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Maestoso, con grande Forza:
la Ultimate Edition di Episode I

di Matteo Foà


     Se non fosse stato per la neve tanto improvvisa quanto abbondante che il giorno della vigilia di Natale ha radicalmente trasformato la scenografie della brumosa città lombarda in cui abito, anche questa volta non me ne sarei mai accorto. Del Natale, dico. Ogni volta è sempre peggio. Sapete bene cosa intendo, no? Ad aiutarti nella ricerca di una dimensione temporale umana, però, ci sono tutte quelle piccole abitudini che chi ti circonda, specialmente in casa tua, sembra non voler abbandonare mai. La musica, ad esempio.

     Da sempre, ogni 25 dicembre, mio padre mi si para davanti un po' prima dell'ora di pranzo piazzandomi in mano un vecchio 33 giri della Deutsche Grammophon che ritrae in copertina un giovane pargolo biondo con gli occhi azzurri, probabilmente fotografato nel '38 da qualche esperto di propaganda, e che contiene stupendi cori natalizi, impreziositi in qualche modo dal persistente fruscio del vecchio vinile. Mi piace considerarlo come un piccolo aiuto, a suo modo importante.

     Ma il mio, il nostro Natale, quest'anno, ha potuto godere di un accompagnamento musicale d'eccezione: la tanto attesa Ultimate Edition di Ep.1, la cui copertina, nella Germania del periodo di cui sopra, non credo avrebbe incontrato particolari entusiasmi. A dire il vero non è che faccia faville neppure a sessant'anni di distanza, in quanto il lavoro grafico appare un tantino pacchiano e decisamente lontano dall'eleganza delle front covers che la BMG ci aveva regalato (si fa per dire…) per le edizioni speciali della Trilogia.
     D'altronde questo è parso subito come un male trascurabile nel momento in cui, verso la metà del mese di novembre, molte voci straniere hanno cominciato a diffondere on line delle notizie poco gradevoli sulla neonata produzione targata Sony. Notizie riguardanti manchevolezze, omissioni e montaggi orripilanti dell'opera di Williams. Tanto da arrivare a parlare di truffa senza troppi giri di parole.
     In realtà, preso atto delle motivazioni che stanno alla base di queste accuse, già dopo un primo ascolto tutto il polverone sollevato mi è parso piuttosto eccessivo. Perché se è vero che durante l'ascolto capita di imbattersi in montaggi e salti d'ambiente talvolta forzati, è altrettanto lampante che sarebbe stato ragionevole relativizzare questi oggettivi difetti al concetto fondamentale che sta alla base di questa produzione.
     È meglio quindi fare un paio di premesse: obiettivo dichiarato della Sony è stato quello di proporre l'intera colonna sonora nella piena adesione al suo originale svolgimento cronologico, esattamente come da film. Un po' come è avvenuto per le edizioni speciali della Trilogia. Sfortunatamente, però, pare che la postproduzione di Ep.1 sia stata molto travagliata nonché vittima, a colonna sonora già registrata, di numerose e ripetute manipolazioni da parte di Lucas, spinto da illustri consiglieri che in quest'occasione tralascio di nominare. È stato lo stesso Williams a rendere nota la cosa (e con toni decisamente irritati), evidentemente per proteggere l'immagine e l'integrità del suo lavoro artistico.
     Quindi, il patrimonio sonoro che ci viene proposto in questa Ultimate Edition è autenticamente correlato allo svolgimento del film. E ne eredita i pregi e i difetti. Ma è mia opinione che l'emozione di ripercorrere musicalmente tutto il cammino della storia e dei momenti chiave che ne scandiscono l'evoluzione sia nettamente superiore a qualsiasi effettivo inestetismo in cui ci si può imbattere durante l'ascolto.

     La prima delle 68 tracce lungo cui si snodano le due ore di registrazione ci catapulta subito nell'atmosfera di adrenalinica attesa da Main Title che solo la fanfara della Fox, in tutto il suo splendore, sa donarci. Un'associazione immediata ed istintuale che viene subito appagata, permettendoci di visualizzare mentalmente il maestoso nascere e morire del mitico muro di parole nell'infinità cinematografica dello spazio.
