Con questo numero inauguriamo qualcosa di speciale: la prima puntata di un vero e proprio mini-romanzo ambientato nell'universo di Star Wars, e collocato cronologicamente dopo i fatti raccontati ne Il ritorno dello Jedi. Ritroverete perciò i beniamini della trilogia originale che in quest'avventura si troveranno catapultati su Dotainus IV, un remoto pianeta nel quale due razze incredibili stanno per iniziare una guerra, ma in cui si nasconde anche una misteriosa minaccia, insidiosa come lo stesso Lato Oscuro… La prova della nostra autrice, Pamela Marsilii, è davvero ambiziosa, e l'avventura appassionante nel più classico stile di Star Wars. Per cui, niente di più facile che la lettura di questa prima parte vi lasci con il fiato sospeso, ma non temete: le altre due puntate verranno immancabilmente pubblicate nei prossimi due numeri di GSNet. A questo punto non vogliamo dilungarci oltre. Immaginatevi soltanto il logo della 20th Century Fox con la fanfara che fa strillare le sue note, e poi il cielo nero e tante, tante stelle…

Tanto tempo fa,
in una galassia lontana lontana...

STAR WARS: ALBA DI GHIACCIO
Parte I

di Pamela Marsilii pammars@hotmail.com

La guerra era finita. L'impero era stato sconfitto, l'Imperatore Palpatine era morto. Ma il Lato Oscuro della Forza non può essere distrutto: è la perpetua lotta tra esso ed il Lato Chiaro a definire l'esistenza dell'Universo stesso.

Lotta eterna, con vincitori e vinti: per chi viene sconfitto si tratta solo di una resa temporanea in attesa di una nuova battaglia. Luke Skywalker sapeva già tutto questo, mentre si recava sul pianeta Dotainus Quarto del sistema periferico di Letha; e sapeva anche che il Lato Oscuro lo stava aspettando da qualche parte, in silenzio...

Le schegge dell'elaborata e pesante bottiglia di liquore andarossiano schizzarono in tutte le direzioni, lasciando sulla parete una grande chiazza scura di liquido denso e vischioso, che colando ricoprì parte delle macchie che già incrostavano quel muro a perpetua testimonianza di precedenti divergenze d'opinioni.
La testa a cui era destinato il colpo si rialzò velocemente, a scatti, e caricò l'avversario in pieno petto potendo sfruttare - per la prima volta dall'inizio dello scontro - la piccola statura e la sottile e affilatissima membrana ossea che dal centro dell'arcata sopraccigliare percorreva in crescendo tutto il cranio, come una vela, fino a riimmergersi nella spina dorsale. Le sue punte si insinuarono facilmente tra le coriacee placche pettorali dell'altro, affondando nella carne bianca e filacciosa, e facendolo crollare all'indietro su uno dei tavoli a braccia e gambe larghe.
Nessuno dei presenti era sufficientemente pazzo da avvicinarsi ad un canceroide appena battuto ed umiliato in pubblico, specie se da uno stupido 'anfibide mangiafango', e quindi fu reputato molto più saggio portare in salvo le proprie ordinazioni, mentre altri, semicelati negli anfratti più bui della taverna, approfittarono dello spettacolo per portare a termine quegli affari che non necessitavano certo dell'attenzione di estranei.
E nessuno notò un mantello scuro e pesante appoggiato con cura al fianco di un giovane uomo che finiva la sua cena, apparentemente disinteressato a ciò che stava accadendo a pochi metri da lui. Accanto al suo gomito un piccolo droide era - al contrario - molto eccitato per la lotta in corso, e la sua calotta semisferica era in continuo movimento per non perdersi nulla, pigolando commenti ora entusiasti, ora denigratori nei confronti di uno o dell'altro contendente.
- No, non è stato scorretto, C1: era l'unica arma che aveva a disposizione in quel momento, e per di più contro un avversario notevolmente più forte... Ha usato l'intelligenza. - Parlò con voce paziente, posando la destra guantata di nero sul suo amico metallico. Rilassandosi sulla sedia e osservando il bicchiere di fronte a sé si chiese se la sua sete era veramente così bruciante da dover ricorrere a quel siero torbido che l'oste - in una notevole dimostrazione di capacità di astrarre - aveva definito 'vino nostrano'. Be', in fondo anche la fantasia era una prova d'intelligenza.
L'atmosfera all'interno del locale si era rasserenata (solo qualche colpo di un laser economico verso un giocatore sospettato di baro), mentre l'anfibide vincitore cercava di allontanarsi velocemente, strisciando nell'ombra. Strisciò anche vicino ad un'altra cliente seduta da sola, poco più avanti, che non si degnò di notarlo.
Entrata poco dopo l'uomo accompagnato dal droide, si era accomodata voltando loro le spalle, senza mai girarsi nella loro direzione. Neanche di sfuggita. Sembrava d'altra parte molto interessata alla propria immagine, visto che non aveva fatto altro che rimirarsi in un piccolo specchio dorato. Osservata da dietro non pareva umana, o perlomeno non completamente: i grandi ed elaborati lobi delle orecchie incorniciavano una lunga chioma di un colore iridescente, indefinibile, mentre il resto era ragionevolmente umanoide, semicoperto da abiti incredibilmente appariscenti, per essere di così ridotte dimensioni. E gli occhi... privi dell'iride, scurissimi, e circondati da una fitta rete delle rughe sottili di un viso non più giovane. Ma guardare qualcuno alle spalle e poterne vedere gli occhi riflessi in uno specchio può significare una sola cosa: anche quegli occhi stanno guardando noi.
L'uomo sollevò il bicchiere soprappensiero, appena in tempo per veder scivolare dentro uno scarafaggio che si era avventurato sul bordo. Decise che in fondo non aveva poi così sete, concordando con il sibilo schifato del suo compagno.
- Se non altro qui ti hanno fatto entrare... - riconobbe mentre si alzava dal tavolo, lasciando qualche spicciolo, e scavalcando il sospetto baro ora sicuramente morto. Si avviarono verso l'uscita, e quella piccola superficie riflettente non li lasciò fino all'ultimo momento.
La sera era fredda, anche se luminosa: una stella molto vicina al sistema continuava a rischiarare il pianeta anche per gran parte di quella che sarebbe dovuta essere la notte; ma era troppo lontana per riuscire anche a scaldarla.
Mentre si sistemava il mantello sulle spalle il suo piccolo amico non poté fare a meno di continuare a commentare la cena, ed i vari clienti. Una, in particolare.
- Sì, sì ... l'ho vista... - gli concesse - Dai, su: domattina abbiamo un appuntamento importante! -
E, dopo un ultimo pigolio interrogativo: - Mmh, forse... Un po' troppo vanitosa, per i miei gusti. -
Le loro ombre si riflessero in una serie di pozzanghere maleodoranti, e vennero scomposte dal passaggio furtivo di un grosso ratto palmato che si fermò ad osservarli per un istante, prima di guizzare nella fogna più vicina.

