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Il Demone della Danza, la danza del Demone
L'enigmaticità coreutica di Darth Maul
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di Chiara Marino |
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"Volgiti indietro e tien lo viso chiuso,
ché se il Gorgon si mostra e tu il vedessi
nulla sarebbe del tornar mai suso".
Dante, Inferno, IX, 55-57
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Nute Gunray e Rune Haako, pavidi mercanti neimoidiani, sono al cospetto dell'immagine olografica di Darth Sidious - sfumato ed impalpabile ectoplasma, materializzazione del Male cosmico cui niente e nessuno può sottrarsi.
Ha un bel dire il povero viceré alieno, alla misteriosa apparizione, che la Regina Amidala è scomparsa senza firmare il trattato per legittimare l'invasione del pianeta Naboo. Darth Sidious non demorde:
Darth Sid.: Viceré, trovatela! Voglio la sua firma su quel trattato!
Nute Gun.: Mio signore, è impossibile localizzare la nave. È fuori dalla nostra portata.
Darth Sid.: …ma non per un Sith…
Alle spalle del fantasma seduto al tavolo delle conferenze, una seconda figura olografica esce dal nulla e, tacendo, incrocia le braccia mentre Sidious spiega:
Questo è il mio allievo, Darth Maul. Lui troverà la vostra nave smarrita.
La posa assunta dal nuovo venuto designa chiusura, ma anche ferma, caparbia determinazione. È un atteggiamento forte, di attesa, e in netta relazione con un gesto molto frequente nel lessico coreografico romantico e tardo-romantico: le mani incrociate davanti al petto a significare "morte". Avvertiamo un qualcosa di inesorabile, di definitivo in colui che ora sappiamo chiamarsi Maul. L'arcana figura dal volto impassibile tace, ma il suo silenzio è agghiacciante e più eloquente di ogni parola. Il suo volto appare, nella quasi monocromia dell'ologramma, stranamente istoriato.
Lo spettatore intuisce subito di essere in presenza di un personaggio speciale, la cui aura richiama subito quella di un altro grande incognito della Saga: Boba Fett — con la sola differenza che Maul riserva inattesi quanto sorprendenti sviluppi. |
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Come tutti i Sith, egli porta un nome significativo, che ne rivela l'essenza (1). Se Darth Bane era la Sventura; Darth Vader il Padre; Darth Sidious l'Insidioso, Darth Maul è Colui-che-dilania, ma anche il Maglio (2). Questa seconda accezione ci pare degna di nota, dal momento che metterebbe il Nostro in relazione con l'arma del dio scandinavo Thor: un martello a due teste il quale, brandito dalle mani guantate d'acciaio dell'irascibile divinità, produce il fulmine (3).
Come un'arma, infatti, Maul viene scagliato dal proprio maestro contro i nemici. Mero strumento di distruzione, egli è un simulacro, un'apparenza, un corpo senz'anima, esattamente come l'inafferrabile Odile, il Cigno Nero del Lago dei Cigni (4). Spiegare da che cosa emerga la malignità di questi due personaggi, il perché essi siano negativi, è teoricamente semplice, praticamente impossibile.
Essi rappresentano il Male fine a se stesso, sono dogmi a valenza semplice: malvagi senza che sussista la possibilità di mettere in discussione questa loro caratteristica. L'autore ha deciso che ciò sia, e il pubblico, con l'acquiescenza tipica dello spettatore del teatro di danza, accetta questa verità senza riserve, per intuizione.
Non ci sembra arbitrario assimilare Maul a una figura di balletto: egli si muove infatti secondo precisi canoni coreografici (e non ribadiremo mai a sufficienza che le arti marziali —di cui il superbo interprete di Maul fa virtuosistico sfoggio— sono soprattutto danza); non parla, se si esclude la brevissima battuta nel dialogo con Sidious a Coruscant. Corollario: la danza, ove non sia accompagnata dalla parola (come nel teatro greco classico) è la negazione di questa, e quindi anche della ragione. E lo spettatore coglierà, di conseguenza, la grandezza di Maul non attraverso la razionalità ordinatrice della parola —cioè tramite un preciso percorso narrativo orale, come avviene per ogni figura della Saga— bensì attraverso la gestualità del personaggio.
Per riprendere un binomio fin troppo usato —se non abusato— eppure sempre valido e pertinente, diremmo che Maul è il dionisiaco contrapposto all'apollinea staticità dell'universo jedi. Egli è il punto di frattura, è il Grande Eversore, il Caos primordiale. È un emblema per antonomasia, e questa sua natura simbolica è felicemente supportata dalla regia.
