è ardito né eufemistico annoverare Darth Revan tra i personaggi più emblematici e amati delle Leggende di Star Wars. Presentato nel capolavoro videoludico Star Wars: Knights of the Old Republic (Kotor), nonché figura centrale in molte opere successive, Revan si è ormai aderto a paradigma dei valori Lucasiani. Dal romanzo di Drew Karpyshyn al MMORPG Star Wars: The Old Republic (Tor), ha abbracciato la pienezza della galassia e ne ha intessuto le cronache di ventura, elargendo al grande pubblico uno dei racconti più umanamente immersivi di cui Guerre Stellari possa fregiarsi. Padawan prodigio, Jedi visionario, eroe di guerra, Sith conquistatore e martire glorioso, Revan è l’iperonimo ineffabile di tutto ciò, eppure scevro da tali predicati. Un vero portento il cui futuro avrebbe irreversibilmente scosso la galassia, abradendo l’illusivo confine tra bene e male.

Revan, l’Ulisse dei Jedi

Nato su un pianeta ignoto dell’Orlo Esterno intorno al 3994 BBY, Revan fu scoperto dall’Ordine Jedi grazie alla straordinaria sensibilità alla Forza che lo cingeva. La mirabile proclività all’apprendimento e la precoce assimilazione delle discipline Jedi, lo resero uno dei Padawan più celebri e brillanti della sua generazione, destando l’interesse di molti illustri maestri. Fu istruito primieramente dalla Maestra Kreia (la futura Darth Traya), la cui filosofia della Forza allignò nella mente di Revan e per sempre lo avrebbe guidato alla ricerca della sapienza, come un faro rifulgente la notte. Dopo il trasloco dal Tempio di Coruscant all’Enclave di Dantooine, proseguì il tirocinio sotto i precetti del Maestro Zhar Lestin, insieme a un altro promettente Padawan, nonché amico, Alek. Esuberante e assetato di conoscenza, Revan approdò poi all’eclettismo mediante le lezioni esclusive del Maestro Dorak, Cronista dell’Enclave Jedi, e della Maestra Arren Kae.

Kreia, prima maestra di Revan.
Il passato di Revan è assai nebuloso, ma la Maestra Kreia fu la sua prima e (forse ultima) guida.

Non esisteva branca nella quale il fanciullo non eccellesse. Presto si vocò allo studio delle Catene di Forza e di altre arti mistiche insuete per un Jedi. I legami tra la vita e la Forza sono il crogiolo di un potere avvampante e intercedervi è la maestà che dischiude i segreti dell’esistenza. Revan era consapevole del loro potenziale e ne avrebbe esperienzialmente attinto fino al crepuscolo del campo metafisico, o quantomeno ne sarebbe divenuto l’intrinseco fautore. Poco prima del 3964 BBY, Revan e Alek furono insigniti del rango di Cavalieri Jedi e riscossero plausi e fama presso l’Ordine. Inoltre si vociferava che, conseguito il prestigioso titolo, il Jedi dall’indole faustiana si fosse rivolto al primo mentore che lo erudì, bramando un consiglio sull’apostasia dell’Ordine Jedi. Forse i dogmi monastici del Lato Chiaro non potevano più appagare l’inclemente richiamo della scoperta e la concupiscenza dello scibile.

Le Guerre Mandaloriane e il Revanscismo

Ex abrupto nel 3964 BBY i Neo-Crociati Mandaloriani invasero la galassia Repubblicana, conquistando alacremente plurimi sistemi stellari e avviluppandone i pianeti nelle fiamme. Scoppiarono così le Guerre Mandaloriane, un nequitoso conflitto che avrebbe alterato le fondamenta galattiche e vulnerato la Forza per l’eternità. L’efferatezza dei Mandaloriani incedeva indefessamente, mietendo vite innocenti e interi ecosistemi con un malanimo implacabile. Ormai schiava della disperazione, la Repubblica si appellò alla misericordia dei Jedi, affinché si schierassero in battaglia contro gli invasori bellicisti. Il Consiglio tuttavia ricusò la richiesta d’aiuto, temendo un colossale effetto domino sulle oscure motivazioni che mossero la crociata Mandaloriana. Una sinistra corruzione serpeva nelle vacue latebre del cosmo e i figli di Mandalore ne erano gli abietti vicari.