Uno

L'aria della mattina era fresca e frizzante, anche se all'interno di uno degli hangar della città bassa era quasi impossibile accorgersene. L'odore del carburante stantio e del lubrificante erano più potenti di qualsiasi timido tentativo da parte della primavera di farsi annunciare. Solo i bambini, incuranti delle stagioni (sia climatiche che politiche), continuavano imperterriti nei loro giochi: ma nel loro tentativo di emulare il Grande Gioco della Guerra non si rendevano conto delle sue terribilmente reali conseguenze. Nella realtà le ferite sono dolorose, la paura soffocante, la morte...irrimediabile.
Poco lontano da loro una figura stava seduta su una cassa da trasporto, stringendosi le braccia per azzittire il brivido che le correva giù per la schiena. Sospirò abbracciandosi le ginocchia: una principessa... figlia di consoli, ambasciatrice, comandante delle forze Alleate e completamente impotente di fronte alla capacità dell'uomo di abituarsi a tutto, anche quando abituarsi significa arrendersi alla logica della violenza. Che fare contro una mentalità che si è radicata ormai da decenni?
Accanto a lei venne a sedersi, stanco ma soddisfatto per la buona trattativa appena conclusa, il pilota della grande nave che imperava al centro del piccolo deposito. Massaggiandosi una spalla e il collo con una mano ancora sporca di grasso si vantò dell'affare che era riuscito a portare a termine.
- ...Per lo scafo non c'è più problema, i pezzi si possono recuperare tutti; ho trovato anche due paraboliche eccezionali ad un prezzo ridicolo (per ora possiamo fare con due) e per l'impianto di raffreddamento ha detto che ci penserà lui... Ehi, Altezza, mi dà udienza?
- La Principessa non diede segno di averlo ascoltato, ma posandogli una mano sul braccio lo invitò fra i suoi pensieri: - Han, tu come spiegheresti ad un bambino che giocare a uccidere è sbagliato? -
- Bambino? Quale bambino? Leia, sei sicura di star bene? -
Il magazzino era di nuovo vuoto, intorno a loro, ed il vociare dei monelli proveniva da un altro corridoio, dove pareva avessero fatto prigioniero qualcuno che si ostinava a far presente il proprio curriculum di droide di protocollo.
-...Guarda che se continui a parlarmi di bambini - continuò Han con tono suadente - potrei anche prenderla come una proposta... -
- Parlare con un Wookiee dà sicuramente più soddisfazione che discutere che te! Allora: hai trovato tutti i pezzi che questa carcassa volante si è persa per strada? -
Punto sul vivo (e 'quella' sapeva sempre dove colpire) si erse in tutta la sua altezza a difesa del suo Millennium Falcon: - Primo: quella 'carcassa' è una signora nave, che ha salvato la tua aristocratica epidermide più di una volta; secondo: i pezzi sono stati danneggiati dalla guida di quel pilota da strapazzo di Calrissian, a cui presenterò il conto; terzo... - la sua arringa fu interrotta da un latrato proveniente dalla stiva del Falcon, da cui emerse quel famoso Wookiee con cui dà tanta soddisfazione parlare:
- Che c'è Chewie?...NO! Al contrario! Ma quante volte te lo devo ripetere? Vanno montati al contrario! Vuoi farci saltare tutti quanti?... - Prese Leia per un gomito, ignorando deliberatamente l'occhiata di rimprovero che gli aveva lanciato - Vieni con me: manca ancora un pezzo importante, e mi fido di una sola persona, da queste parti... -
- Non dirmelo: è per l'iperguida? -
- L'iperguida-è-una-cosa-delicata - le scandì con parole semplici - pertanto-si-danneggia-facilmente... Chiaro? -
Svoltarono l'angolo dove un droide antropomorfo era stato legato ad un palo da un gruppetto di ragazzini di razze assortite molto curiosi di sapere come era fatto dentro. Appena vide arrivare i due agitò per quanto poteva un braccio dorato per richiamare la loro attenzione:
- Altezza.... Altezza!... Generale Solo! Aiuto! Sono stato fatto prigioniero! -
La sua voce fu coperta da quella di uno dei rapitori: - Taci, sporca spia ribelle, o ti tortureremo! - Il droide non impallidì solo perché non gli era possibile. - O Cielo!... Siamo stati scoperti! -
Il generale Solo si rivolse con rassegnazione alla sua compagna: - Che facciamo? Lo finiamo prima che ci presenti ufficialmente a tutta la comunità? -
- Han smettila... Chewbacca ci pensi tu? - Il Wookiee li aveva seguiti, ed ora li superò a passi lunghi e dinoccolati per 'salvare' l'androide prima che dicesse altro. Mentre scioglieva le corde Han gli si avvicinò: - Ecco, bravo... E poi continui a pensarci tu, vero? - E al ruggito di protesta del suo secondo pilota rispose: - Perché finora ce lo siamo accollati noi, perciò ora tocca a te! -
Liberatosi di loro corse dietro alla sua Principessa che aveva continuato a camminare senza prestare attenzione a ciò che la circondava. Quando la raggiunse la domanda lo colse alla sprovvista: - Perché sei voluto venire anche tu su Dotainos Quarto? -
-....Come 'perché'? Ve l'ho detto: il porto di Dotainie Inferiore è il più grande deposito di ferri vecchi del quadrante, se ti serve qualcosa qui lo trovi sicuramente e senza spendere una fortuna... sempre se non indaghi troppo sul precedente proprietario... - La battuta cadde nel vuoto, e Leia continuava a guardarlo in modo strano. - Ehi! Non penserai che... Ah! Non penserai che sono venuto per fare da balia al tuo fratellino?! E' grande, no? Ed ha voluto diventare un potente Jedi! Se qualcuno lo chiama per un qualche motivo e lui ci va, avrà le sue ragioni, no? - Il suo tono non era affatto convincente.
- Sei molto preoccupato anche tu, vero? -
- Forse non mi sono spiegato... - continuò senza guardarla negli occhi.
- Sì, invece. Credo proprio di sì. - Si sedette stancamente sul bordo di una vecchia cesta abbandonata al margine della strada, e Han di fronte a lei, sui talloni. Le prese le mani.
- E va bene - si arrese - Sai dov'è? -
- No, non l'ho più cercato da quando ci siamo separati. E non voglio farlo: sembrerebbe un atto di sfiducia nelle sue capacità... -
- Sfiducia? E' una pura questione pratica: per il rifornimento dei viveri del viaggio di ritorno devo sapere quanti passeggeri ci saranno, quindi devo sapere se lui... se lui sarà abbastanza vivo da venire con noi, ecco. - Il nervosismo trapelava dalla voce, poiché detestava dover ammettere di essere così legato a qualcuno. E da quando aveva conosciuto Luke Skywalker (e soprattutto sua sorella, la Principessa Leia Organa), da quando aveva scoperto l'intima gratificazione di compiere un'azione non solo per se stessi, ma per qualcosa di più grande, come la difesa di un ideale... aveva dato un nuovo significato alla parola 'amicizia'.
La Principessa respirò profondamente, per prepararsi al contatto telepatico.
Ma all'ultimo momento si riprese e volle sincerarsi di una cosa: - Sei sicuro che non ti dà fastidio? -
- Ma che dici: certo che no... -

E invece gliene dava molto di fastidio, eccome. Il legame profondo ed esclusivo dei due gemelli era qualcosa che lui non capiva, e che, cosa veramente insopportabile, sapeva che non avrebbe capito mai.
MAI.
La Forza scorreva in quella famiglia, Luke era uno Jedi e presto la sorella lo avrebbe seguito; insieme erano destinati a cambiare la storia, e tutto quello che un semplice buon pilota poteva fare era scorrazzarli in giro. Oltre che stare a guardare, naturalmente. E pensare che fino a qualche tempo prima rideva in faccia a chi gli parlava delle antiche dottrine...
Guardò Leia mentre si concentrava, in cerca di un luogo e di una persona distanti da loro. Vide i suoi occhi farsi vitrei, fissi su qualcosa che lui non poteva vedere, e sentì le sue mani gelarsi, come se tutte le sue energie fossero necessarie per qualcosa di molto più importante. Sarebbe stata solo questione di un attimo... sapere che non gli era accaduto niente...e forse Luke non se ne sarebbe neanche accorto. Han le strinse le mani, nel tentativo di scaldarle, e nonostante tutto in quel momento si sentì onorato di essere lì con lei: anche se era un uomo comune lo aveva scelto (sicuramente la Principessa aveva avuto ben altre possibilità di un ex-contrabbandiere corelliano) e si fidava di lui. E questo era molto importante.
Il contatto mentale si sciolse, e lei gli sorrise, un po' più stanca, un po' più serena. Non fu necessario aggiungere altro.
La aiutò ad alzarsi, e mentre lei si accingeva ad appoggiarsi contegnosamente al suo braccio lui si liberò e la strinse intorno alle spalle, posandole un bacio fra i capelli.
- Perché questo, adesso? - gli chiese con un sorriso.
- Qualcosa in contrario, Altezza? -
- No, ma...-
- Allora non discuta su tutto quello che faccio. Muoviamoci.-

