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(Ep2: un film anni '50)
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LA REGIA ANTIQUATA
Star Wars, si è detto finora, è una saga epica molto pop, rivisitazione di lusso dei fumetti e dei serial con i quali Lucas crebbe; con Ep2, forse, il regista ha solo giocato a carte ancora più scoperte che in precedenza, non limitandosi più a certi titoli e ad alcuni spunti estemporanei, ma tributando omaggi visivi forti, con una continuità non casuale, e osando persino una regia antiquata.
Infatti agli anni '50 (o comunque al vecchio cinema) rimandano in modo piuttosto evidente anche aspetti squisitamente registici: ritmo, montaggio, fotografia e dialoghi, cioè il film stesso al di là degli orpelli visivi, tanto da dare l'impressione di guardare un film del passato.
Episodio II è stato giudicato a tratti lento, comunque molto meno sincopato della maggior parte dei film moderni. Una sensazione che mi sento di confermare per esperienza diretta. "Solo colpa di un cattivo montaggio" — commenterà qualcuno. È possibile; il punto è stabilire se quel montaggio è stato davvero "cattivo", oppure volutamente lento.
Certi dialoghi sono troppo palesemente da fumetto per non essere voluti. Ad esempio: "Siete pochi, vi schiacceremo", "Dovrai ricrederti", "Vedremo", uno scambio degno dei villain dei fumetti o dei cartoni animati; spesso sono battute di Christopher Lee, e non a caso, proprio in virtù di ciò che si è detto più sopra per l'attore. Tutto ciò non accadeva nella Trilogia Classica, o comunque non in questa misura. Si deve parlare quantomeno di una accentuazione della coloritura old-style.
Persino la rappresentazione dell'amore tra Anakin e Padmé, che tanta ilarità ha suscitato, ha qualcosa di squisitamente rétro: quelle di Attack sono situazioni romantiche "all'antica", oggi vagamente ridicole ma un tempo accettabili e credibili. La passione stessa è intuita, e non certo mostrata direttamente. Ciò dipende sia dal target sia dall'indole stessa di Lucas, che è —purtroppo / per fortuna— più puritano della maggior parte dei suoi colleghi, anche coetanei. Nel suo immaginario fantastico, e anche nel suo modo di trattare le storie d'amore, egli è ancorato all'epoca della propria formazione.
Interessante è anche la locandina di Ep2: è stata accusata di essere troppo melensa, romantica, antiquata, con visi impomatati a dir poco ridicoli. Improponibile nel 2002, a patto di non voler, appunto, "giocare" a dare questa patina al film.
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Qualcosa di simile era avvenuto nel 1980 per L'Impero colpisce ancora, una delle cui innumerevoli locandine era una citazione esplicita di quella di Via col vento. Eppure è solo quella di Ep2 a infastidire davvero.
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Un altro elemento in palese contraddizione con la modernità di una trilogia starwarsiana che vede la luce nel 2000 è lo schema rétro delle inquadrature delle astronavi nello spazio. Già in Episodio I e poi soprattutto in Episodio II il regista ha seguito per la maggior parte delle inquadrature spaziali una tipologia fissa priva di quel dinamismo che sarebbe lecito attendersi oggi dalla visione dello spazio, dinamismo che, va detto, caratterizzava la Trilogia Classica del '77-'83, non a caso rivoluzionaria per i propri tempi.
In un altro articolo si analizzerà in maniera molto approfondita questo aspetto —questo "limite", volendolo attribuire a una povertà registica del Lucas odierno e non a una scelta stilistica deliberata— ma vi accenniamo anche qui perché ci sembra di poterlo connettere con la volontà di rendere tutto antiquato, e perché si acuisce proprio ne L'attacco dei cloni, dove quasi tutte le inquadrature spaziali sono "appiattite" —è il caso di dirlo— sullo schema che vedremo; e se consideriamo che in questo film le scene spaziali sono numericamente ancora inferiori al precedente, tale impronta balza all'occhio con particolare evidenza.
Quando occorre mostrare una nave spaziale che attraversa lo spazio, la soluzione è quasi sempre quella di tenere la telecamera fissa o quasi fissa in un punto, limitandosi a ruotarla seguendo il passaggio dell'astronave davanti a lei. Possiamo illustrare questo tipo di inquadratura con la traiettoria apparente del mezzo:
E volendo esemplificare c'è solo l'imbarazzo della scelta, anche limitandoci a Episodio II che qui trattiamo (cliccando su ciascuna miniatura si apre la corrispondente immagine a grandezza piena):
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Già da questi primi esempi è possibile vedere quanto sia ripetitivo lo schema usato da Lucas: sempre il medesimo; e sempre da destra verso sinistra. Ma ancora più inquietante si rivela la somiglianza tra gli arrivi a Geonosis. Tre astronavi giungono al roccioso pianeta dotato di anelli, la Slave-I di Jango Fett, il caccia Jedi di Obi-Wan e infine la nave naboo di Anakin e Padmé; ebbene, per tre volte si ha la stessa inquadratura con l'uscita dall'iperspazio e l'avvicinamento al corpo celeste. Tre inquadrature fotocopia, come risulta evidente persino dalle miniature qui sotto:
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Basti il confronto con questa scena de Il pianeta proibito, e altro non aggiungeremo in questa sede. La prospettiva e il movimento dell'astronave sono identici:
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Inquadrature troppo semplici, piatte, "laterali", in una parola troppo naïf... per non essere volute? Difficile dirlo con certezza.