Revan avversò sempre l’immobilismo del Consiglio Jedi durante le Guerre Mandaloriane, ma invano.

Indignato dall’immobilismo dell’Ordine Jedi, Revan esordì una campagna di stentorea protesta, propugnando la causa della Repubblica, che tanto accoratamente invocò l’ausilio dei sempiterni difensori. Immantinente la voce del giovane Cavaliere tuonò attraverso i notiziari Repubblicani, vituperando la disumanità dei guerrieri Mandaloriani ed esecrando l’ignavia dei Jedi. Stuoli di patrocinatori conversero progressivamente attorno al rilucente carisma dell’attivista, tra i quali molti membri filo-Repubblicani dell’Ordine. Alek, amico fedele e coadiutore impareggiabile, per primo perorò la sedizione di Revan, reclutando sostenitori ovunque, mentre le vittime di guerra gremivano i settori galattici. Ben presto Revan ricevette il titolo mediatico di “Crociato dei Jedi”.

Avendo negletto le disposizioni dell’Alto Consiglio, Revan e Alek partirono alla volta del fronte di guerra, perseverando l’arruolamento di seguaci fino al pianeta Taris. Ivi tentarono di persuadere il Maestro Draay, capo della rinomata Torre Jedi, a sposare i principi della crociata, ma fallirono contro le sue granitiche convinzioni. Il conflitto imperversava, mentre l’ingaggio di nuovi parteggiatori si aggravava. Revan deliberò dunque di investigare le linee nemiche su Onderon e Dxun, affinché Alek potesse protrarre simultaneamente la coscrizione su Suurja. La pianificazione volse tuttavia al peggio, poiché il compagno e molti alleati caddero in un’imboscata Mandaloriana e imprigionati.

Quantunque il Crociato avesse ferventemente delineato al Consiglio Jedi l’insidiosità degli avversari, si infranse ancora contro l’inamovibile muraglia della refutazione. Invece l’Alto Concilio lo incaricò dicacemente di dirigersi a salvare i prigionieri. Alek e i suoi compagni tuttavia furono liberati dal Padawan latitante Zayne Carrick, ingiustamente accusato della strage degli allievi alla Torre di Taris, perpetrata invero dal Maestro Draay. Risoluto e oltremodo pugnace, il Crociato continuò la campagna interventista contro i dettami dell’Ordine Jedi, portando il movimento a meritare l’epiteto reboante di “Revanscismo”. In verità fu proprio in tale contingenza che nacque l’insigne nome del Revanscista, ossia l’apocope Revan.

I massacri di Serroco e Cathar e il voto di Revan

Nel 3963 BBY la propaganda Revanscista proseguì solertemente, allorché un Jedi denominato Ferroh menzionò al Crociato la tragedia del proprio pianeta natale Cathar. Infatti dieci anni prima i Mandaloriani di Cassus Fett sterminarono la specie Cathar, desolando quel mondo. Sebbene fosse un accadimento avulso dalle guerre vigenti, Revan lo trasmigrò nella conclamazione storica dell’ignominiosa perfidia Mandaloriana, finché un trasalimento nella Forza non occorse. Sotto il comando di Mandalore l’Ultimo, i Neo-Crociati bombardarono la superficie di Serroco con testate nucleari, commettendo un genocidio planetario che vibrò le corde metafisiche del creato in una folle cacofonia. Le stridenti dissonanze originate dall’iniquità Mandaloriana non meritavano pietà e accrebbero la collera nello spirito di Revan.