L'alba d'oro era uno spettacolo straordinario, ed in quella mattina Luke si era fermato solo un momento a guardare il cielo, prima di avviarsi verso la città alta. Veniva chiamata 'd'oro' per la particolare luminosità dai toni caldi e accesi del sole di quel sistema, che infondeva alle cose un calore speciale per tutta la mattina fino a quando, verso la fine della giornata, sorgeva anche Drasa Rhigos, l'unica nana bianca del settore, abbastanza vicina a Dotainos da stemperare (con la sua luce azzurra e fredda) tutte le sfumature più accese. Questa era 'l'alba di ghiaccio', l'alba di una stella morente invidiosa di tutto ciò che era vita. Ma ci sarebbero volute ancora diverse ore prima che potesse uccidere anche quel giorno.
Aveva appena salutato sua sorella e Han raccomandando di non preoccuparsi (e loro lo avevano tranquillizzato, mentendo spudoratamente) e si stava avviando a Palazzo.
Già tra le ultime case del porto era possibile distinguere l'edificio enorme e scuro arroccato su una delle pareti della conca dove sorgeva Dotainie, e che da là dominava tutta la valle. La separazione tra la costruzione e il terreno era invisibile, come se le sue mura fossero cresciute dal suolo, nere e vitali. Il disagio che provava Luke andava aumentando sempre di più. Qualcosa lo avvertiva del pericolo, e soprattutto lo metteva in guardia da tutto ciò che lo circondava: c'era un'atmosfera strana che permeava l'aria, e gliela rendeva soffocante. Appoggiò la mano sul piccolo e testardo droide che neanche con le minacce avrebbe rinunciato ad accompagnarlo, ed insieme si avvicinarono all'ingresso dove due guardie li stavano aspettando. Erano anch'essi canceroidi, e la corazza caratteristica della loro specie rendeva superflua qualsiasi altra armatura, mentre la grossa chela che sostituiva la mano destra rendeva superflua qualsiasi altra arma.
Lo guidarono attraverso un dedalo di corridoi e angusti passaggi bui, che si dilatavano improvvisamente in ampie sale luminose e caldissime, dalle forme morbide, dove numerose e sottili colonne svettavano verso l'alto, come fasci vegetali che si congiungevano e ramificavano a diverse altezze.
..."Proposta di reciproco interesse" aveva riferito il messaggio olografico. Gli era stato recapitato un paio di settimane prima, e lo aveva incuriosito molto. La figura apparsa dal piccolo trasmettitore era quella di un uomo imponente, deciso e sicuro di sé, che invitava il maestro Jedi Luke Skywalker nella sua modesta dimora, per un incontro. Non aveva aggiunto altro. Una trappola? Han e Leia ne erano convinti, ma Luke pensò che sarebbe stato troppo banale, e quell'uomo non pareva tipo da scegliere una soluzione così facile. Sentiva che doveva andare, e scoprire che cosa c'era sotto.
Intanto Leia aveva condotto delle indagini per suo conto, e gli aveva riferito che il suo ospite era nientemeno che l'Arconte di Dotainos Quarto, Mados Khelai, che aveva continuato a governare il pianeta anche dopo l'avvento dell'Impero, in cambio di informazioni e denaro. Informazioni sull'attività ribelle nel quadrante e denaro estorto con tasse insostenibili per la maggior parte della popolazione. Nessuno, comunque, era riuscito a scoprire il motivo dell'invito.
Al termine dell'ennesimo androne una rampa irregolare portava alla sala delle udienze dove un altro militare (sembrava di grado superiore) lo pregava di attendere, poiché sua Signoria sarebbe giunta fra poco. Tanta cortesia sembrava fuori luogo, in una creatura di tali fattezze, e la voce gracchiante tradiva un'indole rissosa, trattenuta a stento. Prima che si voltasse, Luke notò una ferita molto recente tra le sue due placche pettorali.
Da una immensa finestra era possibile ammirare tutta la città inferiore, inginocchiata di fronte alla magnificenza sconcertante di questo edificio privo di ogni logica costruttiva.
- Stupefacente, vero? - La voce giunse alle sue spalle, nitida e tonante. - Molto lieto di averla qui, Cavaliere. - Erano molti anni che quel titolo non veniva più usato... - Io sono Mados Khelai, come già saprà. -
- Sono onorato per l'invito. Questi è C1-P8, e siamo... - - ... Curiosi di sapere perché l'ho fatta chiamare, certo. Sapevo di attirare maggiormente la sua attenzione con un messaggio misterioso, ed inoltre non erano argomenti da affidare ad altre orecchie oltre le nostre. - Si sedette con gesto teatrale sul trono al centro della sala, drappeggiandosi l'ampio mantello su una spalla. Non erano presenti altri mobili, all'evidente scopo di far sentire a disagio tutti coloro che richiedevano udienza all'Arconte. Luke infatti rimase in piedi, sorridendo fra sé di tanta arroganza.
- Bene. Ora che sono qui, può illuminarmi. -
Il ghigno rimase immutato, ma lo sguardo del padrone della città non avvezzo al sarcasmo divenne duro e tagliente. E decise di raffreddare immediatamente la sfrontatezza di quel ragazzo:
- Mio nipote è figlio di Jedi. Voglio che venga istruito. - Luke non gli diede la soddisfazione di farsi sorprendere da una tale notizia, e si limitò ad un laconico - Davvero? -, mentre molte, moltissime domande gli affollavano la mente. Un figlio di Jedi sopravvissuto alla strage... Un altro! Si era sempre chiesto se lui e Leia erano gli ultimi, come gli era stato detto dai suoi maestri, e probabilmente questo era ancora molto giovane, e ciò avrebbe semplificato moltissimo l'addestramento, e.... buon Dio, non ci sperava più... ma non poteva permettersi di esporsi così con Khelai. Anzi, più i minuti passavano, meno si fidava di lui.
Continuò nel suo bluff: - Erano molti gli Jedi che avevano una famiglia e dei figli: era prevedibile che qualcuno di essi sia sopravvissuto. Sicuramente sono anche in discreto numero, ma non si azzardano ancora ad uscire allo scoperto. Ed è comprensibile, dopo le persecuzioni dell'Imperatore. -
- Può darsi, può darsi. Ma nessuno di loro è figlio di Jasiah Neah Forceheir. -
Quel nome fu come un fulmine a ciel sereno. Forceheir era diventato sinonimo di coraggio, eroismo, giustizia da generazioni: quella famiglia vantava tra i più valorosi Jedi della storia, e quasi tutti erano morti in combattimento. L'Imperatore naturalmente aveva tentato di corrompere anche loro, sarebbero stati eccellenti alleati: ma nessuno aveva ceduto al Lato Oscuro. Tutti i Forceheir catturati avevano scelto la morte, a differenza di...
- Jasiah Neah aveva sposato mia sorella - continuò Kheilai - ed alla loro morte mi sono occupato io del ragazzo. -
- Che cosa è successo, esattamente? - Le cronache riportavano pochissime notizie su Jasiah Forceheir, un inizio promettente costellato di brillanti missioni ed eccezionali risultati nell'approccio alle Vie della Forza (come tutti si aspettavano dall'erede di una tale tradizione) e poi il silenzio. Come se fosse scomparso nel nulla.
- Un banalissimo incidente. Si erano conosciuti per caso, e lui aveva lasciato tutto per venire da lei. E poi, forse, qui si sentiva più tranquillo che in mezzo alla guerra... Non si può certo dargli torto! Avevano tutta la vita davanti, e il destino ce li ha voluti portar via. Che tragedia... -
Luke lo guardò con la coda dell'occhio. Non credeva ad una sola parola, tranne che alla presenza del figlio dei Forceheir. Riusciva a distinguere ora quella sensazione che lo aveva accompagnato da quando era sbarcato su Dotainos Quarto: era come una luce, un debole e timido raggio di luce soffocato da ombre che cercavano di assorbirlo in sé, prima che potesse imparare a difendersi. Ed era in pericolo.
- Quanti anni ha? -
Gli occhi grigi dell'Arconte si illuminarono, accendendo di riflessi ancor più rossi la sua folta capigliatura, certi di aver ottenuto ciò che volevano: - Dodici, soltanto dodici - proferì con ghigno da predatore - Può incontrarlo quando... -
- Visto che siamo qui... -
- Perfetto! Rages, RAGES! - ordinò rivolto al suo ufficiale - Benigas razwahi eneda rogai Kristopher-dan! - Velocemente si diresse verso l'uscita, facendo cenno di seguirlo. Jedi e droide si lanciarono un'occhiata perplessa, e il primo non poté fare a meno di mormorare: - Visto, C1? Basta così poco per far contento un Arconte... - L'altro non fu affatto convinto.