Non che questo aspetto abbia intrinsecamente a che vedere con gli anni '50 in particolare, piuttosto che i '40, è vero; ma testimonia, questo sì, un inspiegabile ridimensionamento della carica spettacolare di Star Wars, della sua varietà, della sua capacità di innovare, stupire, stordire, un tempo insuperabili.
Lucas incapace? pigro? Stentiamo a credere fino in fondo che un regista con tali mezzi a sua disposizione rinunci consapevolmente a utilizzarli al massimo e scelga di realizzare qualcosa di vicino ai film di una volta. Sa troppo di spreco, di vezzo eccentrico. Eppure sappiamo che non di rado oggigiorno qualche autore opta addirittura per film in bianco e nero.
Il dubbio rimane.
Tutti questi elementi concorrono ad infondere nello spettatore la sensazione subliminale di stare davanti a un film degli anni '40 / '50, sensazione che diventa straniamento se si compie l'impresa bizzarra —più che cinefila— di guardare L'attacco dei cloni in bianco e nero. Non si pensi che qualunque film moderno guardato in bianco e nero possa creare l'illusione di un film d'epoca; nulla di più falso. Matrix o Il Gladiatore, per esempio, hanno un'estetica e un ritmo che li qualifica come film moderni, tradendone l'età; non c'è bianco e nero che tenga. Con L'attacco l'illusione funziona in maniera impressionante nella maggioranza delle scene del film, e ad essa concorre tutto ciò che siamo andati esemplificando fin dal principio della nostra indagine.
Sono le scene d'amore tra Anakin e Padmé, più di tutte, a prestarsi a questo camuffamento antichizzante, a questo paradosso temporale.
Il ritmo delle scene, il portamento degli attori, la fotografia da cartolina...
Ma non soltanto gli scenari e le situazioni romantiche a Naboo possono tenere in piedi l'illusione. Anche Geonosis, filtrato dal bianco e nero, sembra far rivivere con assoluta aderenza ai modelli la sci-fi d'una volta. Per questo è lecito affermare che Ep2 è un film anni '50 nella sua interezza, con una continuità senza precedenti nell'ambito della saga.
Inutile pensare di poter fare lo stesso "gioco" con la Trilogia Classica: come nel caso di molti film recenti, il bianco e nero non funzionerebbe: alla fine il sapore della modernità prevarrebbe spezzando l'inganno.
Un film antiquato, dunque; consapevolmente "stilizzato" come una pellicola prodotta oltre mezzo secolo fa.
Nella misura in cui si tratta di una scelta consapevole, ciò conferisce originalità e dignità a un film sul quale, giudicandolo con parametri prettamente moderni, ci sarebbero delle perplessità.
Lucas è tornato esattamente là da dove era partito, al mondo che lo ha ispirato, i vecchi serial americani del sabato, la vecchia sci-fi, i fumetti, i colossal di allora, tutto ciò di cui il giovane californiano si nutrì, che indicò sempre come sua fonte di ispirazione cui tributare un omaggio scoperto.
Rifare i vecchi serial con mezzi nuovi: valeva nel '77 e vale ancora di più oggi coi Prequel, che sembrano per molti versi più vecchi dei loro predecessori.
Nel '77 diede inizio a una Trilogia che sembrava realizzata già negli anni '80 / '90, perché era avanti rispetto ai suoi tempi come ritmi, montaggio. Oggi ne realizza una cronologicamente precedente che, opportunamente, sembra realizzata negli anni '50, come se il giovane Lucas fosse balzato indietro nel tempo a girare nell'ordine corretto i suoi film, partendo dall'Ep1 in giovane età.
Nel dare il senso di "vecchio" ai Prequel (come design, come ritmi, ecc.) Lucas è riuscito in pieno, nel bene e nel male. Così, la strana, controversa avventura del suo cinema si rivela curiosa, interessante, tutto fuorché ovvia. E tutta da studiare.
"Lucas ha detto di volersi rifare ai serial degli anni '50 —ha scritto un critico (3)— e il rischio è che ci si sia avvicinato più di quanto volessimo". Credo che questa sentenza riassuma, nel bene e nel male, tutta l'anima di Episodio II.
Impossibile citare tutte le fonti delle immagini utilizzate in questo articolo: si tratta perlopiù di materiale trovato in rete sui siti più disparati. Ci tengo a sottolineare il saggio online Star Wars Origins di Kristen Brennan, che è stato anche in questo caso di grande aiuto.
Note:
(3) Michael Atkinson sul Village Voice, 13 maggio 2002.
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