     Tutto il nucleo tematico che segue (Treachery within the Federation-The invasion of Naboo, tr.02/07) rappresenta sicuramente una sostanziosa anteprima dei toni e degli stili che si alterneranno lungo tutta la composizione musicale. Infatti, allo scemare del Main Title, che già si distingue dai suoi tre fratelli per il ruolo ritmico affidato al rullante, in luogo dei più ridondanti timpani utilizzati nelle precedenti occasioni, ci troviamo ad affrontare subito un percorso altalenante di sospensioni ed esplosioni dinamiche che di fatto caratterizza in generale tutto l'ambiente di The Phantom Menace. D'altronde, Williams non fa altro che commentare ciò che il film suggerisce, nel senso che a differenza della Trilogia classica qui non ci si trova di fronte ad un'opposizione fra chiaro e scuro conclamata, ma tutto cova ancora sotto la cenere, è "…remoto… elusivo". E sappiamo benissimo quanto il nostro John sia amato proprio per la sua grande sapienza nel sublimare il concetto in musica. Così, dal momento in cui i nostri due amici in saio vengono accolti sull'ammiraglia neimoidiana, Williams da un lato ritorna al classico quando propone i temi istituzionali dell'Imperatore / Sidious in contrapposizione immediata a quelli del Main Theme e della Forza che irrompono trionfali, con impeto da film di cappa e spada, già alla primissima scena d'azione.
     Ma poi disegna nuovi scenari nei tragitti di mezzo, scenari che insinuano ma non dicono, e che generano nell'ascoltatore un senso di stasi prossima alla rottura. Questo avviene sia durante l'attesa dei Jedi, sia dal momento in cui compare la regina Amidala e fino alle sequenze d'invasione. Il linguaggio musicale che Williams ha ritenuto adatto allo scopo è caratterizzato da un sottile gioco di armonizzazioni inquiete e sospese. Dove però l'effetto ottenuto viene ulteriormente particolareggiato grazie ad una produzione attenta, che ha saputo donare alla voce degli archi e dei fiati una riverberazione molto ampia e suggestiva.
     La parte si conclude con l'imponente marcia dell'invasione di Naboo. L'attacco è potentissimo, con rullante e timpano a scolpire la stessa aggressiva linea ritmica e gli staccati molto marcati degli archi bassi a dare ulteriore impeto alla sezione. La parentela con l'Imperial March è palese, non tanto dal punto di vista melodico quanto per struttura e sviluppo: uno schema che appare pressoché ricalcato, tanto più allorché compaiono le sezioni dei fiati e degli archi alti a ricamare le loro asciutte melodie sulle prepotenti cadenze belliche, in un susseguirsi poderoso di rimandi melodici. Adrenalina a mille, insomma, anche se proprio in quest'occasione si può notare la prima manovrina di editing ben fatta ma piuttosto evidente (c'è anche da dire che il contenuto ormai metabolizzato della passata edizione diventa ora un facile punto di riferimento per cogliere certe manipolazioni).
     In ogni caso tutto scorre fluidamente e ad occhi chiusi entriamo in Underwater adventure (tr.08/10), in cui i cori lineari, ariosi e lontani rievocano le coreografie musicali dei film mitologici e fiabeschi degli anni Cinquanta e Sessanta (spesso dei b-movies, ma di fatto entrati anch'essi nella storia del cinema), del tutto tese all'evocazone della meraviglia e del magico. D'altronde, questo è uno dei punti di Ep.1 in cui gli artisti informatici della ILM hanno maggiormente premuto sull'acceleratore tecnologico e visivo, quasi a voler dire "ecco, guardate cosa possiamo fare e godete!", spirito che mi pare avvicinabile a quello dei pionieristici animatori del tempo che fu. Trovo molto apprezzabile questo legame musicale, perché suggerisce una linea di continuità tra la vecchia e la nuova storia del cinema fantastico. Godibilissima e perfettamente sposata con l'atmosfera favolistica della città subacquea, infine, è la bucolica e rarefatta melodia flautata che viene resa protagonista unica della sosta dei Jedi presso i Gungan, vero nucleo di questo segmento tematico.
     Il tempo di una fugace nuova immersione nel tema di Palpatine, autentico e sistematico contrappunto oscuro di tutta la colonna sonora, e che racchiude in sé i sussurrati prodromi dell'esplosione corale del futuro grande duello, ed entriamo in quella che si può considerare la conclusione della parte introduttiva del film. In rapida e fluente successione sfilano i fiati spinti e nervosi che accompagnano la fuga dei nostri dagli ultimi pericoli ittici di Naboo, seguiti dalla ripresa della marcia d'invasione della flotta neimoidiana.
