E’ finita la serie Skeleton Crew.
Fermi tuttissimi! Dove diavolo sono finiti gli haters di Star Wars?
Normalmente basta l’annuncio dell’uscita di una produzione qualsiasi, fossero i fazzolettini di carta che non screpolano il naso targati Star Wars, che arrivano flotte di haters a dissertare sul tipo di balsamo che hanno messo nella carta, che non è più al profumo di mentolo come una volta, che Lucas li avrebbe fatti in pacchetti da dodici e che comunque non servono perchè tanto non ci sono più le mezze stagioni e quindi neanche il raffreddore.
E per Skeleton Crew? Niente.
A onor del vero, ci avevano provato all’inizio. Si era visto giusto l’angolo in alto a destra del primo frame dei capelli ricci di Wim e già qualcuno era partito a sputare veleno. So di un cobra che, leggendo, ha esclamato “Sì, ma anche un po’ meno, dai!”
Ma la shitstorm è durata pochissimo, il tempo di trovarsi davanti le facce virtuali incazzose dei fan con l’espressione da “Iniziate a rompere anche ai bambini che vi aspettiamo sotto casa!”. Fine della shitstorm.
Ma perchè? Cosa differenzia Skeleton Crew dalle altre serie?
Skeleton Crew è la serie diversa
Ci sono quattro ragazzini, che sono pure variegati: una caucasica, una orientale, un afro e un… elefante. Sarebbero state le vittime perfette per chi non ha di meglio che infangare Star Wars, sostenendo di essere fan.
Sul ragazzino elefantiaco ci avevano anche provato, salvo poi vederlo in live action e…
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Cioè, come si fa ad aver da dire su uno così? Che se lo guardi negli occhi ti si squaglia il cuore peggio di un cornetto Algida ad agosto. Neanche lo sguardo del Gatto con gli Stivali di Shrek è mai arrivato a tanto!
Che se penso che sotto a quel costume c’è un ragazzino che ha recitato per otto puntate con addosso praticamente un materasso, ed è riuscito a far passare così tanta teneritudine lo stesso, gli sto preparando il rinfresco per il suo prossimo Oscar.
Per dovere di cronaca, vi faccio vedere Robert Timothy Smith, l’attore in questione, quando non indossa il materasso:
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Sì, ha la teneritudine inside anche al naturale.
Ma torniamo agli haters
I quattro ragazzini funzionano bene, si compensano a vicenda ricoprendo ciascuno un ruolo diverso nella storia. Hanno competenze e caratteri diversi, il che li porta a completarsi a vicenda. La loro inaspettata fuga dal pianeta li costringe a fare esperienze che metteranno a frutto nell’epilogo finale, quando tutti staremo ormai facendo il tifo per loro.
Sono i protagonisti e sono caratterizzati molto bene. Lo sviluppo dei personaggi li porta ad evolversi talmente tanto da prendere in mano le sorti del loro intero pianeta.
Lo stesso Wim passa dall’essere un sognatore che non sa nemmeno cosa voglia fare da grande, al prendere decisioni molto più coraggiose e assennate del suo stesso padre.
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Quando i personaggi sono sviluppati così bene e riscuotono il consenso della quasi totalità del pubblico, è difficile per chi critica a prescindere riuscire a buttarla in caciara.
Piccolo inciso: lo sguardo di Wim in una delle ultime scene della serie è una delle cose più belle che io abbia mai visto. E’ una porta sui sogni di un bambino e mi immagino che sia stato lo stesso sguardo di tutti noi la prima volta che abbiamo visto il nostro primo Star Wars.
E’ il motivo per cui è la copertina di questo articolo.
La leader
Fern è la ragazzina che prende il comando del gruppo all’inizio della serie. Ha i suoi conflitti con la madre, dalla quale rivendica indipendenza facendo ciò che fanno i ragazzini ribelli: casini.
Così, tra corse in hoverbike e punizioni scolastiche, è proprio Fern la principale causa dell’allontanamento dei ragazzi da At-Attin. Lo spirito competitivo della ragazzina porta il gruppo all’interno della nave che, con il contributo di un infantile comportamento di Wim, decollerà dal pianeta.
Ma, otto puntate dopo, troviamo una Fern consapevole della pericolosità della situazione e riflessiva al punto da prendere decisioni che coinvolgeranno il futuro dell’intero pianeta.
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La leader del gruppetto di minorenni diventa la solida spalla dei suoi compagni, in grado di assumersi la responsabilità di decisioni importanti e disposta a correre rischi seri pur di operare per il bene del suo popolo.
Niente male come evoluzione!
E poi la diversità di KB
Ma il personaggio forse più interessante tra i quattro protagonisti è la ragazza semicibernetica.
KB, che non so se sia una sigla, un effettivo nome o l’acronimo di kilobyte, è quella che i vecchi estimatori del film “I Goonies” paragonerebbero a Data (se non sapete chi sia, dovete assolutamente andare a guardare il film).
E’ una ragazzina umana che, in seguito ad un incidente, ha ricevuto alcune parti cibernetiche.
Lei è l’emblema della calma razionale, lei studia, capisce e ricorda tutto.
E’ un personaggio talmente affascinante da far passare in sordina il fatto che i suoi genitori, Garree e Maree, siano due mamme. E, dato che stiamo parlando di haters, risulta strano che nessuno abbia sfruttato questo dettaglio per invocare i millantati demoni woke.
La spiegazione di questa mancanza, da parte della folla haters, credo possa essere riassunta da un breve discorso tra KB e Wim:
KB: “Da quando ho avuto l’incidente, Fern ha sempre pensato che io potessi fare tutto ciò che poteva fare lei. Come se non fossi diversa. “
Wim: “‘Okay. Sembra una buona idea. “
KB: “‘Ma io sono diversa. ‘”
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In Skeleton Crew il concetto di diversità è talmente necessario per dare consistenza alla storia e ad ogni singolo personaggio in sé, che salterebbe all’occhio solo se non ci fosse.
Non c’è un solo personaggio del tutto simile ad un altro.
Anche i pirati sono tutti estremamente diversi tra loro.
Anche il droide è atipico in Skeleton Crew
Arriviamo al punto che anche il droide che accompagna i ragazzi nell’avventura, SM-33, è un droide malridotto, con pezzi mancanti, circuiti un po’ compromessi e un roditore che gli abita in un occhio, ma talmente interessante e divertente da essere entrato immediatamente nell’immaginario collettivo.
Per riassumere, c’è chi pensa che Skeleton Crew sia “poco Star Wars” e chi, invece, crede che sia l’indicatore della strada che dovrà seguire in futuro la nostra Saga. Che la si pensi in un modo o in un altro, quello che si fa notare in modo forte è che, alla fine, piace praticamente a tutti.
Senza pretese di essere un capolavoro, senza velleità di essere l’apripista per chissà quante produzioni successive, tanto che pare non sia prevista nemmeno una seconda stagione. Solo con la genuinità di un prodotto che fa quello per cui è stato realizzato: diverte e intrattiene.
P.S.
Di Jod e dei suoi pirati ne parleremo la prossima volta, perchè il lavoro di Jude Law merita un approfondimento a parte.
P.P.S.
So di non parlare solo per me quando dico che una delle cose più assurde di questa serie è che, per la prima volta da che esiste Star Wars, ho silenziosamente esultato vedendo l’entrata in scena degli X-Wing.
E non è successo solo a me.
Ma non ditelo in giro, che rimanga tra noi!
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