Infatti, quando Maul pronuncia le ormai famose parole "Finalmente ci riveleremo ai Jedi. Finalmente ci vendicheremo", lo spettatore assiste ad un gioco scenico singolare ed altamente drammatico, diremmo espressionista. All'immagine dell'apprendista viene a sovrapporsi parzialmente la sagoma di Sidious, che è in primo piano, cosicché lo spettatore vede il volto di Maul esattamente a metà, ricevendone una sensazione fortemente straniata ed inquietante, anche perché il giovane Sith sta dicendo "ci riveleremo". E dal momento che il suo enunciato contrasta nettamente, nell'inquadratura, con la posizione semicelata da lui assunta, a rivelarsi è quindi, paradossalmente e in modo simbolico (simbolista?), null'altro che l'inconoscibilità del personaggio, la quale rimarrà inalterata ed impenetrabile sino al termine dell'azione scenica.
Il guerriero sith appare in seguito in un momento che potrebbe confermarne l'inquietante staticità: egli è in agguato nel deserto come una belva predatrice. Il suo sguardo di Medusa agghiaccia, particolarmente quand'egli si lancia all'inseguimento delle prede ormai localizzate. Tuttavia, in questo preciso istante, lo spettatore avverte che qualcosa sta mutando: l'aura stessa del personaggio lo suggerisce. Infatti, mentre Qui-Gon e Anakin stanno per raggiungere la nave reale di Amidala che li porterà lontano da Tatooine, accade qualcosa che letteralmente disorienta coloro che assistono all'azione. In una nuvola di sabbia, tutto un vorticare di vesti nere e un ronzare di spade laser. Non si comprende bene come si svolga il duello, ma il caos inscenato è sufficientemente rappresentativo di una violenza cieca, di un accanimento che nulla ha del sereno equilibrio degli Jedi.
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La metamorfosi si è compiuta. Da questo momento Darth Maul abbandona la ieratica staticità che lo aveva contraddistinto sino ad ora (recuperata tuttavia in poche scene nel Palazzo di Theed) per assumere l'aspetto di un nero derviscio (5), di un demone danzante proteiforme, sfuggente e inafferrabile come una fiammella.
Per dirla in termini prettamente coreografici, il personaggio passa dall'adage all'allegro, quindi da movimenti ampi, condotti su tempi larghi e solenni, ad una fulminea, abbagliante dinamicità che celebra nel duello finale il proprio trionfo. E proprio di un tempo "allegro" si tratta in quanto, già alla quarta misura di Duel of the Fates, memorabile pagina williamsiana che rappresenta Maul e che accompagna la tenzone a Theed, si legge in partitura la nota Allegro, con il metronomo fissato a 152.
Siamo giunti al nodo della presente trattazione: il triplice scontro tra i Jedi Obi-Wan e Qui-Gon e il Sith Maul. Scontro che si presenta come un evento assolutamente nuovo e fino ad ora estraneo alla concezione drammatica della Saga: l'azione si svincola da qualsiasi rapporto con la parola e, diventando assolutamente fine a se stessa, non richiede più la riflessione soggettiva dello spettatore, ma solo l'abbandonarsi di quest'ultimo all'irrazionale, istintuale, primordiale percezione che ogni essere umano ha del movimento fine a se stesso.
Affrontiamo dunque l'analisi coreografica della triplice tenzone. Non è affatto una lotta impari, come potrebbe apparire in un primo momento. Maul, armato di una spada doppia con cui può parare i colpi dei due antagonisti, può effettivamente valere come due guerrieri. La proporzione esatta è dunque perfettamente stabilita.
Sia detto come premessa che le seguenti annotazioni saranno condotte sulla base di un vocabolario coreografico squisitamente accademico-occidentale e che dunque alcuni concetti ad esso pertinenti potranno apparire strani se applicati ad una tecnica eminentemente orientale. Tuttavia, siamo del parere che ogni movimento coordinato secondo una precisa logica spazio-temporale (e, quindi, la danza per definizione) può essere letto come espressione di un linguaggio comune a molte culture, archetipico, pre-logico e dunque universale.