     Dopodiché Williams imprime un leggero cambio di registro. Infatti, la splendente rivelazione visiva di Theed e delle sue architetture romantiche è cullata da una partitura più classica e di maniera, dove viene data evidente rilevanza all'esecuzione in pizzicato. Williams, in questa circostanza, si butta decisamente sul dipinto. Ma è una parentesi. Dopo la quale riprende saldamente in mano la narrazione e torna a far esplodere la sua briosa anima da "cappa e spada" durante i combattimenti a colpi di lightsaber contro le guardie. Mentre la parte finale, la fuga definitiva dal blocco, è puro Star Wars sound senza compromessi, tutto incentrato su una dirompente cavalcata terzinata che riconduce a certi impatti strumentali di A New Hope. Il sipario si chiude sulla prima comparsata di Darth Maul, avvolta dall'ormai consueto tema oscuro.

     Riapertura del sipario.
     Se fino a questo momento ho ritenuto più appropriato seguire un percorso, per così dire, verticale, ora credo sia più utile cambiare approccio. Tutta la parte che segue, infatti, e che racchiude gli otto nuclei tematici che vanno da Destination Tatooine, Home of Anakin Skywalker a To Coruscant and to Palpatine and the Senate (prime tre tracce del cd 2), rivela peculiarità che la distinguono nettamente dal resto della colonna sonora. Narrativamente parlando, la porzione individua i suoi estremi fra l'arrivo a Tatooine e la partenza verso Coruscant. È lungo questo snodo fondamentale del film e dell'intera Esalogia che Lucas gioca le carte più pesanti ed importanti che ha in mano. Qui ed ora deve sbocciare la storia umana più importante e decisiva della Saga. E da subito, è necessario elevare ed impreziosire l'immensa portata dei significati che essa porta e porterà con sé. I ritmi vengono così notevolmente dilatati. E se il film perde in cadenza metronomica, acquista moltissimo in termini di profondità e introspezione. Tutta la sezione è come un mondo a parte del film. Come è un mondo a parte Tatooine, culla umile, arida ed infantilmente giocosa di una vita destinata ad attraversare ogni possibile dimensione della tragedia umana. Un mondo nuovo e tuttavia malinconicamente già antico, in cui grandi speranze e tristi presagi intrecciano i loro sottili ricami fino a non distinguersi più. Ed è ora, non a caso, che Williams dà il meglio di sé. L'attuale struttura del film permette alla sua sensibilità di valorizzare sfumature e particolari, di plasmarsi sulle parole e attraversare il mondo che le contiene. Un lavoro assai ricco e multidimensionale, in quanto viene dipinto un paesaggio su cui poi risultano armonicamente incastonati personaggi e temi fondamentali. Con la figura del giovane Anakin come assoluto punto di riferimento. Suo, infatti, è il nuovo principale leit motiv wagneriano della Saga. Suo è il tema musicale che più di ogni altro, in The Phantom Menace, sa esprimere con delicatezza e sensibilità questa immensa compresenza di luci e di ombre, di passato e di futuro. È un ritratto sublime, delicato, lungo il quale Williams mantiene un'espressione strumentale sempre pacata e controllata, come per regalare una lenta e dolce carezza al bambino che c'è in noi e che, inevitabilmente, si riconosce nel piccolo e spensierato Anakin. Con le ultime note di vaderiana memoria a determinare il senso di un destino, ma in ottica più ampia quello di un vero e proprio percorso di vita. La melodia di Anakin nasce e svanisce con frequenza, insinuandosi e spesso fondendosi con le trame strumentali che ne accompagnano il percorso. Viene di volta in volta rivestita da tonalità, andamenti ed armonizzazioni differenti, può assumere le forme dell' incanto come nell'occasione del primo incontro con Padme (Tr.19), per poi immalinconirsi o assumere un vitale respiro epico come in Talk of podracing e Anakin's midi-chlorian count (Tr.24 e 27). O ancora accennare contorni allegri e giocosi in Anakin, podracer mechanic (Tr.26). Tutto questo, però, non deve indurci a credere di essere testimoni di un ricco e variegato monologo. Infatti, grande co-protagonista di questo immenso affresco spirituale è l'immortale tema della Forza, assolutamente struggente nel suo manifestarsi come rivelazione in musica del "Chosen one", nonchè come pietoso testimone del suo primo amaro incontro con la vita (Anakin is free, Cd2, Tr.01).