Due

Dita di luce dorata filtravano attraverso le foglie del rampicante cresciuto sulla pergola a sospensione nel centro del piccolo giardino, e Leia si stupì delle sfumature che assumevano quando andavano a riflettersi sulla superficie della bevanda aromatica azzurra dal nome impronunciabile.
- ...E così, ti sei dato al commercio legale... Finalmente un lavoro degno di questo nome, Solo.-
Di fronte a loro era seduto l'uomo alto a asciutto di cui Han diceva di fidarsi ciecamente. Aveva già i capelli bianchi, che portava lunghi e legati sulla schiena. - Allora, ditemi: che posso fare per voi? -
- Beh, ecco... vedi, è per il Millennium... mi occorrerebbe un pezzo un po' particolare e... voglio il meglio sul mercato. - Han non si voltò mai verso la Principessa: sapeva di sconcertarla con questo suo imbarazzo nei confronti di quell'uomo.
- Il Millennium Falcon ?! Tu! L'avevo affidato a Lando, non a te! -
Gli occhi di Han si strinsero in due fessure: - Non è colpa mia se non sa giocare -
- Vedi, mia cara - spiegò a lei versandole altro w'serkass - Calrissian era uno dei miei ragazzi migliori, se necessario continuava un lavoro anche per tutta la notte... -
- Veramente quello ero io - borbottò Han dentro il suo bicchiere.
- ...ed era il più portato per le relazioni pubbliche -
- ...alla sala da gioco all'angolo -
- Inoltre ho saputo che è diventato governatore di una importante città nel...-
- E' stato licenziato - sibilò il corelliano non senza una punta di soddisfazione.
Ignorandolo l'altro continuò: - Un tipo di classe, vera classe. Dovresti conoscerlo. Perché non li presenti, Solo? Un fiore come questo merita certamente di più di quello che tu... -
- Puoi procurarmi ciò che ti ho chiesto, o no? - Tagliò corto lui a denti stretti. Stava per esplodere...
Il padrone di casa scoppiò a ridere: - Va bene, va bene: un attimo di pazienza! Non hai imparato proprio niente di quello che ti ho insegnato? -
Si congedò con un inchino, e stava allontanandosi quando la pergola sopra di loro si mosse con un sibilo, intenzionata a seguirlo. - No, tu devi rimanere qui a fare ombra ai nostri ospiti. - La grata sospesa su cuscinetti d'aria riprese la sua posizione, visibilmente risentita, facendo ondeggiare i rami pendenti della pianta che le era cresciuta sopra.
La lunga veste bruna dell'uomo sparì dietro una porta a scorrimento pneumatico dietro di loro, e Leia appoggiò il gomito sul tavolo, ed il mento sulla mano, rivolta al suo compagno, in attesa. La spiegazione non si fece aspettare, proveniente dall'uomo al suo fianco che, sprofondato nella sua poltrona, non distolse lo sguardo torvo dalla parete di fronte a sé.
- Ero giovane, molto giovane, in cerca di avventure ma soprattutto di un tetto sopra la testa; seppi che qualcuno offriva lavoro da queste parti come apprendista in una specie di 'officina'... Eravamo diversi ragazzi, alcuni disperati, e Gregius Madei ha accolto tutti senza fare domande; chi per qualche giorno, chi per qualche mese. In cambio di un po' di impegno ci ha dato moltissimo: un letto, un piatto caldo... ma principalmente ci ha insegnato tutto ciò che occorreva su motori e navi. E a guidare come sapeva guidare lui. - - E tu adoravi la terra dove posava i piedi... e lui adorava Lando. Giusto? -
Han brontolò qualcosa di incomprensibile, e poi aggiunse sottovoce: - Adesso mi sono ricordato il motivo per cui allora me ne ero andato anche da qui. - Finì la sua bevanda in un unico sorso, sperando di poter far sparire i suoi pensieri nello stesso modo.
- Tutto risolto! - La voce trionfante di Gregius li fece sobbalzare - Il tuo prezioso pezzo è già nelle mani pelose del tuo secondo pilota. Be'? Non mi ringrazi? -
- Ah sì, sì, certo... ti siamo molto grati... ti pagherò più tardi, come d'accordo. - Prese la mano di Leia per farla alzare - Andiamo? -
- E dove la vorresti portare? A guardarti mentre imprechi contro un convertitore? Se la fanciulla è d'accordo, vorrei che mi facesse un po' di compagnia, non capitano spesso visite così gradite... ed io sono solo un vecchio pettegolo che ha già annoiato tutto il quartiere con le sue chiacchiere. -
C'era qualcosa che la tratteneva in quella casa, sentiva di dover rimanere con lui. Da sola. Forse era quel lampo che aveva intravisto nei suoi occhi segnati da una ragnatela di rughe, e che tradiva una vitalità ancora molto forte, al contrario di quanto voleva mostrare.
- Bene, signor Madei. Resterò volentieri. Ti raggiungerò più tardi, Han, aspettami all'hangar. -
Non credendo alle proprie orecchie finse indifferenza: - Benissimo, allora: come vuoi. - Si voltò sui tacchi ed uscì, rimpiangendo le antiche porte su cardini, che in occasioni come quelle potevano essere sbattute con tutta la rabbia di cui si era capaci.
- Dimmi, cara - Rimasti soli la prese sottobraccio - Come hai fatto a finire con quello sciagurato? -
- Ci siamo conosciuti per... un affare. E Han non è affatto uno sciagurato, anzi lui...-
- Sì, senz'altro - la interruppe ridendo. - Ancora sete?... Penso io ai bicchieri! Sono un povero vecchio ma so ancora come fare gli onori di casa alla... - la fissò diritto negli occhi, e sembrò improvvisamente un altro uomo - ...Principessa Leia Organa -.

Il ciuffo di capelli rossi come quelli dello zio ricopriva anche gli occhi puntati a terra del ragazzino tutto pelle e ossa che a pugni serrati gli era stato trascinato davanti. Se non altro, Khelai non aveva mentito sulla loro parentela.
Sulla sua spalla destra era posata come un artiglio l'unica mano a quattro dita dell'alto funzionario canceroide di corte, dotato di una corporatura particolarmente possente anche per la sua specie, che amava ricoprire in parte con un drappo di tessuto molto prezioso fermato da una catena d'oro: Luke ebbe l'impressione di aver incontrato solo ora il vero padrone di Dotainos.
La voce dell'Arconte riempì di nuovo la sala: - Maestro Skywalker, questo è Kristopher Forceheir. -
Le dita coperte anch'esse dalle scaglie della corazza nera e lucida del funzionario si strinsero sulla clavicola sotto di loro, ottenendo solo una smorfia di dolore ed una rabbiosa occhiata verso l'alto. Lo Jedi si avvicinò lentamente a questo cucciolo fiero ed ostile a tutto il mondo, con la circospezione che si riserva per colui al quale si porta rispetto. - Sono lieto e onorato di fare la tua conoscenza, giovane Forceheir - gli disse con tono gentile. Non ottenne nessuna risposta, se non un irrigidirsi di tutto il corpo. Luke alzò lo sguardo verso il canceroide, mentre la sua gentilezza era scomparsa: - Lascialo. -
Non aveva l'intenzione di manipolare la sua mente: non si trovava di fronte ad un essere comune, non sarebbe stato così facile, e soprattutto non era il momento opportuno. Si limitò a dare un ordine a chi sicuramente non era avvezzo a riceverne, e l'indignazione per l'insolenza subita avrebbe condotto allo scopo. Almeno per la prima volta. Infatti l'alta figura si erse ancor di più in tutta la sua statura, e nonostante fosse quasi impossibile decifrarne l'espressione sul viso rigido e negli occhi sporgenti completamente neri era chiaro che si sentiva offeso come se avesse ricevuto uno schiaffo. Impreparato alla cocente umiliazione allentò la presa, e il ragazzino ne approfittò immediatamente per sparire dietro l'angolo più vicino. "Buon tempismo, Kristopher" Luke gli fece un complimento usando la telepatia: gli piaceva pensare che forse l'avrebbe potuto sentire.
Si rivolse a Kheilai, voltando volutamente le spalle alla collera crescente dell'altro, in segno di totale noncuranza, mentre il piccolo droide si stringeva sempre più al mantello del suo amico umano, sorvegliandogli le spalle con la sua piccola telecamera a periscopio e pigolando qualche minaccia a cui nessuno badò.
- Se non vuole essere istruito, non posso costringerlo. - - Di questo non si deve preoccupare. Mio nipote cambia idea facilmente. E' solo un ragazzo...-
- Infatti: ed immagino sia facile influire sulle decisioni di chi è ancora troppo debole per opporsi. - La sua voce era fredda, ma sentiva fortissimo dentro di sé l'impulso di colpire quell'uomo tracotante, che si arrogava il diritto di manipolare una vita che invece avrebbe dovuto anteporre alla propria.
- Maestro Skywalker... -
- Come ho già detto non sono un maestro. - Per quanto non gli importasse della loro opinione, non voleva un onore che non meritava - Sono solo uno Jedi e non ho mai istruito nessuno prima. E' un compito che richiede una grande responsabilità in primo luogo nei confronti dell'allievo, e non si accetta con leggerezza. ...E non mi convincerete né con ipocrite lusinghe né con.... denaro - Prevenì anche l'ultima offerta che l'Arconte stava per fargli, ammutolendolo. Questi comunque si riprese subito sfoderando di nuovo il suo sorriso da predatore: - Ha perfettamente ragione, una decisione simile va ponderata con attenzione. Non la deve prendere subito, ci rifletta per tutto il tempo che vuole. E si ricordi - gli posò una mano sulla spalla - è per il bene del ragazzo. -
Luke si staccò subito, desideroso solo di allontanarsi da quei sciacalli il più velocemente possibile - Bene, vi farò sapere. -
Aveva già raggiunto l'altra estremità della sala quando lo toccò per la prima volta la voce profonda dai toni gutturali del canceroide:
- Che la notte sia serena e che porti saggi consigli, Lord Skywalker.-
La mano sempre poggiata sulla calotta di C1 si chiuse istintivamente in pugno, ma l'uomo continuò a camminare, senza voltarsi indietro.