È di non secondaria necessità, prima di passare all'analisi vera e propria, presentare innanzitutto lo schema del piano scenico in cui hanno luogo tutti i movimenti coreografici. Il numero 1 rappresenta il punto di vista dello spettatore; i punti 4-8 e 6-2 costituiscono le "diagonali", cioè le direttrici dei movimenti di avvicinamento o di allontanamento dal pubblico, le quali sono di importanza fondamentale in quanto determinano tanto l'orientamento della figura del danzatore, quanto il suo allineamento (6):
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Questo schema ci sarà utile quando descriveremo i movimenti che avverranno sul ballatoio aperto sull'abisso, in un momento in cui il punto di vista dello spettatore convergerà verso un vero e proprio palcoscenico, il cui proscenio (7) può legittimamente essere delimitato dall'orlo del baratro.
In ogni caso, le figure coreografiche della tenzone avvengono in ambienti puramente teatrali corredati da elementi scenografici in funzione scopertamente simbolica. Risultato: una straordinaria potenza figurativa, dove tutto —non ultima la musica— concorre a creare un'epicità colma di pathos.
L'hangar di Theed è un amplissimo spazio, sgombro nella sua quasi totalità proprio come un palcoscenico. È in questa scenografia funzionale al disegno coreografico che inizia la triplice tenzone tra i due Jedi ed il Sith. Tale scontro segna una "pausa dinamica" nell'andamento diegetico ormai altamente frammentario. Una pausa di quintessenziale teatralità coreutica, in cui collera, odio, disprezzo, vengono espressi esclusivamente tramite lo sguardo, l'espressione dei volti, e mai attraverso la parola.
Quest'ultimo elemento segna un'innovazione nella tecnica narrativa della Saga. Pensiamo ai due grandi confronti tra Luke e Vader: essi sono di natura prettamente lirica, poiché i due contendenti agiscono sì, ma anche —e soprattutto— dialogano, in quanto sussiste tra di loro un fondo di necessità diegetica che viene totalmente a mancare nella tenzone di EpI. Qui sono a confronto, potremmo dire, tre forze elementari: il Bene totale (per quanto possa essere tale nella Saga, dov'esso è molto spesso adombrato di oscurità) ed il Male dogmatico ed indiscusso. E il cozzo di tali energie appartiene ad una dimensione primordiale, pre-fasica che implica l'eclissi della logica ed una partecipazione "altra" da parte dello spettatore, chiamato ad impiegare il proprio intuito —come dicevamo sopra— e non l'intelletto, nella comprensione di quanto avviene sulla scena.
La danza, in tal modo, entra ufficialmente nell'universo starwarsiano. La pausa dinamica di cui dicevamo poc'anzi non è dunque di carattere accessorio, un semplice divertissement (8), bensì un vero e proprio pas d'action (9), un teatro nel teatro dove la narrazione è affidata ad un mezzo alternativo rispetto la parola.
La concezione coreografica è ricca di rimandi simbolici che analizzeremo simultaneamente a quelli dell'ambientazione. Possiamo dire intanto che tre sono gli ambienti preposti all'azione: l'hangar; la centrale di energia, che consta di due ambienti: l'area con i ponti a livelli sfalsati e il corridoio a barriere laser, elemento importantissimo; infine, il ballatoio sull'orlo dell'abisso. Tre spazi che costituiscono il doppio statico dell'azione coreografica, come vedremo nell'analisi che segue.
Ferma restando la pregnanza drammatica di due personaggi quali Obi-Wan e Qui-Gon, il vero fulcro dello scontro a tre —un vero e proprio pas de trois (10)— è Darth Maul. È lui, infatti, il corifeo che inaugura la tenzone tramite la sua sola presenza: per il semplice fatto che egli si trova nel Palazzo Reale; per il solo fatto che è un qualcosa contro cui si deve combattere. Egli è quindi un aggressore passivo e questa sua caratteristica verrà a definirsi meglio con lo sviluppo della tenzone (11).
Mentre infuria la battaglia all'interno della reggia, Qui-Gon raccomanda ad Anakin di mettersi al riparo dai pericoli. I due Jedi avanzano verso le porte scorrevoli dell'hangar e queste si aprono come un sipario scoprendo, scena dentro la scena, una figura nera ed immobile. Per qualche istante i due guerrieri sono impietriti, poiché la strana creatura che sbarra loro il cammino li sta fissando con occhi di Gorgone nella penombra dell'ampio cappuccio. È uno sguardo obliquo d'odio assoluto, agghiacciante, che fa presagire la ferocia della lotta imminente e che senza ombra d'equivoci rappresenta l'anima del Sith.