     In ogni caso, ciò che più colpisce di questo tragitto sui generis è lo stile, la cui fondamentale personalità si riconosce nel prezioso profumo anticato che lo pervade e che ne determina l'autonomia all'interno dell'intera opera. Questione di composizione ma anche di scelte prettamente strumentali, come nel caso del flauto solista di Anakin is free. Una soluzione splendida, che suona come una voce fragile e segnata dagli anni che racconta il suo tempo, la gioia pura ed i ricordi che non ti lasciano più. Coerentemente, ogni strumento viene messo nelle condizioni di esprimere questo tipo di feeling secondo modalità timbriche che, a tratti, possono ricondurre allo stile inconfondibile di Maurice Jarre (padre del "tecnologico" Jean Michel), grande compositore di colonne sonore degli anni '70 e '80.
     Discorso a parte meritano lo sfondo paesaggistico ed il grande evento della Podrace. Nel primo caso (Tr. 18, 20, 29, 35 - cd 1), si può parlare di una scoperta piacevolissima. Scoperta, perché di questi creativi spunti etnici dal film emerge poco o niente. Piacevole, perché ci regala un Williams differente ma sempre e comunque geniale. Suoni e melodie sono ovviamente di stampo nordafricano e mediorientaleggiante, ma a brillare sono soprattutto gli accostamenti armonici. Come esempio assoluto, cito l'impressionante The street singer (Tr. 35), dove le ricercate armonie dissonanti e la vastissima riverberazione d'ambiente ci trascinano ai limiti dell'avanguardistico.
     E poi c'è la Podrace (Tr. 31/34), il grande omaggio di Lucas a William Wyler ed al suo mitico Ben Hur, autentica pietra miliare del cinema. Ma più che un omaggio, lo si dovrebbe definire un vero e proprio mini remake. Infatti Williams si adegua in toto alla situazione, e lo fa in maniera talmente radicale che durante l'ascolto di The flag parade (Tr. 31), la prima immagine che ti compare davanti agli occhi è quella di Charlton Heston che sfila con la sua biga insieme ad un Messala tronfio e cattivissimo. A cambiare è solo la melodia, per il resto la profusione pomposa e ritmica di fiati e rullante segue decisamente le orme dell'originale soundtrack.
     Con l'inizio della corsa, subito dopo una fugace ripresa del tema della Forza coincidente con i primi precetti Jedi ricevuti dal Prescelto, il metronomo ricomincia ad aumentare il suo passo. E non potrebbe essere altrimenti. Lungo la Tr. 33 (provate a pronunciarlo…), l'andamento sostenuto è diviso in due parti: la prima ripropone l'argomentazione musicale di Escape from Naboo (Tr. 15), la seconda presenta un orchestrazione adrenalinica e segmentata in perfetta sintonia con gli avvenimenti rocamboleschi della gara. Purtroppo c'è da sottolineare che il montaggio tra le due parti non è esaltante, anche se ormai conosciamo i retroscena della questione. Come non ho trovato particolarmente esaltante il tono spielberghiano del trionfo di Anakin, un tipo di interpretazione stilistica che comparirà in diverse occasioni prima della conclusione e che, a parer mio, esula un po' dall'ambiente Star Wars nel suo senso più classico.
     Prima di voltare pagina, infine, vorrei invitarvi ad ascoltare con attenzione The racer roars to life (Tr. 27). Io spero vivamente che questa breve meraviglia espressiva possa ricoprire, nei prossimi film, un ruolo di maggior levatura. In caso contrario, si tratterebbe di uno spreco decisamente delittuoso.

