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La tentazione del Bene
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di Davide Canavero |
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In quel territorio grigio, non assurto agli onori del grande schermo, sconosciuto ai più, che va sotto l'etichetta del progetto Shadows of the Empire si possono rintracciare i primi sentori della definitiva conversione di Darth Vader, che matura progressivamente a partire dai presupposti di The Empire strikes back: la strisciante infedeltà all'Imperatore e il confronto con Luke.
La quest del figlio era iniziata proprio nell'Episodio V. Vader era ossessionato dalla ricerca del giovane Luke Skywalker, che egli sapeva ormai essere suo figlio. Il fine della ricerca era portare all'Imperatore una nuova risorsa. Che Vader fosse spinto dalla curiosità, dall'ansioso desiderio di conoscere il figlio perduto, è probabile e tradisce in lui un primo frammento di umanità, che lo rende meno monolitico dell'icona del Male ammirata in A New Hope. Tuttavia non si può parlare di ritorno ad Anakin, né tantomeno dell'alba di una conversione che è ben di là da venire. Vader appare determinato a schiacciare il proprio passato: "il figlio di Skywalker" è il figlio di un'altra persona. Vader è Vader. L'alienazione da sé impostagli per anni dal perverso padrone Sith è ancora accettata senza battere ciglio:
Vader: "Quali sono i tuoi comandi, mio padrone?"
Imperatore: "C'è una grossa interferenza nella Forza"
Vader: "L'ho avvertita"
Imperatore: "Abbiamo un nuovo nemico, Luke Skywalker"
Vader: "Sì, mio padrone"
Imperatore: "Egli può distruggerci"
Vader: "È solo un ragazzo. Obi-Wan non può più aiutarlo"
Imperatore: "La Forza è vigorosa in lui. Il figlio di Skywalker non dovrà mai diventare un Jedi"
Vader: "Se potesse essere portato a noi diventerebbe un potente alleato"
Imperatore: "Sì... sì. Sarebbe una grande risorsa. Può essere fatto?"
Vader: "Verrà con noi o morirà, mio padrone".
Vader pensa che se il giovane Skywalker non si rivelasse così potente, dopo tutto, potrebbe davvero eliminarlo senza rimpianti. Se riuscisse ad ucciderlo troppo facilmente, sarebbe la prova che non vale la pena di reclutarlo. Vale come preda solo se può servire il suo signore, accanto a lui. Non è suo figlio: è solo una nuova risorsa. Da valutare. A suo giudizio, a suo indiscutibile giudizio, una volta tanto, poiché sarà lui a catturarlo e metterlo alla prova. Deciderà lui cosa farne, non l'Imperatore. Vader china il capo meno profondamente del solito e a lunghi passi si dirige verso la sua missione di sempre: la caccia ai Jedi.
Ma stavolta c'è qualcosa di diverso, qualcosa di più.
Impossibile negare che l'ingresso di Luke nello scenario galattico inneschi in Darth Vader una complessa trasformazione, che investe sia il rapporto con se stesso sia quello con l'Imperatore. Luke, il figlio perduto, con tutto ciò che rappresenta per il Cavaliere Nero sul piano umano, diventa la causa scatenante di una ribellione segreta. Se la conversione è ancora lontana, se lo slancio verso il Bene è ancora assente, la ribellione al tiranno comincia a prendere forma, benché per ora nel segno della brama di potere, nel segno del Lato Oscuro. Il figlio, infatti, non è ancora stimolo a riconsiderare il proprio animo e a umanizzarsi, ma solo una preda funzionale alla propria ambizione, la pedina di un gioco di potere col quale il Sith, per anni devoto e sottomesso, progetta di spodestare il suo padrone. Almeno questo è il piano di Vader prima che la situazione gli sfugga di mano, a causa di quei sentimenti che non credeva di possedere ancora e dei quali non ha tenuto conto.