Han osservava con una espressione a metà strada tra la preoccupazione e il disgusto lo sciame di axlasimi che svolazzavano attorno al suo Millenium: forse abbastanza intelligenti da poter effettuare una riparazione ma evidentemente troppo stupidi da prendere una benché minima iniziativa individuale.
- Può darrsi, ma è ssicuramente la mano d'opera più echonomica a dissposizzione al momento... ed inoltre fa rissparmiare ssulle impalcaturre! -
Il piccolo essere al suo fianco gongolava pieno di soddisfazione nel vedere le sue scimmie volanti all'opera.
- Bada che facciano un buon lavoro alla mia nave, Tasel, altrimenti guardarti in faccia sarà ancor più difficile di quanto non lo sia ora. -
La creatura si contorse in una smorfia di indignazione, cambiando colore: - Se Grregius Madei ssi fida di noi, a maggior rragione puoi farrlo tu, Ssolo! - Poi aggiunse con tono velenoso: - Ssai, alchuni 'chollaboratorri' di Jabba the Hutt ssono venuti a cerrcarti qui ... Mi è sstato chiesto di avvertirrli, sse ti avessi visto... in cambio di una bella ssommetta. -
La giornata stava andando di male in peggio.
Han si chinò verso di lui, fino a che il suo viso fu a pochi centimetri dal gruppo di occhi dell'altro, e afferrandolo per un tentacolo sibilò: - Se vuoi avvertirli, fa' pure, ma dovrai prima rintracciare tutti i loro pezzi sparsi sul deserto di Tatooine. E ricorda che i pezzi più grossi sono quelli di Jabba. -
Il colore del suo interlocutore cambiò di nuovo, diventando identico a quello della parete: la mimetizzazione era la tipica reazione di quella specie agli spaventi.
Han lo lasciò, e pulendosi la mano appiccicosa nei pantaloni si drizzò in cerca del Wookie, appena in tempo per evitare un colpo di laser che lo sfiorò al braccio. Con un agile salto si portò al riparo, estraendo contemporaneamente la pistola, e fu al fianco dei suoi compagni pronti allo scontro: Chewie aveva già imbracciato il fucile e D-3BO si era già eclissato dietro una porta. Stavano per rispondere al fuoco dei tre grossi canceroidi di fronte a loro quando altri colpi furono sparati alle loro spalle, verso le guardie. Più indietro infatti stavano scappando alcuni anfibidi, ma non furono abbastanza veloci.
Le tre grosse figure superarono Han e gli altri senza degnarli di uno sguardo, e raggiunti i corpi dei feriti li finirono inferendo tremendi colpi con le chele. Un soldato staccò un braccio dalle vittime, ma quando stava per portarlo alla bocca quello che sembrava un suo superiore lo fermò con un ordine che doveva essere molto convincente; dopodiché caricarono i corpi sul trasporto da terra che era sopraggiunto e sparirono velocemente.
Han e Chewie rimasero con le armi in pugno e la bocca aperta, si scambiarono un'occhiata allibita e il corelliano parlò con un tono che non ammetteva repliche: - Vado a prendere Leia e Luke, e poi ce ne andiamo. Im-me-dia-ta-men-te. -

Lord Luke Skywalker. Quelle parole gli avevano fatto gelare il sangue nelle vene. Inspirò profondamente, ma senza sollievo: l'aria stranamente calda e umida che stagnava all'interno del Palazzo era quasi insopportabile. Soprattutto nei corridoi che ora stava percorrendo all'indietro, questa volta senza scorta.
Non si poteva dire che quel funzionario dotainiano non sapesse dove colpirlo, ed era stato un colpo basso. Quel titolo era di quell'individuo in cui si era trasformato suo padre Anakin dopo la sua sconfitta contro il Lato Oscuro. Anzi, 'una macchina', come aveva detto una volta un suo Maestro. Lord Darth Vader... un nome che incuteva ancora timore, anche dopo la sua morte, e che simboleggiava scelte molto precise, dalle quali Luke voleva porre più distanza possibile. Ma era anche suo padre, che all'ultimo momento era tornato verso di lui e sua sorella. Non lo avrebbe mai rinnegato, era solo un uomo che ha sbagliato; ma non poteva fare a meno di sentire il peso della minaccia di quell'errore incombere anche su di loro.
Per i Forceheir era stato diverso: mai un dubbio, mai un tentennamento. La leggenda. Al limite del martirio. Gli pareva molto strano, infatti, che il padre di Kristopher avesse abbandonato tutto, anche se all'epoca era molto giovane. Ma ancor più strana era la smania di Mados Khelai di voler fare addestrare suo nipote. Se il Lato Oscuro non fosse stato ricacciato nelle profondità dell'universo (almeno per un certo periodo di tempo) Luke avrebbe temuto seriamente per la sorte del ragazzo; ma così stando le cose Kristopher aveva tutto il tempo per diventare un grande Jedi forte e sicuro di sé: un spina nel fianco di chiunque avesse minato l'ordine e la giustizia da poco riconquistati dopo la guerra. Chiunque: anche suo zio. Possibile che Khelai volesse veramente questo?
Una serie di gorgheggi e sibili eccitati lo scossero dai suoi pensieri: C1-P8 sgusciò attraverso una porta prima ancora che riuscisse a richiamarlo. - C1! Fermo! Dove credi di and... -
Ecco. Ci mancava solo questa!
Lo inseguì e si ritrovò all'aperto, su uno dei giardini pensili che costellavano tutto l'edificio. Piante straordinariamente rigogliose ricoprivano tutta l'ampia terrazza, in una esplosione di fiori e profumi inebrianti. Tra essi riconobbe la calotta metallica del suo droide indisciplinato, e stava per riprenderlo quando si accorse della testa rossa che lo stava esaminando con curiosità appassionata. C1 d'altra parte non si era fatto pregare, e stava sfoderando con orgoglio tutti gli optional che aveva in dotazione. Era una unità C1 molto ben equipaggiata!
- Sembra che tu gli piaccia! Non capita a tutti, sai? - La voce di Luke fece sobbalzare il ragazzino, che corse a raggomitolarsi in un angolo, di nuovo chiuso nel suo guscio impenetrabile. Lo Jedi lo seguì, e gli si inginocchiò accanto sotto ampie foglie striate.
- Dimmi, Kristopher... non ti va di parlare con me? -
- ...Con uno dei suoi tirapiedi? - Dal guscio stavano uscendo gli aculei: era già qualcosa.
- Non sono al servizio di tuo zio. Mi è stato chiesto di conoscerti, e di prendere solo dopo una decisione. E la mia decisione dipenderà solo da ciò che sarà meglio per te. -
- Ah sì? E perché? - Ottima domanda. Per la prima volta lo guardò dritto negli occhi, e quegli occhi esigevano una risposta. Un'ottima risposta.
- Perché sei un Forceheir. La tua famiglia fa parte della nostra storia, per motivi che ti saranno già stati ripetuti fino alla nausea. In te scorre la Forza, e non potrai fare niente per impedirlo. Puoi cercare di ignorarlo, e certo non saresti il primo; ma qualcosa in te lo saprà, e ti sentirai... incompleto. Per tutto il resto della vita. E' una cosa che devi fare per te stesso, prima ancora che per tutti gli altri. -
Aveva toccato un tasto dolente, visto che la risposta fu ringhiata con tono rabbioso: - Io non farò mai niente di ciò che mi dirà lui! -
- 'Lui'? Intendi tuo zio? -
Altro silenzio. Luke si appoggiò al muretto basso, e aspettò ancora un minuto prima di affondare le dita in una piaga aperta. Parlava piano, come se si fosse trovato di fronte ad un cucciolo spaventato e ferito.
- ...Non pronunci mai il suo nome, vero? -
Il suo giovane interlocutore riabbassò lo sguardo e si strinse nelle spalle, incapace di dare un nome alla valanga di emozioni e paure che sempre più spesso travolgevano il suo animo, ancora troppo giovane per fermarle, o per capire. Cercò per l'ennesima volta di allontanarle, senza sapere che l'uomo accanto a lui le aveva sentite. Le aveva sentite tutte.
C1 si era avvicinato timidamente, pigolando preoccupato per il suo nuovo amico, e Luke ne approfittò per distrarre Kristopher da quei pensieri in cui non era bene soffermarsi troppo a lungo, soprattutto per una... mente indifesa.
- C1-P8 è un ottimo pilota: è la mia controparte nella guida del caccia Ala-X che...-
Non riuscì a continuare la frase, che il volto di fronte a lui si illuminò di luce propria: - Un caccia? Un vero Caccia Stellare per Superiorità Spaziale ad Ala-X T-65B monoposto con un armamento di 4 Cannoni Laser e 2 Lanciamissili Protonici?.... -
L'altro trattenne a stento un sorriso: - Ne hai sentito parlare? -
Kristopher divenne di nuovo serio, ma meno di prima: - No. Cioè... forse. Tu... lo guidi sul serio? - Lo stava studiando di sottecchi, e avrebbe dato un braccio per sentirsi rispondere di sì. E questo Luke lo sapeva.
- Certo. Forse un giorno ti farò vedere. Sempre se ti interessa, naturalmente. -
- Naturalmente. Se avrò tempo. - Finalmente si rilassò contro la parete, e poi cambiò argomento: - Non sono in molti ad aver provocato il Granchione a quel modo, e che poi sono riusciti a raccontarlo in giro. -
Questa volta Luke non riuscì a trattenere una risata: - ...Il 'Granchione'? -
- Be'? Che altro sembra? - Non faceva una piega.
Quel ragazzino gli piaceva, ed anche molto, era sveglio ed intelligente e... forse destinato a qualcosa di molto importante. Ma doveva essere lui a decidere, come a suo tempo Luke stesso aveva fatto le sue scelte, senza che nessuno lo forzasse.
- Kristopher, ascoltami. E' molto importante che tu rifletta attentamente su ciò che ti ho det... -
- Sì, sì, lo farò... - tagliò corto il ragazzo, infastidito da quell'argomento che proprio non sopportava. Luke lo prese per un gomito e lo costrinse a guardarlo in viso, prima che scappasse di nuovo.
- Kristopher! Devi promettermi che lo farai! - Respirò profondamente, per calmarsi, e continuò: - Qualsiasi decisione tu prenderai, io la rispetterò fino in fondo. Ma non puoi, e non devi, rimandare ancora. -
Erano in piedi e lo avvicinò a sé prendendolo per le spalle, e improvvisamente sentì tutto il freddo di anni di solitudine, di diffidenza, senza nessuno da amare o da cui essere amato. - Sai che puoi fidarti di me, vero? -
Sì, lo sapeva.
- …Kriss. Papà mi chiamava Kriss - mormorò con un fil di voce. Luke percepì fortissimo il suo desiderio di farsi scaldare da un abbraccio che finalmente avrebbe potuto proteggerlo da tutto ciò che lo circondava, e gli voleva del male. Ma prima che potesse accontentarlo si era già divincolato dalle sue mani ed era sparito chissà dove.
- Vieni, C1. Andiamo via. -