     E voltiamola, dunque, questa pagina. Reinseriamo il secondo cd e l'atmosfera, dopo la già citata conclusione della sosta su Tatooine, riprende la sua strada maestra, con la nostra allegra compagnia di nuovo in fuga. La presenza di Lord Maul è ormai concreta (Qui-Gon and Darth Maul meet, Tr.2), e viene annunciata attraverso l'utilizzo di percussioni estremamente tribali ed essenziali, secondo un linguaggio caratterizzato da accentazioni ritmiche in battere tanto semplici quanto efficaci. Il corredo melodico è fremente nei violini monotonici e carichi di tensione, diventa poi minaccioso e grave, ed infine esplode, seppur brevemente, nella prima vera danza guerresca dell'opera. Coreografia riuscitissima.
     Come da copione, la colonna sonora adesso si riappropria delle sue alternanze dinamiche, ci dona un ultimo scampolo di dolcezza e calore durante il tragitto sulla nave reale, e quindi si avvia ad accompagnarci nel primo freddo di questa lunga storia.
     Diciamo subito che Coruscant, il pianeta capitale totalmente urbanizzato la cui vista avrebbe fatto piangere di gioia Isaac Asimov, sta alla galassia di Lucas come Roma al suo ultimo stadio di Repubblica. È piuttosto evidente. Coruscant è il centro assoluto di tutto. Irraggia il suo potere e la sua luce da tempo immemore, è il cuore di ogni bene e di ogni male, di ogni conquista e di ogni credo. Così, le trombe altisonanti e ricche di magnificenza dedicatele all'arrivo della regina, rappresentano l'ultimo raggio di sole prima del lento, inesorabile avvento del buio. È da questo momento in poi, lungo tutti gli avvenimenti che scandiscono le esperienze dei nostri nella capitale, che il titolo di Ep.1 trova una sua piena giustificazione. E la musica di Williams, cogliendo la particolare essenza del momento, assume ora nuove valenze. È stata narrazione, poi affresco e ritratto. Ora riesce ad assumere intensi ed importanti aspetti simbolici. Come abbiamo detto, in Ep.1 il male non è evidente, incombe ma è restio a manifestarsi. Ma anche la dimensione del bene, il "lato chiaro della Forza", a questo punto della storia mostra di non essergli da meno. Si tratta di uno stato di offuscamento quasi speculare, seppur originato da presupposti ben diversi. Sono le tracce 4 e 5, ovvero The Queen and Palpatine e High Council meeting, a rendere al meglio questo stato di cose. E a diventarne, appunto, il simbolo più efficace. Il futuro Imperatore si muove in un ambiente politico debole ed in avanzato stato di decadenza, la sua lenta e subdola scalata al potere è inesorabile, così come l'ampia sezione d'archi che intreccia armonie sinistre di stampo quasi "noir" ogni qualvolta il Senatore si trova al centro dell'attenzione. Questo accade durante l'incontro con Amidala, per poi trovare continuità durante gli avvenimenti in Senato. Questo tipo di minacciosa linea musicale si irradia senza incontrare opposizioni di alcuna natura, nello stesso modo in cui il singolo individuo riesce ad espandere la sua influenza sull'ambiente che lo circonda grazie alla debolezza altrui.
     Ma parallelamente, un'altra individualità sta vivendo un intenso confronto con una realtà più grande di lei. È il futuro braccio destro di Palpatine, la cui fiamma di innocenza e inconsapevolezza brucia ancora, ignara del futuro che la attende. Una fiamma fatalmente destinata a spegnersi. Infatti, l'ambiente sonoro che si respira nel Consiglio Jedi, fatto di echi sintetici e gelidamente impersonali, ci consegna la degna e riuscitissima rappresentazione del livello di cristallizzazione dogmatica a cui il Cavalierato è giunto attraverso i millenni. Ci vengono presentati, quindi, da un lato un male strisciante che avanza nel nulla assoluto e dall'altro, suggerendo una evidente sorta di parallelo, un nucleo di purezza lucente minacciato dal gelido distacco di un "Lato chiaro" orfano di sé stesso. Non è un caso che, sia in High Council meeting che in Anakin's test (Tr. 7), gli accenni al tema di Anakin prima e a quello della Forza poi, contribuiscano a creare un isolato e fragile contrasto cromatico all'interno di questa statica asetticità musicale.
     In ogni caso, il tono compositivo generale riacquisisce presto la sua sostanza originaria ed assume contorni delicati e solenni legandosi strettamente alla figura "etica" di Qui-Gon e al senso cavalleresco della sua missione.
     Da questo momento in poi, il registro epico della musica di Williams non incontrerà più ostacoli.