Grazie a Boba Fett e agli eroi dell'Alleanza usati come esche, Vader riesce finalmente a trovare Luke. A Cloud City rovescia addosso al figlio la verità e compie un passo avanti sulla strada della propria maturazione interiore che rischia di passare inosservato:
Vader: "Tu non conosci il potere del Lato Oscuro. Obi-Wan non ti ha mai detto cosa accadde a tuo padre"
Luke: "Mi ha detto abbastanza! Che sei stato tu ad ucciderlo!"
Vader: "No, io sono tuo padre".
Quell'"io" è un piccolo universo di significato: per la prima volta dopo anni Vader accetta la memoria di Anakin, riduce le distanze con il proprio passato grazie al figlio. Il figlio di Skywalker diventa "suo" figlio.
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Vader: "Vieni con me, insieme domineremo la Galassia come padre e figlio" — "Luke, tu puoi sconfiggere l'Imperatore, lui lo ha previsto. Vieni con me, è l'unica strada".
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Vader non è più il servitore fedele e ossequiente. Pur non avendo ancora recuperato il suo vecchio io nella pienezza della coscienza e della presa di posizione etica, egli ha già maturato il distacco dal suo padrone. Finalmente riesce a vivere come individuo autonomo, non solo come creatura del Maestro Sith, come sua emanazione.
L'idea del tirannicidio gli è estranea, poiché non è mosso da ansie libertarie ma da una miscela fatta in parti eguali di ambizione Sith —che conduce di norma all'assassinio del maestro— e di orgoglio paterno. Il Signore Oscuro si sta gradualmente e innegabilmente (ri)umanizzando proprio grazie al figlio; per ora grazie alla sua semplice esistenza come immagine dell'antico sé; più tardi grazie alla sua azione diretta, all'affettuosa fiducia accordatagli.
Luke l'eroe, Luke il santo rifiuta l'offerta di potere, rifiuta la corruzione tentatrice e sceglie piuttosto la morte con un coraggio titanico. Darth Vader è sconfitto.
Mentre il ragazzo vive l'ora drammatica della scoperta che lacera, che lo fa impazzire di dolore più della mano troncata, il padre lo chiama e, attraverso la Forza, ripete il suo invito con fermezza e pacatezza: "Vieni con me". Un padre umano, per quanto malvagio.
Shadows of the Empire è simile a una notte d'attesa tra due giornate campali. In questo periodo che intercorre tra gli episodi V e VI la segreta ostilità di Vader nei confronti dell'Imperatore cresce, come cresce il rapporto con il figlio, arricchendosi ora di un senso di protezione indotto dagli eventi. E proprio qui in Shadows apprezziamo in tutta la sua grandiosità il conflitto interiore del Signore Oscuro, il dissidio tra volontà Sith e tracce del passato. Scopriamo aspetti occulti di Vader che ce lo rivelano nel suo intimo tormento, e persino nella quotidiana miseria della sua menomazione.
Darth Vader sedeva nudo nella sua camera medica iperbarica. La luce era spenta ed era libero, finalmente, dall'armatura che doveva usare per sostenersi in pubblico. Potente era la Forza e ancora più potente Vader considerava il Lato Oscuro, ma non era ancora riuscito ad usarlo per guarire il suo corpo ustionato quanto avrebbe desiderato. Che fosse vivo era già di per sé un miracolo, ma non era mai riuscito ad attingere energie sufficienti a effettuare una completa rigenerazione, chissà per quale motivo. Sapeva che era possibile; che se avesse meditato abbastanza, un giorno sarebbe riuscito a tornare l'uomo che era stato.
Fisicamente almeno.
Non desiderava affatto tornare a essere l'uomo di un tempo mentalmente. Il debole, stupido, ingenuo Anakin, che tanto assomigliava a quello che Luke Skywalker era ora: semplice... potenziale.
[...]
Luke aveva assaggiato il potere del Lato Oscuro. Ora il compito di Vader era trovarlo e far sì che lo sperimentasse ancora. Il Lato Oscuro generava una dipendenza più forte di qualunque droga. Appena Luke lo avesse accettato sarebbe diventato più potente di Vader, più potente ancora dell'Imperatore. Insieme avrebbero potuto ancora governare la galassia.