Più in alto, dietro una delle numerose finestre irregolari che si affacciavano sul giardino, due figure si ritrassero nell'ombra.
- Perfetto! Tutto secondo i piani! E' stato persino più facile del previsto! - Gli occhi grigi dell'Arconte Khelai brillavano per la soddisfazione. Il suo scuro dignitario rimase invece impassibile, celando l'insofferenza crescente che provava per il suo 'Signore', e per la sua inclinazione a parlare e ad agitarsi troppo, persino per un umano.
- Non capisci? Se io avrò quello che voglio...niente potrà più ostacolare me...e voi. - Si voltò di scatto, e portò quel suo sogghigno abbagliante fuori da quella stanza, nel turbinio dei drappeggi che gli scendevano dalle spalle.
Rimasto solo con la sua immagine riflessa in quello strano vetro l'altro guardò di nuovo fuori, tra la vegetazione lussureggiante: - Sarà meglio per te, uomo.-

Tre

Era accaduto tutto troppo in fretta.
I colpi alla porta posteriore, l'esplosione per farla saltare, e poi i mobili rovesciati, rumore di stoviglie infrante, ordini furenti in una lingua incomprensibile, provenienti da bocche mostruosamente larghe...

Han stava tornando alla casa di Greg, per una strada che aveva percorso centinaia di volte, tanti anni prima, ma mai con così tanta apprensione. Che cosa diavolo stava accadendo?
...Dita dure e stranamente viscide le stringevano le braccia e le avevano legato i polsi dietro la schiena... Non riusciva più a vedere Greg, qualcuno la stava trascinando tenendola per i capelli... e poi l'odore acre del sangue, il buio... poi più nulla.

Il corelliano arrivò senza fiato, e stava per interpellare il sistema di controllo adibito all'ingresso, quando il fumo proveniente dall'interno lo fece correre sul retro. Entrò attraverso lo squarcio del muro di cinta e vide il giardino bruciato, e l'edificio in rovina.
Cercò di chiamare, ma la voce gli era scomparsa, come se essa stessa fosse terrorizzata all'idea di non ricevere nessuna risposta. Finalmente ci riuscì, e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni: - Leia! Greg! Leia! Rispondimi, LEIA! -
Dentro le stanze era stato messo a soqquadro tutto ciò che non era stato possibile distruggere, e Han spostava pannelli e macerie con la disperazione di chi temeva di dover cercare corpi senza vita. L'ultima porta era bloccata, e dovette usare il laser per forzarla. Attraverso la fessura che era riuscito ad aprire la luce toccò un corpo riverso a terra, scomposto, con le mani ancora legate dietro la schiena e i lunghi capelli sciolti sparsi nella pozza di sangue. Erano capelli bianchi, diventati una bruna cornice al profondo taglio sulla gola. Han dovette appoggiarsi alla parete, per sostenere quel peso che pareva essergli precipitato addosso improvvisamente e che gli impediva di respirare, o di restare in piedi: senza rendersene conto scivolò in ginocchio, mentre dalla finestra di fronte i primi raggi azzurri di Drasa Rhigos cambiavano il colore dell'aria.
Era l'alba di ghiaccio.