     Si torna a Naboo. Inizia il grande epilogo.
     Il tragitto musicale che funge da ponte per la battaglia finale (dalla tr. 9 alla tr. 14) presenta alcuni spunti interessanti. L'approdo al pianeta è scandito da un nuovo ritorno alla cavalcata ritmica in "classic Star Wars style", dove questa volta la suddivisione metrica torna ad essere binaria ed accentata con la quadratura che si conviene in circostanze come questa.
     Poi, succede che anche da svolgimenti musicali assolutamente nella norma emergano brevi spunti di rilievo. È il caso di Jar Jar leads…(Tr. 10), quando, per un breve ma nitido attimo, Williams si concede un excursus nella tradizione più classica ammiccando a compositori del calibro di Tschaikowsky e Sibelius. O come quando, in War Plans, improvvisamente costruisce una struttura melodica che profuma inconfondibilmente di E.T.
     L'inizio degli scontri è introdotto dalla marcia dei Gungan. La cadenza è integralmente mutuata dal tema dell'invasione neimoidiana, mentre il riecheggiante suono grave che l'accompagna può essere interpretato come segno del futuro legame con la terra d'Australia, nuovo teatro di riprese della Saga.
     Chiariamo subito che la maggior parte delle critiche rivolte a questa produzione sono state indirizzate proprio alla sezione che stiamo per affrontare. Di fatto, come detto, si tratta di una parte il cui montaggio è sicuramente fuori da ogni standard. Ciononostante, continuo a pensare che proprio questo sia il suo aspetto vincente. Le note incalzano senza darti tregua, ricalcando l'andamento del film nel (quasi) pieno rispetto del montaggio finale. Può esistere un'interpretazione più vera di questa?
     Il ritmo altissimo ed i frequenti salti d'ambiente che caratterizzano la battaglia, rendono piuttosto ardua una scansione musicale rigorosamente cronologica. È però possibile individuare i nuclei tematici fondamentali da cui è composto quest'ultimo capitolo del film. E fondamentalmente ne emergono tre (come tre sono i confronti principali, individuabili nel duello Jedi/Sith, nella battaglia aerea ed in quella terrestre). Questi temi spesso interagiscono intrecciando i loro cammini, ma restano decisamente autonomi in quanto a caratteristiche. Il primo ed il più importante si individua sicuramente nelle note dell'ormai celebratissimo Duel of the Fates, che qui prende vita in forma strumentale per dilagare poi nello straripante coro che tutti abbiamo potuto ampiamente apprezzare. Lo sviluppo è un po' diverso rispetto a quello del brano matrice che ci verrà riproposto allo scorrere dei titoli di coda, non solo strutturalmente ma anche sotto l'aspetto squisitamente interpretativo. Di particolare rilevanza e di grande effetto, infatti, è il salto tonale di un'intera ottava che viene impresso alla partitura del coro durante la Tr. 24 (un tono e mezzo in più rispetto all'originale, sufficiente però a far accapponare la pelle anche ad una statua di sale). Con Duel, Williams raggiunge un livello emozionale paragonabile solo alla mitica composizione corale di Return of the Jedi. Nel suo fluire senza argini, nella sua incontaminata violenza, il motivo rende giustizia a quella che probabilmente è la più bella, coreografica e simbolica sequenza del film. È una mistica danza tribale, è il puro incontro di due energie primordiali in perenne opposizione, è il bene contro il male nella forma più assoluta.
     Tanto Williams supera se stesso in questo frangente, quanto purtroppo perde spessore nel momento in cui ci proiettiamo nello spettacolare marasma della battaglia nello spazio. Il tema più ricorrente, in pratica il secondo polo tematico che ho potuto individuare, ci riporta ai toni spielberghiani già fiutati in precedenza e che ormai paiono essere chiaramente legati ai momenti sopra le righe di Anakin. Se già le modalità del suo intervento volante sono state oggetto di accese discussioni tra i fans, non posso certo dire che la fanfara in stile Hook ideata per l'occasione si possa salvare dalla parziale caduta di tono del momento. Mi rendo conto di quanto la questione presenti tratti fortemente soggettivi ma, per intenderci, la prima domanda che istintivamente mi pongo di fronte a questi isolati spunti è la seguente: "Che cosa c'entra questo con Guerre Stellari?". Restano comunque episodi. Poco graditi, ma episodi.