L’appetito del male è insaziabile e la guerra dissoda sempre in profondità il terreno ferace per lucri e complotti. Lord Arkoh Adasca, capo della Adasca Bio-Medical Corporation, indisse un’asta alla quale furono invitati i più eminenti esponenti delle fazioni belligeranti. L’oggetto in palio fu una superarma. La Corporazione difatti aveva armato e corazzato vari Exogorth, affinché potessero viaggiare nell’iperspazio e penetrare celermente nei territori ostili. Il loro fattore di moltiplicazione esponenziale avrebbe poi inferto il colpo di grazia, devastando stazioni spaziali, pianeti e persino interi sistemi stellari. Delegato da Revan, Alek presiedé all’asta per scongiurare l’ingerenza di uno strumento di morte senza precedenti, esaurendosi infine in una schermaglia che disattese i sogni di Adasca.

Come se non bastasse, poco dopo il Maestro Draay assurse al Consiglio Jedi, occupando un seggio dal quale ingiuriò l’operato Revanscista e circuì gli Alti Maestri dell’Ordine. Nonostante l’approvazione della mozione antibellicista, il Capitano Malak (pseudonimo di Alek) testimoniò presso il Consiglio contro la setta cabalista del Patto Jedi. Questa difatti era volta all’eradicazione illecita di qualsivoglia minaccia di Exar-Kuniana memoria ed era capitanata dallo stesso Draay alle spalle dell’Ordine. Quisquilie dalle alte intenzioni e basse permanenze: Draay fu soltanto un’effimera distrazione.

Revan e i Jedi Revanscisti sul campo di battaglia contro i Neo-Crociati Mandaloriani.

Ricongiuntisi su Cathar, Revan e Alek furono piantonati e raggiunti da molti Maestri Jedi, tra i quali Vrook Lamar, col proposito di abolire il Revanscismo. Il Crociato tuttavia, sui lidi dell’oceano, esumò da sotto i piedi una maschera Mandaloriana consunta. In quel momento la Forza avvolse i sensi degli astanti nel manto di una visione retrocognitiva.

Nell’anno 3973 BBY le torme Mandaloriane guidate da Cassus Fett rastrellarono la specie Cathar sulle rive del mare, apprestandosi all’eccidio quale rappresaglia per il disonore sofferto nella Grande Guerra Sith. Un’audace guerriera Mandaloriana però si frappose tra le vittime e i carnefici, supplicando mestamente compassione per un popolo di sconfitti che mai nocque ai discendenti dei Taung. Tirannico e implacabile, Fett non esaudì le impetrazioni della donna e ordinò alle proprie navi di mitragliare indiscriminatamente sugli oppressi. Le urla dei martiri di Cathar riecheggiarono nelle menti dei Jedi attraverso il tempo e la maschera, custodi di un indebito supplizio che mai accolse riposo.

La giustizia andava amministrata nell’esacerbazione del castigo, così Revan impugnò risolutamente la spada laser e, trafiggendo il cobalto del cielo, proclamò un giuramento solenne. Sarebbe divenuto l’araldo dei desideri della nobile eroina e ne avrebbe perpetuato la memoria indossando fieramente la maschera, dimodoché il cruore Mandaloriano stillasse nel bacino della vendetta. Il vento non avrebbe più accarezzato il volto del Crociato, finché non avesse soffiato insieme all’ultimo respiro di Mandalore. I suoi occhi non avrebbero contemplato altro lucore fuori da quell’austera visiera, il cui sguardo avrebbe trapassato cuori e vite. Sorse finalmente il vero Revan.

La maschera Mandaloriana di Revan, le vestigia di un antico genocidio e il vessillo della vendetta.

Ammaliati, i Jedi presenti trasmisero il messaggio Revanscista al Consiglio, il quale non poté più sottostimare i crimini Mandaloriani, benché condannasse ancora l’interventismo di Revan. Egli propose tuttavia una soluzione di ispirazione storica: come ai guaritori civili fu concesso di accompagnare lo sforzo bellico durante la Grande Guerra Sith, così i Revanscisti sarebbero entrati nell’Esercito Repubblicano come Corpo di Carità. L’Alto Concilio alla fine accondiscese con riluttanza e i Crociati dei Jedi parteciparono ufficialmente allo scontro galattico.