- No, non mi pare affatto una buona idea! - Il droide e il Wookie stavano discutendo animatamente nel centro della strada affollata dal mercato. Più esattamente, il droide discuteva e il Wookie lo trascinava di peso.- Pardon Luke sa perfettamente dove siamo attraccati, e sarebbe molto meglio aspettarlo là! E se proprio vuoi cacciarti nei guai, bestione peloso, non c'è alcuna ragione di coinvolgere me! - Il tono isterico era il massimo consentito dal suo modulatore vocale, e al brontolio esasperato del compagno ribatte: - Come sarebbe? Chi non si fida a lasciarmi solo?! -
Voci e colori animavano Dotiate Inferiore, dove commercianti di tutte le razze proponevano merci di tutti i tipi, con l'unica costante di assicurare ottimi affari per i clienti, e la rovina per sé.
D'un tratto il fiume di folla si aprì, tra urla e maledizioni, per lasciar passare un vecchio cingolato a cuscinetti d'aria ad una velocità così elevata da travolgere e scaraventare da parte chiunque non fosse stato abbastanza agile da scappare. D-3BO stava ancora protestando quando la ressa intorno a lui scomparve in un attimo, lasciandolo ad unico bersaglio del mezzo intenzionato a caricarlo in pieno. Ed il bersaglio fu colpito. Abbracciato al muso metallico del trasporto la sua testa fu a pochissima distanza da quelle dei due piloti apparentemente incuranti del nuovo passeggero e di tutte le sue richieste di farlo scendere: le creste ossee dei due si muovevano continuamente, dal quadro dei comandi al carico dietro di loro, dove altri loro simili erano seduti attorno a qualcosa. D-3B0 allungò il collo per poter controllare anche lui e finalmente la vide. - Ma è...ma è... -
Una curva improvvisa ed il mezzo scartò facendolo rotolare nella polvere, e quando vide correre due grandi piedi pelosi iniziò a sbracciarsi: - La Principessa! Hanno preso la Principessa! -
Chewie non rallentò, ma raccolto al volo il droide protocollare si diede all'inseguimento a lunghe falcate. Conosceva tutte le scorciatoie, e non fu difficile raggiungerlo e saltare su una delle sporgenze del portellone posteriore cieco aggrappandosi ad una maniglia con la mano libera. Fu molto più difficile resistere alla tentazione di liberarsi di quella zavorra gialla.
- Ti avevo detto che non dovevamo prendere iniziative, stupido Wookie! -
Appena il trasporto aveva cominciato a rallentare erano saltati giù nel fango e si erano nascosti tra alberi e canneti, spiando le mosse di quel gruppo di anfibidi. Quello che doveva essere il quartiere generale sorgeva tra le paludi che circondavano tutta Dotainie, circondato a sua volta da numerose creature armate che accompagnarono dentro Leia.
- Io non ci volevo venire! - continuava imperterrito il droide, e dopo un ringhio di rabbia malcelata aggiunse: - E allora? Che colpa ne ho io se non sai le lingue?... - Per individuare dove la sorveglianza era minore, aggirarono furtivamente quella strana costruzione, che sembrava eruttata da un vulcano di melma ai bordi di una radura fangosa e maleodorante. In semicerchio erano ordinati diversi mezzi di tutti i tipi: riconobbero un cargo garofano, un trasporto salesiano e un altro che sembrava provenire da Ottenga, scialuppe e navicelle... persino un vecchio intercettore TIE - ciascuno a perpetua testimonianza, in quel lontano luogo, della civiltà a cui era stato sottratto.
Sul retro una sola guardia stava perlustrando tranquillamente tra la vegetazione, come aveva già fatto migliaia di volte; arrivò fino ad un tronco cavo e sbuffando di stanchezza fece dietrofront senza accorgersi del lungo braccio villoso che scattò in avanti e la prese per il collo, risucchiandola tra le fitte foglie. Senza capire come l'anfibide si era ritrovato in ginocchio, con una morsa che dalle spalle gli serrava la gola, e davanti un droide dorato molto gentile che traduceva nel suo dialetto i terribili ruggiti provenienti anch'essi da dietro.
- Sono veramente spiacente, signore, per questo increscioso incidente, ma il mio accompagnatore chiede se può informarci sulla prigioniera che è appena arrivata... -
L'ostaggio inveì a lungo, con tutto il fiato di cui disponeva in quel momento, contro i nemici della Sacra Causa, fornendo inoltre dettagliati ragguagli sulle attività della madre del suo aggressore. D-3BO tradusse puntualmente:
- Ehm... dice che adesso non può. - L'ultimo latrato fu molto esplicito e il droide piagnucolò: - Signore, la prego... lo faccia contento... -
Le risposte infine furono soddisfacenti, e il Wookie dovette ripulirsi il pelo da quella appiccicosa patina che ricopriva il corpo viscido di quegli esseri. Un piccolo buco nel muro al livello del terreno era a malapena visibile nell'ombra delle fronde alte e fitte che ricoprivano la regione, e la stessa ombra permise ai due compagni stranamente assortiti di raggiungerlo senza essere notati.
- ...Growl? - Chewie chiamò sommessamente, accovacciandosi per quanto gli era possibile.
- Chewbecca? ...Chewie! Che ci fai qui? Sei impazzito? Ti uccideranno! - La cella era seminterrata, e dalla bassa apertura spuntarono piccole mani umane che si persero nella stretta di altre due, molto più grandi e pelose.
- Sì, sto bene, sto bene...non ti preoccupare -
- Sua Altezza ha perfettamente ragione: noi non possiamo fare niente, qui; quindi propongo di tornare indietro e avvertire... -
Chewie per la prima volta fu d'accordo con il droide, ed anzi lo esortò a partire immediatamente.
- Ma... veramentenonintendevo... - Nessuno gli badava più, e D-3BO decise che non poteva pensare alla propria gloria compiendo un gesto eroico e abbandonare al proprio destino le due vite che gli erano state affidate. - Resterò qui di guardia - li rassicurò, e si mise in posizione di vedetta.
Con un sospiro Leia aveva voltato le spalle agli strani riflessi del cielo di quell'ora, né notte né giorno, e si era seduta sul pavimento umido con la schiena alla parete ancor più umida.
Ripensò agli ultimi minuti con il vecchio Gregius, che in realtà sapeva molte cose su di lei e i suoi amici, che voleva parlarle da solo di una questione molto importante e delicata... Greg si era rivelato un uomo dalle mille sorprese: il suo lavoro era solo una copertura di ben altre attività tra cui anche informatore della Ribellione. - Solo qualche volta - aveva specificato - quando era chiaro che eravate con l'acqua alla gola. Non potevo espormi troppo... Dovevo pensare anche alla vita dei miei ragazzi. - Già, i ragazzi. Leia aveva conosciuto poche persone disposte a dare tanto per gli altri.
Ed ora a Datainos si stava svolgendo la guerra civile, spaventosamente simile a quella che aveva coinvolto centinaia di pianeti. E Greg voleva che finisse. - Da soli non ne verranno mai fuori. E' necessario l'intervento dell'Alleanza, almeno in veste di mediatore. La situazione peggiora di giorno in giorno, ed io non posso fare più molto contro dei pazzi furiosi. Forse un'ambasciatrice di pace della tua importanza... - Non aveva terminato la frase, quando ci fu l'irruzione, né avrebbe mai più potuto terminarla.
Chewie la chiamò di nuovo, preoccupato di non sentirla, ed infilò il suo lungo braccio scimmiesco nella finestra per 'tastare' se era ancora lì. Leia lo strinse a sé (in fondo era la cosa più calda e asciutta, là dentro) e lentamente scivolò nel sonno, non appena si sentì cullare.

