Bentornati nella Galassia

di

Alessandro Vietti

 

 

 

Le luci si spengono. E ti accorgi che stai trattenendo il fiato. ‘Fanculo a ‘sti popcorn! Se il dottore ti facesse un elettrocardiogramma adesso, non ci capirebbe un accidente, perché stasera il cuore batte in maniera un po’ speciale. C’è qualcosa di insolito nell’aria. Una Forza, un tremito... una “vergenza”... perché per te non è un giorno come gli altri.

La fanfara della 20th Century Fox ti assorda le orecchie, nutrendo la tua eccitazione, mentre ti viene naturale spalancare gli occhi, per farci entrare tutta la meraviglia possibile. Subito dopo la dissolvenza, ecco che compare il marchio del sogno, un rassicurante logo Lucasfilm che brilla come uno smeraldo sul nero vellutato dello spazio. E inaspettatamente l’euforia di prima si sfilaccia in un timore fastidioso che non riesci a scacciare. Tu sai che cos’è. È la paura di restarne deluso. Del resto, lo hai atteso così a lungo... Alcuni amici oggi pomeriggio ti guardavano come fossi stato uno strano animale, mentre ti aggiravi per i corridoi dell’ufficio saltellando come un Ewok, i biglietti nel taschino della camicia. Sul cuore. Il pensiero già alla poltroncina di velluto. Ma, diamine, loro si esaltano con il calcio tutte quante le domeniche, o no?! E per questo tu mica li guardi come se fossero dei Gungan! Potrai tu andare fuori di testa almeno una volta ogni sedici anni?! Altra dissolvenza. Ecco... Silenzio. Nessuno respira.

Tanto tempo fa,

in una galassia lontana, lontana...

E fin qui stiamo andando bene, nessuna delusione! Subito dopo parte la familiare, rassicurante, esaltante, musica di John (”Ehi, posso chiamarti cosi? Ci conosciamo da così tanto...”) e le note ti penetrano nelle vene come una dose. Le stelle.

Star Wars

D’accordo, lo sapevi, hanno voluto mantenere la dizione originale. Questa volta non l’hanno tradotto in Guerre Stellari, e tu rispetti la loro scelta, anche se forse ti piaceva di più all’altro modo. Chissà, forse è solo la nostalgia... Già, brutta bestia, la nostalgia...

Episodio I

La Minaccia Fantasma

L’introduzione scorre come al solito, su quelle stelle che conosci bene al punto che potresti snocciolare a memoria il nome di ciascuna. Non sono trascorsi sedici anni. Tutt’al più qualche manciata di mesi. Il tempo di fare il film. Il fatto che, nel frattempo, tu ti sia diplomato e laureato non ti sfiora neanche. Come dirlo? Questo in realtà è anche un viaggio nel tempo. Eccola, di nuovo la nostalgia... Ma tu ti riprometti di non cedere al suo lato oscuro, perché sai che altrimenti ne rimarrai deluso. Non ti serve uno specchio per sapere che non sei più quello del ‘77, e nemmeno il cinema è più quello di una volta. Siamo abituati, tu sei abituato a ben altro. Hai trent’anni adesso. Quando ne avevi otto, l’insalata con il tonno ti faceva uno schifo terribile e andavi pazzo per i lecca-lecca alla fragola... Bè, l’insalata ce l’avevi nel piatto ieri sera. Quant’è invece che non ti mangi un bel lecca-lecca?...

Uh, l’introduzione è finita (non ti sei perso una parola) e la musica sfuma come di consueto, come hai sentito tante volte. Mentre ti sistemi al meglio nella poltroncina, le stelle si muovono in alto e la scena si apre. Finalmente.

Bentornato nella Galassia.

 

...

 

La festosa parata dei Gungan accompagna le ultime note, mentre la Regina Amidala, raggiante, premia gli eroi che hanno riportato la pace, e istituisce senza saperlo una tradizione che verrà ripresa dai gesti misurati di sua figlia. Poi, lo schermo cambia colore, ed è un colpo diritto al petto. Come la spada laser che sfrigola nel ventre indifeso di Qui-Gon.

Scritto e diretto da

George Lucas

È finito. Come, già finito?! Ho ancora negli occhi le immagini delle spade laser volteggianti in quelle danze strabilianti. È finito. Gli sgusci cha schizzano vertiginosamente tra le caverne e le pianure di Tatooine. È finito. La pancia grinzosa di Jabba, il faccino di Ani. È fi-ni-to, cazzo! Il rito si è consumato. Ho visto Episodio I. E adesso?