La sindrome della guerra e le rovine Rakatane

Quale auspice convinta del Revanscismo si stagliò la tenente Jedi Meetra Surik, genio militare e abile stratega, grazie alla quale Revan conseguì vittorie determinanti, all’unisono con la propria autorevolezza e perizia tattica. Durante la Battaglia di Duro del 3962 BBY, Revan e Alek (ormai noto come Malak) repressero l’offensiva Mandaloriana nel sistema e impedirono alle fazioni oppugnatrici di defraudare le risorse belliche dei cantieri navali Durosiani. Strabiliato dai molteplici successi procurati alla Repubblica, il Cancelliere Tol Cressa insignì Revan del titolo di Comandante Supremo dell’Esercito Repubblicano e ne pose un terzo sotto la sua autorità diretta. La guerra tuttavia è un flagello che nella propria spietata equità non conosce confini né ideologie, infettando e pervertendo come una patologia la purezza dell’animo.

I capi Revanscisti iniziarono a implementare logistiche calcolatrici e impietose, sacrificando talvolta territori e rifornimenti pur di abbrancare la vittoria. Il periglioso sentiero del Lato Oscuro era ormai stato imboccato e l’imperituro architetto dimorante nei tetri recessi delle Regioni Ignote aveva imbastito il palco per l’atto finale. La galassia si sarebbe presto tramutata nel teatro di un gargantuesco disegno, il cui compimento avrebbe battuto il rintocco di morte della Forza.

Le rovine Rakatane di Dantooine, secluse nella dimenticanza.

Frattanto presso l’Enclave Jedi di Dantooine, Revan e Malak scoprirono le rovine di una civiltà ancestrale, risalente a più di 26000 anni prima. Anticamente l’Impero Infinito Rakatano dominò la galassia per millenni, avendone sottomesso quasi tutti i settori con una profligante tecnologia, lignaggio degli Artefatti dell’Infinito dei Kwa. La specie Rakatana concepì immensi prodigi tecnologici, capaci di inalveare il Lato Oscuro della Forza nell’artificialità del metallo, in una peculiare sinergia tra metafisica e materia di reminiscenza Celestiale.

Entro le camere sotterranee in macerie e sorvegliate da droidi deteriorati dal tempo, i due Jedi rinvennero una Mappa Stellare, una reliquia olografica tracciante un frammento di rotta verso la Star Forge. La Forgia Stellare fu la manifestazione assoluta della potestà e della magnificenza Rakatana, all’apice della potenza dell’Impero Infinito. Un’atavica stazione spaziale in grado di fabbricare intere flotte di astronavi ed equipaggiamenti illimitati, ormai reclusa nelle segrete della storia. Chiunque ne avesse ridestato il potenziale, avrebbe inesorabilmente stretto la galassia per la gola. Rivelandosi una risorsa inestimabile, Revan e Malak individuarono nel 3961 BBY l’ubicazione di altre Mappe Stellari nelle Terre dell’Ombra di Kashyyyk e nella Valle dei Signori Oscuri dei Sith di Korriban. Le Guerre Mandaloriane tuttavia instavano e la ricerca della Star Forge fu procrastinata.

Revan (sinistra) e Malak (destra) durante la Battaglia di Taris.

Durante un attacco Repubblicano preposto a respingere i Mandaloriani su Taris, Revan condusse una squadra di Jedi nei dedali della Città Sotterranea e liberò gli schiavi del mercato nero. Tra loro era detenuta una giovane Cathar di nome Juhani, la quale, ispirata dalle gesta di Revan, decise di percorrere le vie dell’Ordine Jedi. Un cammino destinato a intrecciarsi nuovamente con quello del Crociato rivoluzionario.