Continuando a fissare i propri avversari, Maul solleva lentamente la testa e getta all'indietro il cappuccio. Per la prima volta dopo la sua entrata in scena, scopriamo che la sua testa calva è adorna di minuscole corna, la qual cosa rivela la natura non-umana del personaggio.
La tenzone sta per avere luogo: Maul e i Jedi si liberano dei loro mantelli in un movimento simultaneo. L'inciso musicale che accompagna l'apparizione di Maul e gli istanti a questa immediatamente successivi è la scultorea sequenza
che inaugura con ieratica solennità l'imminente disegno coreografico. Subito si innesta la caratteristica figurazione in ostinato (12) sempre associata al Sith:
È una curva melodica e ritmica che incessantemente ruota su se stessa, una sorta di perpetuum mobile che sembra protrarsi all'infinito e che rappresenta la natura dionisiaca del guerriero tatuato.
Con un ampio, enfatico gesto rotatorio delle braccia, Maul afferra l'elsa della propria spada e assume una posa en allongé (13), mentre il suo épaulement (14) sinistro appare molto accentuato. Infatti, impugnata l'elsa con la sinistra, il suo torace subisce una mezza rotazione verso destra, la qual cosa conferisce alla posa un aspetto di grande tensione. È questo il momento in cui Maul attiva, con evidente compiacimento, la seconda lama della propria spada, cosicché è rivelata appieno la temibile Forza del Sith.
Più che una doppia spada, quella di Maul appare come una lancia a duplice punta, cosicché il suo utilizzo comporterà dei movimenti rotatori sul piano orizzontale, adatti a parare i colpi dei due Jedi provenienti da destra e da sinistra.
Subito dopo la posa iniziale, dopo che Obi-Wan e Qui-Gon hanno attivato a loro volta le spade, impugnate a due mani in guardia verticale —e si noti l'opposizione visiva verticale/orizzontale (15)— lo scontro si inaugura con alcuni fulminei movimenti che ancora ricordano l'indefinita sequenza del duello a Tatooine. Una volta ancora la struttura coreografica rimanda al leit motiv della rotazione e della rapidità, impronta coreutica di Maul.
Dopo essere stato interrotto da una serie di altre sequenze, il triplice scontro riprende con una panoramica dell'hangar. Poiché i tre guerrieri sono inquadrati dall'alto —secondo il punto di vista di quanti, dai palchi, assistono ad una rappresentazione teatrale— le frasi coreografiche assumono maggior nitidezza e comprensibilità. L'orchestra scolpisce una serie concitata di sincopi:
Maul sferra a Qui-Gon un grande calcio con un movimento della gamba destra simile al développé (16). Subito, in un movimento di alto virtuosismo spettacolare, egli indietreggia nella preparazione di un passo caratteristico della danza di carattere (17) : un rapido scambio in aria delle gambe mentre il corpo compie un giro completo, il busto fortemente proiettato in avanti. È una sorta di grand jeté en tournant di carattere.
Il motivo coreografico ricorrente nella danza di Maul è quindi rotatorio, ma anche all'indietro, quasi a dover rappresentare la fascinazione, il richiamo, il trascinamento dei suoi avversari verso la distruzione; la rotazione, invece, evidenzia l'in fieri implacabile di un essere irrequieto e sfuggente, il suo appartenere a una dimensione certamente non umana, ma neppure animale.
In un climax di virtuosismi tecnici, Maul sferra un calcio a Obi-Wan, stavolta con un développé della gamba sinistra, e subito dopo compie un rapidissimo tour en l'air (18) mentre il giovane Jedi rotola a terra. Ancora una promenade en arrière (19), seguita da una corsa (pas couru) alla volta di un enorme spazio scenico costituito, come già accennavamo, da ponti situati a vari livelli sopra un abisso. Alte colonne di luce abbagliante intervallano lo scenario, in una moltiplicazione visiva ed ingigantita delle spade laser impugnate dai tre guerrieri.
Questi vengono ora a trovarsi in una posizione di stallo, cui fanno seguito un balzo ed una capovolta en arrière di Maul. I tre si trovano sullo stesso piano, stagliati contro una cascata di luce incandescente. Maul ha alla sua destra Obi-Wan e alla sua sinistra Qui-Gon. In una torsione a vite del corpo, il Sith scalcia Obi-Wan con la gamba sinistra in una posizione di attitude croisé derrière (20).