Gli spettatori si alzano dai seggiolini un po’ frastornati dalle immagini, come quando ti svegli da un sogno intenso e rimani per un po’ sospeso a metà, non sapendo più qual è la realtà, non sapendo da quale parte devi stare, qual è il tuo posto. Non c’è casino. La gente si accalca misuratamente verso l’uscita quasi con un senso di rispetto e io mi guardo intorno spaesato, la mia fidanzata, i miei amici. I nostri sguardi s’incrociano, gli occhi ancora incandescenti, ma nessuno parla. Nessuno vuole spezzare l’incantesimo. Nessuno vuole esprimere il primo parere. Che ne dici, ti è piaciuto?

Il fatto è che sono ancora troppo “caldo”, non riesco bene a razionalizzare quello che ho visto.

Il fatto è che non mi sento esaltato come avrei voluto essere. E questo non è bello. A pensarci bene ero molto più esaltato “prima”.

Allora, ti è piaciuto o no? Dì qualcosa, per la miseria!

Fuori l’aria della sera è fresca. Cominicio a riprendermi. Ci guardiamo come quattro ebeti. Ebbene? Non mi sbilancio e, spezzando il silenzio, azzardo: - È finito troppo presto...

- Già, mancava qualcosa... - replica la mia amica, adoratrice di Han Solo. Per questo io penso che lei si stia riferendo a Harrison Ford. Ma poi con un sorriso aggiunge: - Io mi sarei vista anche l’Episodio II e III.

Sì, d’accordo, anch’io, ma ti è piaciuto? Dopo aver sentito la mia amica dire che “mancava qualcosa”, io mi accorgo che ha ragione. Anch’io la penso allo stesso modo. Ma non è una questione di volume, che il film era troppo “corto”. Accidenti, è qualcos’altro! Ci rifletto, ma non lo voglio dire. Mi è mancata la magia del film? Oppure mancava l’ingenua innocenza di me stesso, spettatore ormai smaliziato, adulto sia  fisicamente, sia cinematograficamente? Ci penso ancora su, mentre torniamo a casa: il fatto è che non mi sento esaltato come avrei voluto essere. Ero davvero più esaltato “prima”.

Credo di dover aspettare un po’ a dare un giudizio, forse rivederlo. Mentre mi spoglio e mi infilo un pigiama blu, senza più trenini, né palloncini colorati, mi sforzo di spogliarmi anche della nostalgia di quel cinema che ora è diventato un iperdiscount, e di mamma e papà che mi tenevano per mano... Ventidue anni fa avevo otto anni... Ventidue anni fa ero come Anakin... adesso invece sono Darth Vader!

 

...

 

La notte in parte mi ha aiutato a distillare le immagini, a filtrare quello che ho visto in un’ottica odierna, moderna, matura, non solo soggettivamente. Ho lasciato perdere aspettative e nostalgie, e ho guardato quello che ho visto semplicemente per ciò che voleva essere. E, sebbene alla fine della mia analisi, abbia continuato a non sentirmi esaltato come avrei voluto essere, ho finalmente realizzato che Episodio I è un bel film. Ed anche un ottimo inizio per la saga stellare. Come pellicola non stravolgerà la vita di nessuno, non cambierà il pensiero, né tantomeno susciterà alcun salto generazionale, né per gli spettatori, e nemmeno per il cinema. Tuttavia Lucas ha fatto un lavoro egregio.

... Anche se ovviamente non tutto funziona alla perfezione...