Basta. Era tempo di provare di nuovo.
Vader passò una mano sui controlli della sua stanza. L'involucro sferico si aprì e il coperchio si sollevò con un sibilo idraulico, accompagnato dal rumore dell'aria pressurizzata che sfuggiva. Vader rimase seduto, esposto all'aria, non più protetto dal campo ossigenato e saturato di medicazione della capsula interna.
Si concentrò sull'ingiustizia della sua condizione, sul suo odio per Obi-Wan che lo aveva ridotto così. Insieme con la rabbia e l'odio, il Lato Oscuro della Forza s'impadronì di Vader.
Per un momento i suoi tessuti danneggiati mutarono e i polmoni rovinati, gli alveoli atrofizzati e i canali soffocati da tessuto cicatriziale si distersero e tornarono sani.
Per un momento, riuscì a respirare come tutti.
Il sollievo, il trionfo, la gioia nel constatare il suo potere scacciarono il Lato Oscuro da lui come la luce scaccia le tenebre. Il Lato Oscuro si nutriva volentieri di rabbia, ma la felicità era per esso un veleno mortale. E così lo abbandonò e con esso lo lasciò la possibilità di respirare.
Vader mosse di nuovo la mano, e la cupola tornò ad abbassarsi per sigillarlo di nuovo nella capsula iperbarica.
Ci era riuscito, anche se per poco, com'era accaduto già molte volte in passato. Se solo fosse riuscito a far sì che la trasformazione durasse! Doveva imparare a non avvertire sollievo, doveva in qualche modo mantenere viva la rabbia mentre guariva.
Era difficile, però. Non era riuscito ancora a purgarsi completamente dalla presenza di Anakin Skywalker, l'uomo fragile e limitato che era stato un tempo. Finché non ci fosse riuscito, non avrebbe potuto consegnarsi interamente al Lato Oscuro. Era la sua grande debolezza, il suo più terribile difetto. Una scintilla di luce nella tenebra, che in tutti quegli anni, per quanto avesse provato, non era ancora riuscito a soffocare.
L'ombra dell'Impero, Sperling & Kupfer 1997 - trad. di A. F. Dal Dan
Vader respirò a fondo, espirò, poi respirò di nuovo. Le energie del Lato Oscuro lo riempirono e un'altra volta riuscì a respirare come un uomo normale. Si concentrò sulla propria rabbia. Non era giusto che fosse stato mutilato, rovinato, che questo atto semplice e normale del respirare a lui fosse negato. Non... era... giusto!
Le energie curative rimasero attive in lui.
Fino a che riusciva a mantenere la sua indignazione, i polmoni e i bronchi restavano aperti e funzionanti. Alimentò il fuoco dell'ira con l'ingiustizia di una galassia che non gli permetteva di essere integro.
Le energie non lo abbandonavano ancora.
Lottò per scacciare il sollievo che provava. Cercò di mantenere pura l'ira.
Ed erano ancora con lui. Quasi due minuti ormai. Un nuovo record.
Sarebbe diventato più forte ancora. Avrebbe aggiunto il potere di Luke al suo, sarebbe stato in grado finalmente di abbandonare l'armatura e camminare alla luce del sole come tutti gli altri.
Luke...
Cercò di reprimere il sorriso, ma fallì.
Incapace di mantenere le energie che lo facevano respirare, dovette tornare a rinchiudersi nella camera iperbarica. Ma dopotutto, ci era riuscito per due minuti questa volta. Un giorno sarebbero stati dieci, poi un'ora, poi quanto voleva.
Un giorno.
