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Repetita iuvant
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di Lorenzo Frati |
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Gli episodi I e II della nuova trilogia di Star Wars sono caratterizzati da fortissimi richiami a quelli classici. Come Lucas stesso asserisce, le due trilogie sono "in rima" fra di loro, sottolineando con questo la sua precisa volontà di mantenere una certa ripetitività tra i sei episodi che compongono la saga.
Se da un lato questa caratteristica costituisce un fatto positivo per i fans, che possono divertirsi a cogliere i numerosissimi collegamenti alla vecchia trilogia disseminati nella nuova, dall'altro è stata vista come mancanza di idee fresche da parte dell'autore, che non riuscendo ad inventarsi nulla che possa competere con i fasti della trilogia classica si limita a ripeterne invariatamente gli schemi.
Autocitazione e riciclaggio sono infatti prossimi tra loro, e se non si sta più che attenti è facilissimo sconfinare nel territorio attiguo.
Quello che invece succede con la nuova trilogia è che la ricorsività di certi schemi ha portato ad una insperata valorizzazione di alcuni aspetti della saga, in certi casi davvero notevole.
L'esempio più eclatante è Darth Vader o, se preferite, Anakin.
Ritorniamo con la mente all'espediente utilizzato da Vader per richiamare il figlio Luke in Episodio V: Vader tortura Han Solo per far sì che il suo dolore sia percepito, attraverso la Forza, dal figlio Luke, sperando così di attirarlo in una trappola, come poi effettivamente avviene.
Prima dell'avvento di Episodio II, questo espediente poteva essere visto come una semplice mancanza di scrupoli da parte di un servo del male, che tortura un uomo per attirare il figlio in una trappola.
Molto crudele, certo.
Con Episodio II questo fatto assume invece un significato ancora più spaventoso ed angosciante.
Scopriamo infatti che Anakin aveva sperimentato personalmente questo espediente, quando i Tusken avevano torturato sua madre fino alla morte, e il dolore della donna aveva tormentato il figlio attraverso la Forza.
Il richiamo era stato troppo forte, insopportabile; la visione della sofferenza della persona a lui più cara aveva dilaniato Anakin al punto da costringerlo ad infrangere le disposizioni assegnategli pur di porre fine a quelle strazianti visioni.
Alla luce di questo fatto, introdotto con i prequel, vedere Darth Vader usare lo stesso espediente in Episodio V, e per di più contro il proprio figlio, conferisce al personaggio una luce nuova, estremamente patetica.
Vader è davvero una marionetta nelle mani del Lato Oscuro, e in un turbine assurdo di dolore e follia utilizza ciecamente gli stessi mezzi che fecero di lui ciò che è ora.
Le esperienze drammatiche del personaggio diventano allora un circolo chiuso e vizioso, dal quale egli non riesce ad emergere, ricalcando ossessivamente sempre lo stesso schema.
Il Lato Oscuro acceca le sue marionette: Vader è chiuso in un incubo ricorsivo, nel quale le tenebre di quel dolore che lo trasformò in un angelo caduto continuano inesorabilmente la loro opera oscurando qualsiasi via d'uscita.
Come fantasmi di un orrore lontano, ma sempre presente, le sue paure e le sue ossessioni ritornano in uno schema imprigionante, che dona al personaggio un superiore grado di drammaticità.
La figura di Vader, assume ora altri connotati, tra cui anche la follia, prima difficilmente individuabili in un cattivo tremendo ed affascinante, ma pur sempre "solo" cattivo.
Prima di Episodio II Vader era malvagio; dopo Episodio II egli è addirittura un pazzo scellerato che somministra al figlio il suo stesso dolore; un dolore che segnò l'inizio della sua dannazione e che dovrebbe pertanto aborrire invece che perpetrare.
In questo punto quindi, la nuova trilogia ha fatto centro: un vero lampo di genio da parte di Lucas, ammessa, e non concessa, l'intenzionalità del fatto.
Ma la chiave di lettura per comprendere tutto ciò è restare fedeli alla visione originaria di Lucas, e cioè visionare i sei episodi nella corretta sequenza temporale!
L'errore più comune è stato vedere i primi due episodi col senno di poi, conoscendo già l'esito della storia, e pertanto considerando la ripetitività di alcune situazioni come mera autocitazione, mentre invece, riportando la sequenza narrativa al suo giusto ordine, queste similitudini assumono un significato importantissimo.
Consideriamo la perdita della mano destra da parte di Anakin in seguito al suo scontro con Dooku.
Prima dell'avvento della nuova trilogia la perdita della mano di Luke ad opera di Darth Vader era vista come l'ennesima crudeltà di un personaggio completamente in balia del Lato Oscuro.