     Rimane quindi la terza linea musicale, in gran parte protagonista degli scontri su Naboo, in cui i tratti tornano ad essere fortemente marziali (The battle rages on, Tr. 23) grazie ad una metrica serratissima, in cui le variate figurazioni ritmiche in sedicesimi, espressivamente molto marcate, non danno tregua alcuna. Mentre, melodicamente, ho trovato molto piacevole riscontrare un discreto grado di parentela con l'Imperial March.
     Il più grande merito di Williams, d'altronde, è stato proprio quello di fare della colonna sonora l'elemento che più di ogni altro, nel film, sa trasmetterci il senso del legame storico con la Trilogia classica. Tanto che durante gli eventi conclusivi, da The tide turns (Tr. 28) a The funeral of Qui-Gon (Tr. 30), sono i grandi richiami tematici a diventare assoluti protagonisti della scena. Ci viene così esplicato il senso di un finale che finale non è, ma che in buona sostanza assume i significati di un prologo di cui il pubblico conosce già i futuri sviluppi. Così ricompare il tema della Forza, dai toni trionfalistici che accompagnano Anakin a quelli più asciutti dell'"aristìa" di Obi Wan (chiaramente correlata ai futuri episodi che riguarderanno Luke Skywalker). Ma non solo. Fugaci e significativi, vengono accennati i motivi di Yoda e di Vader, l'uno in seguito all'altro, come prodromi musicali di due destini strettamente concatenati.
     Prima della parata finale, Williams ci regala un'altra gemma assoluta per forma e contenuti. Il Requiem del funerale di Qui Gon è forte di un impatto estetico ed emotivo di indiscutibile spessore. Il richiamo all'Ein deutsches Requiem di Brahms è notevole e non casuale. Il timbro oscuro dell'orchestra e l'incedere grave del coro evidenziano una concezione stilistica di scuola protestante, la cui compostezza formale è indice di una visione della morte serena e libera da connotazioni tragiche, in perfetto accordo con la mistica Jedi.
     Azzeccatissima la chiusura, in cui il sospeso accordo finale sfuma senza concedere all'orecchio il senso di compiutezza di una risoluzione definitiva che, a questo punto, sul primo piano di Palpatine, non avrebbe di fatto alcun senso.
     Il nostro viaggio si chiude con la Victory parade, seguita dalle note dei titoli di coda. Con la prima, viene attuato un discorso di concetto interessante. Viene cioè intessuto un registro trionfale e gioioso di sola facciata, ma che contiene nella solare linea melodica il malaugurante tema di Palpatine. L'idea è chiara, e l'intento di dare alla sequenza il giusto carico di stonatura grottesca è altrettanto apprezzabile. Purtroppo, però, stiamo parlando di un concetto che non emerge facilmente al primo ascolto, tanto meno in sede di visione cinematografica. Ciò significa che il primo impatto tende a trasmettere il solo aspetto superficiale, col risultato di stimolare essenzialmente considerazioni di tipo estetico in chi ascolta. In questo specifico senso, onestamente, non posso certo dichiararmi entusiasta.

     Congedo.
     I titoli di coda aprono le danze nel modo più tradizionale. Dopo il passaggio del Main Theme, sfilano Duel of the fates ed il tema di Anakin nella loro versione integrale, come in ultimo ideale inchino di congedo. Splendida la musica, ma siamo lontani anni luce dalla fluidità degli End Titles di Empire, questo è garantito.

     L'aggiunta della versione parlata di Duel non toglie né aggiunge nulla ad un'operazione che, nel suo complesso, mi ha sicuramente convinto. Il lavoro di Williams, contrariamente a quanto si temeva, ci viene restituito al meglio e nella dimensione più realistica in cui potessimo sperare. Un'autenticità il cui prezzo, individuabile nelle saltuarie licenze di editing, mi è parso più che accettabile. E se il tono musicale presenta lungo il suo cammino rarissimi momenti involutivi, l'ascolto dell'opera nel suo insieme, ma soprattutto durante i suoi momenti più alti, non fa altro che rinnovare in me la convinzione che il genio di John Williams rimanga la principale, immensa ed imprescindibile anima dell'intera Saga.

     Apparso su DarkSide Magazine #4






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