L'ombra dell'Impero, Sperling & Kupfer 1997 - trad. di A. F. Dal Dan
Il fantasma di Anakin ogni tanto emerge dal profondo delle carni deteriorate di Vader e respira accanto a lui, ricordandogli che l'ha ucciso. Quando ciò avviene, nell'isolamento della sua camera segreta, Vader sente il Lato Oscuro venirgli meno, sopraffatto dalla tenue luce dello spirito di Anakin proveniente dal passato. Come può quella luce ormai spenta brillare ancora e rischiarare sporadicamente la tenebra in cui Vader è avvolto? Il Lato Oscuro è più forte — dice il suo padrone. Ma qualche volta pare sul punto di soccombere al suo opposto; è senz'altro colpa sua, non ha ancora percorso fino in fondo la via del Lato Oscuro, non è ancora capace di resistere agli attacchi della Luce; alla tentazione del Bene, in questo suo sorprendente ascetismo alla rovescia.
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La terribile tentazione del ritorno del vecchio Jedi Anakin è davvero forte, qualche volta, in quella camera isolata. Lì dove nessuno lo vede, lì dove neppure il suo Imperatore che tutto sa può giungere, lì Darth Vader è un altro; o forse è solo se stesso. Non accade sempre, anzi. Ma quando avviene si sente sconvolto. Anche se cerca di ricorrere al Lato Oscuro per risanare i suoi alveoli polmonari e respirare normalmente, il sollievo e la gioia che ne derivano spezzano il Lato Oscuro. Pare impossibile innalzare un muro di tenebra assoluta e annientare del tutto ogni traccia di gioia e di umanità. Ma è solo colpa del suo controllo non ancora perfetto. Quegli assalti della Luce scompariranno certamente quando Vader diventerà un perfetto Signore Oscuro dei Sith. Non può più tornare ad essere Anakin e se non vuole trovarsi a metà strada, senza più sapere cos'è, deve affidarsi al Lato Oscuro, abbandonarvisi completamente nella persona dell'Imperatore. Deve obbedire e continuare.
Splendido il conflitto, splendida questa evoluzione del personaggio che, purtroppo, è in parte confinata nella pagina scritta di un romanzo che certo non tutti hanno letto.
Nel duello a distanza con Xizor Vader ha la meglio: ciò che l'Imperatore ha ottenuto è un ulteriore calo di lealtà da parte del suo Alfiere, che ha potuto toccare con mano in maniera evidente la mancanza di scrupoli del Maestro Sith e l'inesistenza di qualunque forma di amicizia nei suoi confronti: sostituirlo con Xizor sarebbe stato per il tiranno come bere un bicchier d'acqua. Forse per la prima volta Darth Vader percepisce la freddezza assoluta del suo signore e sente di non contare nulla per lui. Sente la propria sconfinata solitudine. Inoltre, egli è un guerriero, un tempo fu —e ancora è, nell'intimo— un cavaliere Jedi, uno che ama il confronto leale e a viso aperto. Le trame oscure dell'Imperatore e di Xizor lo disgustano. Certo, è malvagio e contorto come pensa Obi-Wan, eppure conserva frammenti di un'etica cavalleresca umana. C'è del buono in lui. Luke ha davvero ragione.
Darth Vader è dunque un grande nel Male, una figura che persino nel suo allineamento maligno trova immensa dignità.
Scocca l'ora fatale. Il piano Endor procede speditamente e, come da programma, un gruppo di ribelli scende sulla luna boscosa.
"Mio figlio è con loro".
Con queste parole Vader implicitamente accetta Anakin e soprattutto —evento sorprendente— lo fa a viva voce e dinanzi all'Imperatore, al quale non cerca neppure di nascondere questo slittamento verso il proprio io, il proprio passato. Il tono non è fiero, bensì mesto, dolente. Quasi Vader si sentisse in colpa per il suo peccato della riumanizzazione.
Come l'Imperatore ha previsto, è Luke a recarsi spontaneamente dal padre, dopo il dialogo con la sorella gemella. Il figlio, Jedi, eroe, santo, è pronto a rischiare tutto per portare suo padre dalla parte dell'Alleanza e soprattutto per farlo tornare ciò che era; per salvargli l'anima.