Caduto a terra, Maul si rialza repentinamente e riprende la promenade en arrière verso un corridoio protetto ad intervalli da una serie di barriere laser che riesce a superare, mentre Obi-Wan e Qui-Gon rimangono il primo alla soglia del corridoio, il secondo imprigionato a metà strada tra il discepolo e l'antagonista.
Mentre il giovane Jedi freme d'impazienza in attesa di poter superare il varco e di correre a dare man forte al suo maestro, questi si concentra in una solenne meditazione. Maul, invece, si muove esattamente come una belva in gabbia, camminando avanti e indietro alle soglie della barriera e sogghignando sarcastico alla volta di Qui-Gon.
Sembrerebbe una scena statica, ma in realtà la tensione drammatica che in essa viene a crearsi; il clima di attesa che permea ogni istante; la consapevolezza terribile, poiché impalpabile, delle forze che si stanno accumulando per poi scatenarsi — tutto ciò si trasmette in modo concreto allo spettatore, rendendolo direttamente partecipe delle passioni rappresentate.
Occorre sottolineare, inoltre, un fatto molto importante per la struttura drammatica della triplice tenzone: la musica, che finora era commento e complemento della coreografia, viene a tacere nel momento in cui i tre avversari si trovano separati dalle barriere: l'immobilità corrisponde dunque al silenzio.
All'improvviso, però, i laser si ritraggono lasciando libero il passaggio. Qui-Gon riesce a raggiungere Maul, però Obi-Wan rimane a sua volta prigioniero nell'incorporea gabbia di energia e si fa spettatore di un evento al quale non gli è possibile partecipare.
La musica riprende nel momento in cui Qui-Gon si scaglia contro Maul, che replica la promenade en arrière fino a raggiungere un ballatoio sull'orlo di un baratro. La scena di lotta si colma di presagi poiché si odono, sussurrate dal coro, quelle stesse parole sanscrite che avevano accompagnato l'arrivo di Maul a Tatooine. Con un rapido movimento di mezza rotazione, il Sith trafigge Qui-Gon mentre dall'orchestra sorge una dolorosa, interrogativa figura melodica discendente che si contrappone —in una sorta di dialogo senza parole— alla proterva affermazione del motivo ritmico associato a Maul, che viene ripetuto undici volte:
Obi-Wan può quindi varcare —troppo tardi però— le barriere aperte. Da questo momento fino al termine del duello l'orchestra tacerà del tutto e l'unico supporto sonoro della coreografia sarà l'intenso ronzio delle lame di luce, il loro cozzare e il rumore dei passi dei due guerrieri, a riprova che si può danzare sulla musica, contro la musica, e addirittura in sua assenza.
La lotta accanita sull'orlo dell'abisso vede quasi un pas seul (21) di Maul, che galvanizza l'attenzione del pubblico con una serie di demi tours (22) alternati a destra e a sinistra, l'ultimo dei quali termina con una plastica, tesissima posa en allongé destro lungo la diagonale 6-2, il braccio proteso ad impugnare la doppia spada. Questa posa è ripetuta in opposizione simmetrica da Obi-Wan. Il punto di vista dello spettatore è una volta ancora situato in alto, su di un livello superiore al piano scenico: è quindi riproposta la fuga prospettica che si offre agli occhi degli spettatori nei palchi.
Maul rotea la spada, compie una serie di demi tours verso destra, verso sinistra, verso destra ancora, parando i colpi di Obi-Wan che, alla fine, trancia di netto l'elsa della doppia spada. Caduto riverso, Maul si rialza una volta ancora e compie tre pas de chat en tournant (23) scendendo lungo la diagonale 6-2 (secondo il punto di vista, nuovamente proposto, del "palco"). Sferra un calcio con la destra, compie ancora un grand jeté en tournant e si dispone in una posa di guardia aperta perpendicolare allo spettatore.
Con un gesto della mano, egli scaglia Obi-Wan nel pozzo aperto sull'abisso. La coreografia evolve nuovamente in senso drammatico, mentre il Sith fissa dall'alto, con crudele compiacimento, il nemico precariamente appigliato ad una sporgenza della parete e sospeso sopra l'infinito. Con ampi gesti oscillanti del braccio, Maul colpisce con la spada l'orlo del pozzo, facendone sprizzare miriadi di faville. Ma il Jedi si riprende, recupera la spada e, balzando sull'antagonista, gli vibra il fendente mortale che lo farà precipitare, tagliato in due, nell'abisso.
