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Dimmi come vesti e ti dirò... da dove vieni

di Davide Canavero


     Se l'epopea di Star Wars esercita un fascino così grande, oggi come negli Anni Settanta, una delle tante ragioni è anche la forte caratterizzazione iconica dei personaggi. Per le sue stesse regole interne, slegato com'è da riferimenti storici "terrestri", il mondo di fantasia creato da Lucas permette di sbizzarrirsi nel campo del look: eterogenei, facilmente distinguibili, dotati di un loro stile unico, i personaggi di SW hanno un aspetto affascinante che rimanda sempre a modelli visuali terrestri disparati, che però —magia di Lucas— riescono ad amalgamarsi alla perfezione. Passiamo in rassegna queste influenze estetiche, con l'attenzione fissa anche al significato culturale di cui esse possono farsi portatrici nei confronti dei vari personaggi.


     Darth Vader

     Come quello di altri personaggi, anche l'aspetto del Signore Oscuro dei Sith rimanda simultaneamente a molteplici modelli visuali, che il tocco dei creativi della Lucasfilm ha saputo fondere in maniera armoniosa. Il modello principale, o per meglio dire la categoria in cui incasellare l'aspetto di Vader, generalizzandolo, è l'iconografia del "cavaliere nero" della tradizione occidentale, sulla quale però si innesta subito un modello scopertamente orientale, quello del guerriero giapponese. Vader è un cavaliere nero... secondo una rilettura nipponizzante. La maschera di Vader richiama un teschio, come nella tradizione di certe leggende su oscuri cavalieri messaggeri di morte, e sta appunto a simboleggiare la morte di Anakin e il Lato Oscuro che egli incarna; ma basta spostarsi a uno sguardo d'insieme della testa per notare la non casuale somiglianza dell'elmo con l'elmo kabuto del Giappone feudale; e la stessa maschera può essere messa in rapporto con le maschere mempo.


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     Vader si presenta come un samurai, ma con alcune differenze sostanziali, si pensi all'assenza della ricca colorazione tipica dei guerrieri giapponesi, sostituita da un uniforme nero, necessario a simboleggiare la sua affiliazione alle forze del male, mantenendolo all'interno della tipologia del cavaliere oscuro.
     Inoltre, vista la natura di cyborg del personaggio, metà uomo e metà macchina, egli richiama anche l'immagine del robot, automa o "guerriero d'acciaio", che proprio in terra giapponese, e proprio sul modello degli antichi samurai, tanti fantasiosi (e improbabili) guerrieri robotici ha ispirato nell'animazione.


     A questo proposito ci ha colpito qualche vaga somiglianza tra Vader e Mazinger, capostipite dei robot giapponesi creato da Go Nagai nel 1972; quindi in tempo per influenzare —almeno in teoria— Ralph McQuarrie. Forse istituire un paragone è troppo, ma la griglia sulla bocca è davvero molto simile, e anche lo sguardo inespressivo è lo stesso.


     L'ipertecnologia dell'uomo-macchina, costituito in parte da dispositivi di sostentamento vitale, si fonde con lo spirito. Lungi dall'incarnare il potere tecnologico, Vader lo fa letteralmente scomparire con la sua aura carismatica e sacrale. Proprio il sofisticato quadro comandi sul petto del Signore Oscuro, preposto al controllo delle sue funzioni vitali —insomma il simbolo della sua cibernetica inumanità— paradossalmente ricorda l'efod, paramento sacro dei sacerdoti ebraici. Vader, che vive in sintonia con la Forza, o meglio col suo Lato Oscuro, è dotato di una sacralità che nessuna apparecchiatura può intaccare: tutto in lui diventa soprannaturale, anche la stessa tecnologia.


     Recentemente la Lucasfilm ha diffuso l'immagine raffigurata qui a destra, un primo piano della sofisticata placca pettorale di Vader, che conferma il parallelismo da noi stabilito: sul pannello dei comandi di Vader si leggono caratteri ebraici (non convenzionali) scritti tra i pulsanti. Possiamo davvero chiamarlo efod!
     I tentativi di traduzione sono stati molteplici e la frase resta piuttosto oscura, tanto che Chiara Marino l'ha paragonata alle misteriose parole tracciate da una mano fatata a Babilonia, davanti a Baldassarre —un successore di Nabucodonosor— che ancora teneva prigionieri gli ebrei: mane - tecel - fares.
     Secondo la versione più accreditata sembra che sul petto di Vader sia scritto: "le sue azioni non saranno perdonate finché egli non lo meriterà", parole che sono state interpretate come una maledizione lanciata da Obi-Wan o da Yoda, destinata a sciogliersi solo in ROTJ, col sacrificio finale di colui che torna ad essere Anakin Skywalker.