Bisogna subito dire che, tenendo in considerazione quello che il regista è stato, in un certo senso (visto che il finale lo sappiamo già), costretto a raccontare, ovvero dell’ascesa dell’Impero e della morte della Repubblica, il film soffre di una trama senza dubbio molto meno lineare dei precedenti (che in fatto di intreccio erano al limite estremo della banalità). Per questo la narrazione risulta necessariamente più frammentaria, con frequenti e repentini cambi di scena che spezzano troppo il ritmo e fanno perdere fluidità al film, soprattutto nella parte iniziale. Le prime fasi della vicenda risultano infatti precipitose, catapultando fin da subito lo spettatore dentro la macchinazione, senza dargli tempo di assuefarsi e di aumentare gradualmente la tensione interna, per poi farla sfociare e stemperare nell’azione. Anche il primo Guerre Stellari partiva con un’azione (l’inseguimento e l’abbordaggio dell’astronave consolare della Principessa), ma la sequenza era molto più breve ed incisiva. Qui invece la fuga dei due Jedi dalla stazione della Federazione dei Mercanti risulta lunga e pasticciata. Gli eventi si susseguono a catena in maniera affrettata e assai poco articolata fino all’incontro con Boss Nass e al successivo attraversamento del nucleo planetario, anch’esso una sequenza un po’ fuori dalle righe. Il risultato è che tutta questa parte da’ la netta sensazione di fungere solo da pretesto spettacolare per uno sfoggio di effetti (e di mostri), ma che dal punto di vista della storia, sa di forzato, o quantomeno di troppo poco giustificato. Lo sbucare del veicolo sottomarino a due passi dalla Regina, poi, è assai improbabile, ma tant’è in un modo bisognava pur farceli arrivare dalla Regina, i due Jedi. E quello che si capisce chiaramente è proprio che Lucas ha una fretta del diavolo di portare Amidala via da Naboo, per farla arrivare su Tatooine. In questo frangente, i meno addentro alle segrete cose di Episodio I, saranno stati certamente sorpresi dalla presentazione del piccolo C1-P8 come R2-D2. A beneficio di chi si è precipitato a scagliarsi contro il doppiaggio e la traduzione, vale la pena ricordare che è stata la Lucasfilm a ordinare di mantenere la nomenclatura originale (così come poco più tardi, durante la gara degli sgusci, alcuni “sabbipodi” com’erano chiamati in Guerre Stellari, vengono denominati “predoni Tuskan”). Difficile ammettere che questa sia stata una scelta saggia giacché, anche nelle relativamente recenti Special Edition, il piccolo droide era sempre chiamato C1-P8, ed il “nuovo” nome avrà certamente generato confusione in più d’uno spettatore. A parziale giustificazione viene da pensare che dietro questa decisione ci siano ragioni che vanno oltre il film, come per esempio al mercato dei gadgets, visto che è senz’alcun dubbio scomodo (e dispendioso!) fare delle confezioni speciali solo per l’Italia. Ad ogni modo, comunque lo si chiami, il piccolo droide è sempre lui, visto che non perde un istante ad aggiustare l’astronave della principessa Amidala, e a inaugurare così quella che sarà una lunga serie di salvataggi che si susseguiranno puntuali fino al Ritorno dello Jedi.

Una volta che i protagonisti giungono sul familiare pianeta Tatooine, come uno che è finalmente tornato a casa dopo sedici anni, il regista si calma e riordina le idee, dimostrando di avere davvero a cuore la sorte di Anakin. È infatti tra i mercati malfamati di Mos Espa, la casa di Ani e la bottega di Watto che Lucas confeziona la parte migliore di tutto il film, culminante con la vorticosa gara degli “sgusci”, termine questo che forse avrà fatto storcere il naso a qualcuno, ma che non è altro che la semplice traduzione letterale dall’inglese “Pod” (Pod = guscio; To pod = sgusciare). Le uniche pecche (peraltro abbastanza grossolane) risiedono semmai nell’esplicito richiamo biblico di un’improbabile maternità verginale da cui sarebbe nato il Prescelto, e nella spiegazione scientifica della Forza, ovvero grazie alla presenza di fantomatici corpuscoli (midichlorians) presenti nel sangue di Anakin.

Appare ovvio che se, alla domanda di Qui-Gon, la madre di Anakin avesse risposto che suo padre era un qualsiasi Thomas Skywalker morto, supponiamo, in una battaglia all’altro capo della galassa, alla storia non sarebbe stato aggiunto alcunché, se non (al massimo) la curiosità di sapere qualcosa di più su di questo tizio. Ma a noi spettatori non avrebbe detto un accidente di niente. Se da un lato dunque, si può tentare di motivare l’esigenza di Lucas di dare un’inizio secco alla saga della famiglia Skywalker, in modo da togliere qualsiasi possibilità di andare indietro con le generazioni, e insieme di conferire ad Anakin quell’aura di specialità dovuta al suo essere il Prescelto, d’altro canto la messianicità di Anakin (almeno per noi, cresciuti con una cultura fortemente cattolica) appare una stonatura. Forse, giacché Shmi Skywalker è una schiava, Lucas avrebbe potuto inventarsi qualche avventuriero che, magari avendo abusato di lei, se n’era andato via lasciandola incinta. Ma una spiegazione di questo tipo sarebbe stata troppo “dura” per una storia dalle caratteristiche di fiaba quale vuol’essere Star Wars. Certo è che, se poi si fosse venuto a sapere che il tizio in questione, magari si chiamava Palpatine, il tutto avrebbe costituito un bel colpo di scena, e avrebbe in un certo senso anche chiuso il cerchio... ma questa è una storia che non vedremo mai.