Quando Luke fa la sua apparizione davanti a Darth Vader nella base imperiale tra i boschi non è più il giovane irrequieto che fu travolto dal Signore Oscuro a Cloud City: è un Jedi maturo, sofferente eppure sereno, fermo, coraggioso. E come Vader gli scagliò contro la sua verità lacerante e lo ferì in ogni modo, offrendogli infine il potere, così ora Luke restituisce tutto rovesciandone la polarità: offre affetto filiale, fiducia e dice ancora "Vieni con me", a parti invertite, con fine opposto, sotto il segno del Lato Luminoso della Forza. Lo invita a lasciare il simulacro di Vader a servire il cadavere dell'Imperatore, il cui fetore mortifero può solo corrompere; e a farne uscire Anakin. Perché crede in lui e gli vuole bene come qualunque figlio.
Darth Vader, come l'Innominato manzoniano, si trova confuso, smarrito dinanzi all'"impeto della carità" del figlio, dinanzi alla sua serena volontà di andare al di là di tutte le sue colpe per cercare il Bene: un Bene che solo chi già lo possiede può cercare anche negli altri. Luke, il Santo, è mosso dal Bene dentro di lui a cercarlo nel cuore di suo padre, nascosto tra le pieghe di una malvagità incancrenita.
Vader sente una gioia che non aveva provato da tanto tempo, la gioia di avvertire l'affetto incrollabile di qualcuno verso di lui. Era dai tempi di Qui-Gon Jinn che non accadeva che qualcuno mostrasse così tanta fiducia in lui. Questa gioia —per il momento— è motivo di conflitto interiore, prima che possa produrre i suoi frutti.
Il cardinal Federigo prende la mano assassina dell'Innominato e la stringe profetizzando che come essa ha versato tanto sangue d'ora in poi riparerà tante offese e allevierà tante sofferenze. È il tocco della carità. "Vieni con me" è l'invito pregnante di Luke, la sua mano tesa, la tentazione del Bene. Vader cede, il muro innalzato per tenere Anakin "cattivo", captivus latinamente, prigioniero del Male, cede: l'uomo dentro il mostro confessa che per lui è troppo tardi. Egli, in questo istante sublime, vede il Bene, lo comprende, ma sente di non riuscire a compiere il balzo decisivo (torna alla mente l'ovidiano "video meliora proboque: deteriora sequor": "vedo il bene, lo approvo: ma poi seguo il male"). Grandezza e debolezza sono fuse insieme.
L'orgoglio Sith scuote l'Alfiere Nero e lo riporta alla sua durezza:
Vader: "L'Imperatore ti mostrerà la vera natura della Forza: è lui il tuo padrone, ora".
Luke: "Allora mio padre è morto davvero".
Non ci è dato sapere fino a che punto queste parole colpiscano Darth Vader. Se nel suo cuore brilla anche solo una scintilla di bontà —e sappiano che è così— questa amara sottrazione di benevolenza del figlio che fino a un istante prima lo aveva sorpreso col suo affetto fiducioso non può non rincrescere nel profondo, per quanto questo dolore sia larvato e rintanato nelle pieghe della granitica malvagità vaderiana. Non occorre andare lontano per avere conferma del tormento interiore del Signore dei Sith: appena Luke viene condotto fuori dal corridoio, Vader si mette a riflettere rimuginando pensieri ponderosi, pesanti come macigni, il cui carico insopportabile percepiamo in modo lampante e perfetto attraverso la sua maschera mortifera solo apparentemente inespressiva, che mai come in quel momento sa recitare meglio di qualunque volto. Lì, da solo, Vader non può sfuggire a se stesso, ai fantasmi e ai sogni del proprio passato. Il fantasma di Anakin, che rivive in Luke, lo tormenta come un assillo, come un metafisico torturatore. Questa è la notte dell'Innominato, trasposta in una galassia lontana e in un tempo mitico, assurta a simbolo ancor più universale. Questa è la tentazione del Lato Chiaro, la notte di passione del malvagio, una paradossale lotta mistica alla rovescia. Ma contro il Bene nessuno può.