La contesa si acuì ulteriormente, traducendosi in una concatenazione di schermaglie logoranti e caotiche. Revan e Malak subirono la prima vera sconfitta nell’Ammasso Jaga per mano del Comandante Cassus Fett, il quale sobillò così la tremenda recrudescenza Revanscista. Il vendicatore Jedi inviò infatti Meetra Surik, promossa a generale, all’assalto delle fortezze Mandaloriane su Onderon e Dxun, controllando centinaia di falangi fittizie per identificare vulnerabilità nelle linee ostili. La Battaglia di Dxun si protrasse per mesi e comportò sanguinose perdite per la Repubblica, mentre Revan creò una diversione presso il pianeta Althir III, sgominando infine le armate Mandaloriane.

La seduzione del Lato Oscuro stava aduggiando surrettiziamente la psiche del duo Revanscista, ma l’integrità di Revan si dimostrò altrettanto coriacea, incalzando strenuamente il nemico. Una chiosa non asseribile purtroppo per il leale compagno Malak. Nella mattanza che vessò e divise i vertici della galassia, la fine fu prossima e necessaria più che mai.

La Battaglia di Malachor V

Pervenne dunque l’anno 3960 BBY, la data decisiva delle Guerre Mandaloriane. Gli schieramenti arrancarono nel tentativo di surclassarsi vicendevolmente, privi di speranze e risolutezza, finché Revan non ordì un piano machiavellico, tanto cruciale quanto crudele per la risoluzione del conflitto. Egli ordinò all’ingegnere Zabrak Bao-Dur la costruzione di un mastodontico dispositivo, il Generatore di Ombre di Massa, progettato per ingenerare un’attrazione gravitazionale così intensa da comprimere interi mondi. Dopo mesi di lavorazioni e approntamenti, la superarma fu installata nel nucleo del pianeta Malachor V, allo scopo di irretire i Mandaloriani in una trappola e annichilirne definitivamente il morale militare.

Revan e Malak nelle fasi finali delle Guerre Mandaloriane, al comando della Flotta Repubblicana.

Il generale Surik ricevette l’incarico di coordinare metà della Flotta Repubblicana, per ingaggiare i Neo-Crociati e adescarli nel raggio del Generatore, mentre Revan avrebbe assaltato l’ammiraglia di Mandalore l’Ultimo col resto delle navi. Le battaglie spaziali si inasprirono rovinosamente e le atrocità culminarono in un vasto trionfo di deflagrazioni e morte, simpatetiche di una collera senza codici né onore. La natura più ferina degli antagonisti emerse in un cibreo di dolore e malignità, sacrificando ogni probità in virtù dell’anelata vittoria. Le maree della guerra travolsero i nobili moventi della campagna, obliandosi nei limosi abissi dell’abiezione, dove i sodali sono uniti solo dal tradimento. Mai la controffensiva della Repubblica fu tanto feroce e i Mandaloriani retrocessero innanzi all’inarrestabile distruzione. Gli incrociatori cominciarono a circoscrivere lo scontro finale presso Malachor V, fino a repellere la maggioranza dei Neo-Crociati sulla superficie del pianeta.

Consapevole dell’ineluttabilità della sconfitta, Mandalore lanciò a Revan una sfida a singolar tenzone, quale ultima reverenza a un rivale forte da un uomo ambente a un trapasso glorioso. Il Revanscista non deluse le sue aspettative e, dopo aver abbordato l’astronave del capo Mandaloriano, i due conflissero in un duello all’ultimo sangue. Mandalore lottò vigorosamente contro il Crociato Jedi, il quale con altrettanta abilità e astuzia seppe contrastare l’oppositore. Le loro armi si levarono con veemenza, a simboleggiare il nitore dei pilastri che polarizzarono la galassia nell’ora più buia. I due titani che varcarono le colonne dell’impossibile stavano per decretare le sorti della guerra. Alla fine l’irrefrenabile potenza e la perizia combattiva di Revan surclassarono il valoroso avversario e l’Ultimo procombette sotto al fulgore della sua spada laser.