Questo è il ricchissimo tessuto coreografico sul quale è condotta una delle scene di lotta più entusiasmanti della Saga (almeno sino ad oggi, in mancanza dei due episodi conclusivi dai quali ci attendiamo sensazionali soluzioni di regia). La sua stilizzazione drammatica risulta scarna ed essenziale, liberata come essa è dal vincolo della parola che nel contesto sarebbe risultata pleonastica. Danza, teatro nella conduzione narrativa della Saga: un unicum di irresistibile efficacia che, in virtù del proprio effetto straniante, viene ad assumere valenze quasi rituali.
Maul, demone della danza, della sua stessa danza è vittima.
Note:
(1) Secondo fonti non accreditate, il suo nome anteriore alla trasformazione in guerriero sith sarebbe stato Khameir Sarin, zabrak di Iridonia.
(2) Ingl. to maul, straziare, fare a pezzi; sost. maul, mazza, maglio. Il sostantivo < lat. malleus, martello, maglio. Cfr. sp. mallo, port. malho, russo molot.
(3) Il nome del martello di Thor in a. norv. è Mjollnir, la cui radice è la medesima di malleus. Da rilevare la caratteristica delle due armi: martello a doppia testa di Thor e spada laser a doppia lama di Maul - duplici e doppiamente pericolose anche in senso metaforico, in quanto portatrici di implicazioni simboliche ambivalenti.
(4) Odile è una strega, figlia e complice di Rothbart, un mago altrettanto malvagio.
(5) Membro della confraternita musulmana sufica dei Dervisci, che si propongono l'unione mistica con Dio mediante l'ascesi e la danza.
(6) "Allineamento" significa, nella terminologia coreutica, la disposizione della testa e degli arti lungo linee ideali che si immaginano percorrere l'intero spazio scenico nella sua tridimensionalità.
(7) Parte anteriore del palcoscenico, compresa fra l'arco scenico e l'orchestra.
(8) Divertimento. Serie di danze all'interno di un balletto, svincolate dal contesto della trama e con funzione meramente esornativa.
(9) Passo d'azione. Un momento del balletto in cui l'azione viene rappresentata attraverso la danza e non attraverso la pantomima.
(10) Passo a tre. Una danza eseguita da tre ballerini.
(11) Potremmo addirittura assegnare ai tre personaggi questi ruoli: protagonista, Maul; deuteragonista, Qui-Gon; tritagonista, Obi-Wan.
(12) La figurazione è una successione di note non estesa che, nel contesto di una frase musicale, si percepisce subito in quanto caratterizzata da ben individuate peculiarità melodiche e/o ritmiche. L'ostinato è una formula melodica che si ripete più volte e che si contrappone ad altre voci nell'ambito della stessa composizione.
(13) Allungato/a. Si riferisce alla posizione delle braccia, che sono in quasi completa estensione. Si oppone concettualmente e tecnicamente a arrondi (arrotondato).
(14) Secondo l'antica definizione ormai in disuso, spalleggiamento. Si riferisce sia alla torsione del busto e, conseguentemente, delle spalle, sia all'orientamento assunto dal corpo nelle pose in diagonale (croisé ed effacé).
(15) Questa opposizione tra la verticalità delle spade dei due Jedi e l'orizzontalità della doppia lama di Maul è volutamente sottolineata; si verifica, oltre che nell'atto dello "sguainare" le spade, anche più avanti, in una scena visivamente affascinante in cui Maul è ripreso di spalle, con la spada orizzontale, e Qui-Gon si intravede al di là di lui, con la lama verde eretta in posizione difensiva.
(16) Sviluppato. Indica un movimento di estensione della gamba a partire dalla posizione di flessione, con la punta del piede che tocca il ginocchio della gamba portante.
(17) Danza che attinge al patimonio folkloristico ed etnico o che presenta una natura comico-grottesca.
(18) Giro in aria, passo tipico della danza maschile.
(19) Camminata all'indietro.
(20) L'attitude è una posa di equilibrio su una gamba, mentre l'altra è sollevata all'indietro ad angolo retto, con il ginocchio piegato.
(21) Assolo.
(22) Mezzi giri.
(23) Il pas de chat (passo/i di gatto) è un salto in cui i piedi vengono raccolti sotto il corpo. La versione en tournant appartiene alla danza maschile.
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