Il travaglio di Vader a Endor, e poi nella sala del trono, è del tutto simile a quello dell'Innominato, benché totalmente interiorizzato. È la crisi di un asceta del Male dinanzi alla tentazione del Bene, che più tenta di scacciare più fa breccia nel suo animo. Egli, come l'Innominato con Lucia, non riesce a togliersi dagli occhi l'immagine del figlio che ha dato prova eroica del suo affetto. Luke è davvero forte, tanto da resistergli e da capovolgere il suo invito a seguirlo in uno di segno opposto, benigno. Ed è giovane e puro come lo era lui, quando era Anakin.
"Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia": questa è la frase di Lucia che diventa un tarlo per l'Innominato, come le parole di Luke lo sono per Vader. Si può tornare indietro. Coloro che avevano fatto del Male una prigione volontaria, una fuga da se stessi, e della presunta irreversibilità della loro condizione una scusa per non rimettersi mai in discussione, ora sono sconvolti. È una voce esterna che riecheggia quella della coscienza, e che non dà pace. Il malvagio è perseguitato proprio da se stesso. Non puoi scappare, non puoi rifugiarti nella tua prigione di male: devi confrontarti con te stesso.
Per entrambi i malvagi sono ore di tormento, durante le quali un volto luminoso, pieno di carità e fiducia torna sempre innanzi, senza dar loro pace. Luke e Lucia sono entrambi prigionieri del malvagio; ed entrambi tornano in mente a questi non nelle vesti di prigionieri ma in quelle di fieri liberatori, santi, esseri luminosi che sono sostenuti da una fede possente che li rende coraggiosi, fermi, sereni; Luke e Lucia (1), due prigionieri liberatori; un ossimoro che segue il topos del paradosso spirituale. Luke si è consegnato nelle mani dell'Impero, ma è lì per liberare il padre da ben altra schiavitù. Rischia la vita fisica e spirituale per salvare l'anima del padre. La sua forza morale è titanica. Due titanismi si confrontano: l'uno, quello di Anakin / Vader, è quello dell'eroe tragico; l'altro, il titanismo di Luke, è quello benigno del Santo moderno, un titanismo ascetico che oscilla tra santità orientale e cristiana; sublime e semplicissimo, vivificato dall'amore filiale.
Amore che è fiducia, è prendere la mano assassina e farne una mano riparatrice. Vader, a differenza dell'Innominato, non avrà modo di compiere numerose opere buone lungo il corso degli anni: consumerà invece tutto il proprio riscatto in un gesto coraggioso che fonde amore paterno, ribellione e sacrificio. Salva il figlio, si ribella al Male cosmico, ipostatizzato nell'Imperatore; e nel fare tutto ciò sacrifica anche la propria vita. Non avrà modo di salvare molte vite, portare conforto a tanti: ma eliminare l'Imperatore (molto più di un semplice tiranno politico!) significa liberare la galassia dalla tirannide temporale e da quella spirituale, poiché si tratta del Maestro Sith. La libertà riconquistata è doppia, politica e spirituale.
La fine dell'Imperatore
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Il suo tirannicidio è un gesto nobile, soprattutto se ricordiamo che in Palpatine non dobbiamo vedere tanto un uomo specifico quanto l'incarnazione stessa del Lato Oscuro, del Male cosmico. È un gesto simbolico. Vader che tanto sangue ha versato, per porre fine alla scelleratezza ne versa ancora, in una reiterazione dell'infrazione che sana l'aporia, secondo il topos classico della favola, una ripetizione che chiude il cerchio e riporta equilibrio, anche nella Forza.
Per sé e per la galassia non avrebbe potuto fare di più.
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Note:
(1) È assolutamente un caso, tuttavia è curioso notare la parentela etimologico-semantica tra "Luke", da *lewk, luce, e "Lucia", stessa radice, stesso concetto: la Luce che tenta il malvagio. Questo per dire come talvolta il puro caso possa produrre parallelismi sublimi che magari sarebbero sfuggiti anche a un'attenta pianificazione.
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