Il problema è che la decisione della maternità verginale costringe a suo modo di essere spiegata, e per questo Dio-Lucas tira fuori dal cilindro il suo Arcangelo personale, ovvero la storia dei “catalizzatori” della Forza, tentando così maldestramente di fornire una spiegazione pseudoscientifica sia della nascita di Anakin, sia dei poteri dei Jedi. E addio a quell’aura di sacralità e di fantastico misticismo che permeava la trilogia originale! Pazienza...

La separazione di Anakin da sua madre, segna l’avvio del film verso l’ultima parte, in cui viene legittimato il potere del neoeletto Cancelliere (vero ed unico obiettivo dell’alter ego Darth Sidious che con questo fine ha manipolato la Federazione dei Mercanti), più che mai avviato verso la scalata alla dittatura imperiale. Il resto si dipana nel più classico stile di Star Wars, con tanto di distruzione dall’interno della solita stazione da battaglia nemica, questa volta per sbaglio, da parte di un Anakin sorprendentemente abile ai comandi, ma che non fa altro che confermare quanto Obi-Wan dice a Luke in Guerre Stellari, ovvero che quando lo conobbe, suo padre era già il miglior pilota della galassia!

La battaglia su Naboo è infine una degna conclusione, tra uno spassoso Jar Jar proclamato generale che ne combina di tutti i colori e i droidi che, quando tutto ormai sembrava perduto, smettono con un colpo di scena di funzionare (e qui si capisce perfettamente il motivo per cui l’Imperatore abolirà i droidi da battaglia e costituirà le truppe imperiali). Da antologia la battuta del capo dei Gungan che, alla penetrazione dei primi droidi nello scudo deflettore, dice: “Ora ci fanno bumba!”

 

Tra gli attori in carne e ossa, forse anche grazie al fatto che non ha dovuto cimentarsi troppo con gli effetti speciali, una spanna su tutti è decisamente un’intensissima Pernilla August, una Shmi Skywalker da brividi in particolare durante la toccante scena della partenza di Anakin. Gli altri sono forse un pochettino imbalsamati come è stato osservato dalla critica, ma del resto recitare a vuoto davanti a un blue-screen non dev’essere facile nemmeno per un quasi premio Oscar come Liam Neeson. Ad ogni modo la loro prova è più che dignitosa. Tra i personaggi virtuali, Jar Jar Binks, a metà tra una mascotte Disney e un pupazzo dei Muppet, non appare così terribile come era stato dipinto (massacrato) dalla critica americana. Pur a volte concendendo qualcosa di troppo all’infantilismo, spesso diverte (le scene dell’animale “slinguato” al mercato e quella con Qui-Gon a tavola sono spassosissime), e non è poco. La sua interazione con gli attori veri è qualcosa di stupefacente e la sua parlata multipla, una volta che ci si è abituati, è azzeccata. Se proprio bisogna rivolgergli una critica è il suo eccessivo sfruttamento, soprattutto nella prima parte del film, quando incontra i due Jedi, in cui viene fatto intervenire a ripetizione e finisce con il rompere le scatole, e non solo ai protagonisti!

Infine, una menzione speciale va di diritto a Ray Park, le cui evoluzioni sono davvero fuori del comune e, grazie a lui, il duello finale riflette alla perfezione quelle che dovrebbero essere le capacità sovrumane dei Jedi nel loro momento di maggior splendore. Un peccato solo che la sua parte sia troppo defilata rispetto agli altri personaggi. Relegato in un angolo come una sorta di superscagnozzo da bassifondi della Galassia, Darth Maul si integra male nel tessuto narrativo e risulta un personaggio posticcio, appiccicato, senz’alcuna anima né buona, ma nemmeno cattiva. La sua malvagità è esclusivamente visiva e questo non basta a giustificare la sua efferatezza. In una delle sue (troppo) poche battute del film, Darth Maul afferma che finalmente i Sith potranno vendicarsi, ma non si capisce da cosa e nemmeno viene voglia di saperlo. Di Darth Maul, alla fine restano solo le mirabili gesta del duello finale, anche se il personaggio suscitava la curiosità di essere conosciuto meglio. Del resto, in vista dell’Episodio II, a chi gli faceva osservare che la perdita di un personaggio come Darth Maul era un vero peccato, Rick McCallum ha risposto: “Già... ma non sapete cos’abbiamo in serbo per voi...” E noi non possiamo far altro che credergli. Insomma, l’attesa è finita.

Ma ne inizia già un’altra...

A.V.

vietti@fantascienza.com