Lo Jedi era rimasto qualche minuto in più inginocchiato accanto al tumulo eretto in un angolo del giardino oramai devastato.
Non appena si fu allontanato di un passo la pergola a sospensione scivolò velocemente accanto ai suoi piedi, lieta di poter tornare a riparare dal sole il suo padrone, da cui quegli estranei l'avevano tenuta lontano per tanto tempo. Si sistemò pazientemente pochi centimetri sopra la terra smossa da poco, ondeggiando lievemente. A Luke sembrò che dalla macchina provenisse un ronzio diverso: sembrava quasi una... preghiera.
Pulendosi le mani dalla polvere si diresse verso l'amico che, seduto su di una cassa rovesciata, fissava il vuoto avanti a sé.
- Han, mi dispiace molto... Capisco quello che provi, e se c'è qualcosa che... -
L'altro non si mosse, ma lo interruppe con tono gelido: - Dimmi solo dov'è. Io vado a prenderla, con o senza di te. -
Sospirando Luke gli ripeté ancora una volta l'unica risposta che poteva dare a quella domanda.
- So che sta bene, e so che al momento è al sicuro. Non è lontana da qui... - Il corelliano afferrò di scatto il compagno per un braccio: - Vuoi dirmi dove, maledizione? -
- Ti ho detto che sta bene, e per ora non corre alcun pericolo: anzi, è più protetta dove è ora di quanto lo sarebbe con noi!
- Han allentò la presa, ma gli occhi continuavano a bruciargli di rabbia e... di paura.
La voce calma dell'altro continuò: - So quello che faccio. Devi fidarti di me. La Forza è con noi, e finora ci ha sempre guidato verso le scelte più giuste, e ci ha permesso di - sorrise - rimanere ancora tutti uniti e interi. -
Ahi, battuta infelice: Luke se ne rese conto troppo tardi, e l'espressione furiosa di Han lasciò il posto al sarcasmo più tagliente. Infatti fece deliberatamente scendere lo sguardo fino alla sua destra guantata di nero, e Luke si sentì morire le parole nella gola. L'ingegneria biogenetica aveva raggiunto risultati eccellenti, fino a far dimenticare l'eventuale presenza di un arto artificiale anche a chi aveva subito un trapianto. Se non fosse stato per il guanto, che copriva una lacerazione recente sul dorso della protesi, lui stesso si sarebbe dimenticato ancor più spesso di aver perso una mano durante un duello, il suo primo scontro contro il Lato Oscuro, e da cui si era salvato per puro caso. Ma soprattutto, cosa ancor più grave, non aveva vinto.
Con quella occhiata Han gli aveva rinfacciato che non era poi così infallibile, e a Luke in quel momento non venne in mente niente per contraddirlo.
Balzarono entrambi in piedi quando un rumore dall'esterno li avvertì di una visita. L'annunciatore olografico era ancora funzionante, e mostrò loro l'immagine - avvolta in un mantello - di una donna dai lunghi capelli iridescenti, raccolti tra padiglioni auricolari enormi, frastagliati e ricurvi all'indietro come ali di rettile.
- Lasciala entrare, Han. E' per me. -
- Come, per te? Aspettavi visite? -
Le proteste caddero nel vuoto, e Han ammutolì del tutto quando la nuova ospite entrò nell'ingresso. Non era alta, ma la sua presenza riempì la stanza come se solo ora la casa fosse completa, anche se in rovina, di tutte le sue parti. Si guardò intorno, cercando forse qualche oggetto familiare che non era stato distrutto, con quegli occhi così grandi e senza iride da sembrare che assorbissero l'essenza di ogni cosa su cui si posavano. Non era possibile capire se in quel momento in essi ci fosse più stupore o dolore.
I due uomini erano come ipnotizzati dai suoi movimenti lenti e fluidi, e dal modo strano in cui muoveva le dita sproporzionatamente lunghe: Luke fu colto quasi alla sprovvista quando gli si rivolse per la prima volta.
- Tu Jedi Skywalker? -
- Sì. Possiamo fare qualcosa per aiutarla?... -
- No. Io aiuto voi. Dietro di me. -
Girò sui tacchi e si diresse con sicurezza verso la parete crollata che qualche ora prima delimitava la sala più grande della casa, e dietro di essa sparì. Ai due umani non rimase che seguirla, ma non prima che uno di loro chiedesse ad alcune divinità locali che cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto questo.
Dietro quella che sembrava una semplice paratia era nascosto un passaggio, il cui accesso era evidentemente ben noto alla donna. Addentrandosi nell'oscurità scese per prima gli angusti scalini, lanciando all'indietro un'ultima occhiata più simile ad un ordine che ad un invito.
Han restò dietro, e trattenendolo per la giacca costrinse l'altro a distanziarsi ancor di più dalla loro guida: non voleva che sentisse quello che aveva da dirgli.
- Lo sai che 'cos'è' quella, vero? -
- Una Nereiade? -
- Appunto -
- Allora? -
- Vorrai scherzare! Quelle femmine sono più pericolose di un branco di perkasosh ubriachi: sono addestrate sin dalla nascita nell'arte di far perdere la testa ad un uomo! ...Non per niente sono le prostitute più quotate sul mercato. -
Prima che Luke gli potesse rimproverare la sua totale mancanza di tatto continuò: - Ho sentito dire che hanno qualcosa di strano nella pelle: se le tocchi impazzisci e possono farti quello che vogliono senza che tu ti possa opporre in nessun modo...-
- Be' - si sentì rispondere con tranquillità disarmante - almeno non sembra affamata di carne umana.-
- Perché oggi ho l'impressione che nessuno mi ascolti quando parlo? Io non... Oh porc! -
L'improvvisa luce, quasi troppo intensa, che illuminò tutt'intorno a loro li abbagliò. Sotto di loro le scale scendevano ancora per qualche gradino prima di fondersi con il lastricato del più grande (e meglio attrezzato) hangar che Han stesso avesse mai visto. Soprattutto nello scantinato di Greg.
L'illuminazione non proveniva da un unico punto, ma da centinaia di piccole fonti ordinate sulle pareti e sul soffitto, alternate a pannelli di controllo e computer collegati ad altre basi distribuite su quasi tutto il pianeta, ed anche oltre. Al centro numerose apparecchiature e droidi specializzati (alcuni dei quali nuovissimi) accudivano ai diversi mezzi di trasporto sparsi ovunque. Uno, specialmente, colpì la sensibilità speculativa del contrabbandiere e lo attirò a sé come una calamita.
Luke si rivolse a lei, e la sua voce echeggiò nell'antica caverna sotterranea: - Mi avete già cercato alla taverna, la notte scorsa. - Per guardarla in viso dovette abbassarsi di un poco - Che cosa vi è successo? - Subito quegli occhi inquietanti guizzarono verso i suoi, vicinissimi, e per un attimo fu assalito dalla nausea: ma la lasciò fare.
- Non me dovete aiutare. Troppo tardi. Ma no per altri, soprattutto per voi. -
Si sistemò all'indietro una ciocca di capelli argentati e distolse lo sguardo, conscia di liberarlo da sé. Ora che poteva guardarla con maggiore attenzione, gli sembrò che avesse qualche ruga in più rispetto al loro primo incontro, e non solo perché aveva il viso pulito.
Parlava piano, scegliendo accuratamente le parole di una lingua e di un mondo a cui non apparteneva, ma che l'aveva trascinata in sé senza darle il tempo di rifiutare.
- Mio nome Bheidh. Mio compito portare l'uomo qui. Lui... - fece una pausa - ...Gregius Madei deve parlare con l'uomo. Madei aiuta Ribelli Alleati: ora giusto che Ribelli Alleati aiutano Madei. Anche se morto. Lui vuole pace! -
Passeggiava avanti e indietro accanto ad alcune postazioni di controllo, e da una di esse il suo interlocutore l'ascoltava con tutta la sua attenzione.
- Lui sa chi tu , e sa chi la donna con te. Solo voi potete... qualcosa! - Non sapeva come tradurre un concetto così complesso, ma se il suo Gregius aveva detto che i due gemelli Jedi erano gli unici che potevano fermare quanto stava per accadere, allora dovevano farlo.
DOVEVANO.
Sarebbe ricorsa a qualsiasi mezzo per convincere l'uomo di fronte a sé... che improvvisamente interruppe i suoi pensieri, e la sua schiettezza la spiazzò: - Non sarà necessario condizionarmi telepaticamente, né... sedurmi. Faremo tutto il possibile, ma ho bisogno di più informazioni, e su molte cose. -
Ancora indecisa se sentirsi sconcertata per essere stata scoperta così facilmente o sollevata da un grosso peso gli indicò la consolle dove lui aveva appoggiato un gomito: - Tutto là. -
- Luke! - La voce di Han risuonò più squillante del solito - Vieni un po' vedere!... -
Era un piccola navicella, equipaggiata per due passeggeri, e la sua principale caratteristica, che la faceva emergere su tutte le altre, era la forma: perfettamente ovale come una goccia d'acqua solidificata sospesa a mezz'aria, e non era riuscito a notare la più piccola asperità nemmeno ora che si era avvicinato a pochi passi.
- E guarda qua - l'esperto dei motori era eccitato come un bambino con un giocattolo nuovo - Alta Tecnologia Calamari! Le sigle di riconoscimento sono state occultate, ma anche un cieco vedrebbe che si tratta di un prototipo, e certo non di uno qualsiasi! Un vero gioiellino, nel suo genere...-
Provava un piacere quasi fisico nell'accarezzarne lo scafo e non lo distolsero nemmeno le prosaiche osservazioni dell'amico: - Bellissima, non c'è dubbio. Mi piacerebbe solo sapere come mai un mezzo chiaramente destinato a muoversi nei fluidi, così sofisticato e prezioso, sia finito in una grotta sotterranea di un pianeta dove l'acqua si trova solo in qualche pozzanghera paludosa. -
- Non guardare me: non sono io il tuo informatore. Chiedilo piuttosto alla signora là in fondo - lo invitò in tono provocatorio indicandola col pollice. E aggiunse minacciosamente: - Ricorda bene ciò che ti dico: non toccarla mai, per nessun motivo! -
Era chiaro che le Nereiadi non gli ispiravano molta fiducia, ma c'era da chiedersi se le odiava tutte democraticamente o faceva un'eccezione solo per questa.
Infine, prima di riaffondare nel vano motore, sputò anche l'ultimo rospo: - Ma non vedi che potrebbe essere tua madre?..-
Scuotendo la testa esasperato Luke si mise al terminale del grande computer che doveva servire tutto il complesso, in cui avrebbe trovato almeno la prima parte delle risposte che cercava. Apparvero quattro punti luminosi, e si mossero lasciando scie luminose fino a delimitare un immaginario schermo geometrico sospeso a mezz'aria, in cui scorrevano a grande velocità i dati e le informazioni preziose raccolte da Madei.
Per diverso tempo il silenzio calato in quel luogo fu inframmezzato solo dai tonfi metallici di strumenti meccanici attorno a un motore, e dai ronzii elettronici di uno schermo olografico.
Fino a che una voce umana riempì di nuovo l'aria: - Han, puoi dirmi che velocità può raggiungere il tuo capolavoro? -
La risposta risuonò metallica, dall'interno dello scafo.
- Ti basta da qui all'altro capo del pianeta in dieci minuti? -
- Sì, mi dovrebbe bastare. -
Il corelliano emerse con mezzo busto dal portello stagno superiore, e si appoggiò al bordo a braccia conserte - Non dirmi che hai un piano...-
- Diciamo sì e no.-
Ecco. Lo aveva fatto ancora. Quel ragazzo aveva lo stramaledetto vizio di dire le cose a metà per il semplice gusto di non farsi capire.
- Senti, Luke - lo implorò - abbiamo avuto tutti una giornataccia...-
- Voglio solo dire che il piano c'è ma non è mio - la luce azzurrata dei controlli sotto di lui tracciava strani riflessi spettrali sul suo viso: - ...è di Greg.-

Bheidh si era già ritirata senza farsi notare: aveva portato a termine il suo compito. Il mattino dopo avrebbero trovato il suo corpo accanto al tumulo nel giardino, sotto l'ombra rassicurante di un servitore fedele al suo padrone e alla sua compagna.

continua...