In procinto di spirare, Mandalore si rimosse la maschera e insieme al sangue tossì le ultime parole, svelando una perniciosa verità. Il despota moribondo maledisse il Sith dalla pelle cremisi che anni prima si palesò al suo cospetto, recando leziose promesse di gloria battagliera. Il latore di un antico Impero, celato nelle Regioni Ignote, convenne col Mandaloriano la riesumazione di una perduta tomba Sith sul pianeta Rekkiad, in cambio di un copioso rinfianco bellico contro la Repubblica. Se i Neo-Crociati avessero soverchiato la millenaria istituzione galattica, la loro nomea sarebbe divenuta eterna. Revan allibì dinanzi alla rivelazione dell’esistenza degli acerrimi nemici dei Jedi, poiché la Grande Guerra Iperspaziale ne sancì la definitiva scomparsa. Dopo allora, più alcun monarca di Korriban afflisse la galassia, giacché gli eredi di quel vetusto male furono unicamente Jedi sedotti dal Lato Oscuro (da Freedon Nadd a Exar Kun), non veri Sith.

La marchiana miopia dell’Ordine Jedi avrebbe potuto condannare tutti alla disfatta totale. In balia di una procella di terrore e concitazione, il Revanscista esigé le coordinate del succitato sepolcro Sith e il guerriero Mandaloriano le cedette mentre periva. Il Revanscista reclamò pertanto la maschera di Mandalore l’Ultimo, quale stemma di potere e vittoria, ma una rinata e più prava minaccia pazientava oltre la notte dello spazio. L’esito della guerra era invero molto lontano.

Revan affronta Mandalore l’Ultimo in un duello all’ultimo sangue. Lo scontro decisivo delle Guerre Mandaloriane.

L’annuncio dell’uccisione dell’Ultimo si diffuse lestamente nei canali di comunicazione, inficiando il morale Mandaloriano ormai angustiato dal soffocante accerchiamento Repubblicano su Malachor V. Decapitata la belva, non restò che macellarne la carcassa e giunse allora il momento propizio. Dopo che Revan si allontanò dal campo di battaglia, il generale Surik comandò a Bao-Dur l’attivazione del Generatore di Ombre di Massa.

Un gigantesco gorgo gravitazionale proruppe in una tormenta catastrofica che risucchiò innumerevoli astronavi Mandaloriane e Repubblicane, vorticando nelle correnti di un imperdonabile dolore. Intere flotte si schiantarono violentemente sulla crosta planetaria, come se un nefasto buco nero avesse acceffato il sistema nell’orizzonte degli eventi. Le montagne si frantumarono sulle vallate e le gole estrusero fragorosamente fino al nucleo, trascinando con sé le anime disgraziate dei soldati deputati al sacrificio. La disparità scomparve nell’esiziale devastazione che ridusse Malachor V a un coacervo di planetoidi sterili e squassati da tempeste di fulmini. L’ecatombe indiscriminata popolò le orbite del sistema di detriti spaziali e la vita quasi si estinse. Un immane cataclisma che ferì la Forza stessa.

Malachor V, teatro dell’ultima battaglia delle Guerre Mandaloriane. Un mondo cimiteriale i cui furenti spettri riecheggiano nella Forza.

Revan e Meetra Surik contemplarono terrificati quell’immondo spettacolo, mentre migliaia di persone venivano stroncate nella Cariddi gravitazionale. Non vi fu più partita: ormai decimati, i Neo-Crociati Mandaloriani superstiti proclamarono la loro resa incondizionata alla Repubblica e al Comandante Revanscista. Le Guerre Mandaloriane finirono. Pervenne l’anno 3960 BBY, la data del cordoglio galattico, ove l’unico vincitore fu un peccato che non dona verità né giustizia: la guerra.

L’epica di Revan continua…


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