Momento cruciale della saga, questa mutilazione è importantissima perché da un lato sottolinea la crudeltà di Vader anche nei confronti del proprio figlio (comunque attenuata dal fatto che le protesi meccaniche sono una pratica comune e dal fatto che Vader lo sta comunque risparmiando - è il momento, infatti, del fatidico "vieni con me!"), dall'altro perché sulla seconda Death Star, la mano artificiale mostrerà a Luke ciò che rischia di diventare, impedendogli così di ricalcare le orme paterne.
Ora però, guardando gli episodi nella giusta sequenza temporale, la perdita della mano destra di Anakin in Episodio II assume un'importanza rilevante: lo spettatore ignaro, dopo aver assistito al fatto, prosegue nella visione dei film, e quando arriva alla situazione gemella in Episodio V non può esimersi dal pensare "oh no! ora anche Luke diventerà come Anakin!".
Il tono della narrazione è stato alzato: ripercorrendo il destino del padre, il figlio rischia costantemente di ripeterne gli errori, con le spaventose conseguenze alle quali questo può portare. Si dannerà anche lui! Si dannerà!" È inevitabile pensarlo vedendo gli episodi nella giusta sequenza.
Ritorna anche il discorso della superiore drammaticità dovuta all'infliggere al proprio figlio ciò che si è personalmente sperimentato: "Pazzo! Fermati! Non ricordi cosa ti successe? È tuo figlio, risparmiagli il tuo destino!": questo scaturisce nella mente dello spettatore che assiste alla saga nella corretta sequenza temporale.
È vero che questo si poteva intuire anche senza l'ausilio della nuova trilogia, ma è altrettanto vero che in Episodio V le potenziali conseguenze di questa mutilazione passavano inosservate: solo in Episodio VI, vedendo la mano tranciata di Vader, si realizzava la sua importanza.
Ora invece la tensione è sempre in crescendo, perché è più chiaro che mai che, ad ogni passo che compie, la "nuova speranza" Luke rischia di diventare un'altra "minaccia fantasma".
Il sangue di Luke è lo stesso del Prescelto, sebbene attenuato dall'angelico sangue materno di Padmè, e così il suo destino, che non può, e non deve, slegarsi dal legame che ha con le sorti della Galassia, erede del lascito, e degli errori, di suo padre.
Il discorso del "Prescelto" è invece una piacevolissima innovazione della nuova trilogia: prima di Episodio I, infatti, Anakin era un "potente Jedi", come diceva Yoda, ma non si era mai sentito nulla nei tre film classici riguardo ad una profezia o a qualcuno destinato a riportare equilibrio nella Forza.
Ora invece scopriamo che Anakin era addirittura il suo campione, concepito da quest'ultima per essere un angelo risanatore: in questa nuova ottica la sua caduta assume una maggior drammaticità che in precedenza.
Come se non bastasse, ora possiamo anche comprendere meglio le preoccupazioni di Kenobi e Yoda per un giovane avventato che rischia di diventare un nuovo Vader: ci sono già passati prima, con la differenza che ora lo vediamo con i nostri occhi.
La vita di Luke è pericolosamente simile a quella del padre: come lui, Luke inizia l'addestramento in età "avanzata", e con un attaccamento alle cose già sviluppato; una situazione potenzialmente pericolosa, come scopriamo in Episodio I.
Kenobi e Yoda sono sfiduciati e preoccupati, e con ragione!
E se pensate che siano solo i personaggi principali a beneficiare di queste ripetizioni, vi sbagliate!
Consideriamo l'inseguimento tra gli asteroidi di Geonosis tra Jango, con il figlio Boba, e Obi-Wan.
Quest'ultimo riesce a sfuggire a Jango con due espedienti: un lancio di oggetti che confonde il missile automatico e il nascondersi dietro un asteroide.
In Episodio V Boba Fett non si lascia ingannare da questi trucchi (Han Solo nasconde il Falcon dietro uno Star Destroyer e successivamente approfitta di un lancio di rifiuti per mimetizzarsi con essi e sfuggire all'impero) proprio perché li ha già visti prima.
È stata quindi accentuata una caratteristica importante del personaggio: l'esperienza.
Notate quanti personaggi escono valorizzati da quelle ripetizioni che invece molti fans hanno bollato come mancanza di idee: davvero niente male per un regista/autore che per molti ha "perso il suo tocco".
Prima che uscisse Episodio I, Internet era pieno di finte sceneggiature scritte dai fans, che ipotizzavano molte versioni possibili e contenevano ciò che loro avrebbero voluto vedere al cinema, e lo stesso successe prima dell'uscita di Episodio II.
Io ne lessi alcune, anche interessanti, poi andai puntualmente al cinema a confrontare le idee dei fans con ciò che aveva partorito la mente di Lucas.
Risultato? Credetemi: Star Wars è meglio lasciarlo scrivere a lui.
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