I misteriosi caratteri ebraici che compaiono sul quadro comandi di Darth Vader

     Il Cavaliere Nero, il Samurai, la Morte, l'Automa robotico e persino il Sacerdote (maligno) sono tutti simboli che, combinandosi tra loro, concorrono a creare la leggendaria icona di Darth Vader.


     Darth Maul

     Lord Maul, l'apprendista di Darth Sidious, non è umano bensì zabrak, una specie semi-umana dotata di corna. Il suo aspetto può essere definito con una singola parola: demonico, nel più pieno senso del termine. Esso richiama istintivamente l'iconografia del Satana della tradizione giudaico cristiana e poi del Diavolo medievale: il volto rosso, gli occhi gialli, le corna sono tutti elementi che rimandano a quel modello.
     Ma c'è un'altra rappresentazione dello spirito maligno che concorre a creare l'immagine di Darth Maul in sinergia con la prima: si tratta degli oni giapponesi, feroci demoni che corrispondono in tutto e per tutto ai diavoli occidentali.




Una maschera mempo, Darth Maul e una maschera
folkloristica raffigurante un oni dalla colorazione
facciale analoga al Sith

     Più che di corrispondenza si deve parlare di perfetta simmetria, in quanto la tradizione nipponica li raffigura in modo pressoché identico a quella europea. Il volto rosso e nero di Maul richiama sia i colori dell'Inferno, sia il trucco del teatro Nô e Kabuki, dove però... il rosso indica solo ottime virtù (uno dei molti casi di simbologie rovesciate). Non è finita: il dio della guerra maya è pitturato di rosso e nero, mentre gli indigeni di Ponapé, nel Sud Pacifico, chiamano mauli gli spiriti maligni.

     I complessi motivi tatuati sul volto di Darth Maul rimandano sia alle pitture facciali degli aborigeni australiani sia soprattutto, a mio avviso, a un modello orientale — ancora una volta: certe maschere del teatro Kabuki, come quella riprodotta qui sotto; le quali presentano motivi del tutto analoghi a quelli di Maul, tanto che è difficile pensare non siano state tenute presenti dal disegnatore che l'ha creato, Iain McCaig (con l'aggiunta della colorazione l'identità apparirebbe pressoché perfetta).


Il volto di Darth Maul paragonato a un make-up facciale e a una maschera Kabuki

     Insomma, Darth Maul ci appare progettato per essere un'icona universale del male: il suo aspetto è interpretabile inequivocabilmente da ogni cultura umana come proprio di un demone maligno. Gli uomini di Lucas hanno pescato a fondo nell'inconscio dei vari popoli per ottenere un'immagine che suscitasse emozioni forti e che fosse a sua volta il perfetto ritratto della paura, se è vero che il malvagio è il primo ad esserne prigioniero ("la paura è la mia alleata", sia quella indotta negli avversari sia quella che, provata in prima persona, permette di scatenare un immenso potere, grazie al Lato Oscuro).
     Vestito di nero come i ninja e, come loro, sicario abile nell'uso delle armi, Maul è un animale da combattimento fatto per uccidere; un guerriero feroce e implacabile, una tigre in gabbia (si pensi alla scena delle barriere di contenimento in Episodio I). Ma non si tratta solo di un mostro spaventoso e ferino; egli ha dei tratti che nonostante tutto restano fortemente umani, e non a caso: l'identificazione con lui deve essere possibile, poiché restando in parte umano egli è "l'Evil Other", l'alterità mostruosa che noi stessi possiamo essere; estraneo e familiare al tempo stesso, Maul è il lato malvagio dell'essere umano, presente in ciascuno.
     Se Vader spaventava perché aveva perduto una parte della propria umanità, Maul spaventa perché la conserva.

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     È curioso il fatto che l'ampia veste di Darth Maul oltre all'abito dei ninja (col quale ha in comune più che altro il colore nero) richiami anche e soprattutto quello dei frati benedettini: non sarebbe certo questa la prima volta che Lucas gioca coi simboli, rafforzandoli proprio nel contrasto tra l'essenza e l'apparenza. Del resto, la natura palesemente malvagia del personaggio non lascia spazio ad ambiguità: se Maul appare come membro di un "ordine" di tipo quasi religioso, non c'è alcun dubbio che si tratta di quello dei Sith e non dei Jedi.


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