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L'alchimia di Star Wars
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di Davide G. Canavero |
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Quale formula alchemica si cela dietro Star Wars? Non possiamo fare a meno di pensare che l'oscuro lavoro degli alchimisti —parenti stretti dei maghi— abbia qualcosa in comune con il mistero creativo dei grandi narratori come Tolkien o Lucas, che sanno incantare con le loro storie magiche; forse perché ogni storia è un incantesimo, ogni favola un esorcismo.
O, se preferite metterla su un piano più rassicurante, esiste una "ricetta" che ha permesso al regista-cantastorie di dare ai film della sua saga un "sapore" inconfondibile, garantendone il successo? E se c'è —interrogativo altrettanto importante— è cambiata nel tempo? Per rispondere occorre un'analisi articolata dei film di Star Wars; e dalla loro scomposizione negli "ingredienti" costitutivi potranno scaturire molte altre considerazioni interessanti.
Ma come setacciare la pietanza senza guastarla, come scomporre la mistura alchemica senza annullarne il sortilegio? È fuor di dubbio che, entrando nella bottega dell'artista e analizzando al microscopio la sua opera, un po' della magia svanisca; ciononostante l'indagine vale la pena di essere condotta.
Dei sei film che compongono l'esalogia possiamo tentare di misurare le componenti base, ciascuna delle quali discende da un determinato genere narrativo o cinematografico (Star Wars non è forse un raffinato pastiche? un intruglio ben riuscito?), cercando di dare una valutazione il più possibile obiettiva ed equilibrata, quantificata da 1 a 10. Non si tratta di voti scolastici; 6 non rappresenta la sufficienza, perché l'assenza di una componente o "ingrediente" non è di per sé una pecca, bensì una scelta narrativa; più o meno consapevole, ma generalmente non censurabile; né il valore massimo per uno degli elementi costituisce automaticamente un pregio. Perciò se in un film —qualsiasi film, prescindendo da Star Wars— è del tutto assente, ad esempio, l'elemento grottesco, oppure l'elemento mitico, non per questo l'opera deve essere giudicata scadente. Possono sussistere scelte di stile ben precise che rendono semplicemente inutile o fuori luogo il ricorso a quel genere di tematica.
Tuttavia non si può ignorare che da Star Wars ci si attende una formula abbastanza precisa, quella impostata dal primo film che, fondendo e armonizzando generi disparati, ha dato vita a ciò che siamo costretti a chiamare genere Star Wars. Un allontanamento troppo vistoso da quel modello rischierebbe di scontentare il pubblico, come scontenterebbe i fan di James Bond un film intimistico dedicato all'agente 007, senza inseguimenti spettacolari e bond girls. La formula non si può tradire più di tanto. Talvolta invece, nel tentativo di sfuggire a una sua ripetizione autoreferenziale ossessiva, gli autori tentano la via del rinnovamento, con risultati alterni.
È quello che, parzialmente, ha fatto George Lucas alla fine degli anni '90 creando nel suo laboratorio una formula nuova per i Prequel, prendendo le distanze dal modello originale della leggendaria Trilogia Classica. Anche questo, accanto ad altri fattori, secondo alcuni ha reso i nuovi film meno leggendari; sicuramente un po' spiazzanti.
Quanto e come è cambiata la formula? È ciò che cerchermo di capire.
Parametri di valutazione
Valuteremo ciascun episodio secondo sedici parametri che corrispondono a filoni o generi, ai quali sarebbero quasi interamente ascrivibili non pochi film detti —appunto— "di genere" perché in essi quella componente specifica è dominante; per Star Wars, invece, individuare un genere dominante è compito proibitivo e conviene ricorrere alla denominazione personalizzata di cui si è detto, un genere a sé, che testimonia la spiccata "personalità" della saga.
Le voci sono divise in gruppi di decrescente rilevanza, cui corrispondono, negli schemi che proporremo, gamme di colori di decrescente saturazione.
Il primo gruppo è quello che potremmo definire l'elemento aulico / letterario: mito, epica, tragedia, sublime/lirismo, avventura e misticismo; è il più importante per rendere nobile ed elevata un'opera — e qualcuno potrebbe persino dire ampollosa, fatto salvo l'elemento avventuroso, percepito come più popolare degli altri, e tuttavia troppo essenziale per l'anima della saga per trovare cittadinanza negli altri due gruppi. Diamo in breve una definizione dell'ambito di questi parametri, la cui evidenza forse non è sempre così immediata:
MITO: misura la presenza e/o intensità di mitologemi, schemi narrativi ancestrali che si richiamano al mito e alla favola; ha il primo posto assoluto perché le sue meccaniche sono quelle che hanno conferito a Star Wars il suo carattere di reinvenzione di temi mitici universali in una chiave nuova, come innumerevoli articoli, libri, tesi e mostre hanno dimostrato; e lo SW Athenaeum tra loro (cfr. sezione Influenze - Radici culturali);
EPICA: misura la presenza e/o intensità di scene di epica guerresca o epica di viaggio (spesso affine all'avventura) e di duelli; dopo l'elemento mitico, quello epico è il più essenziale per permettere a Star Wars di essere all'altezza della fama di epopea moderna che si è costruita;
TRAGEDIA: misura la presenza e/o intensità di scene fortemente drammatiche e tragiche, che toccano nel profondo i personaggi; fondamentale per conferire pathos e garantire coinvolgimento;
SUBLIME (LIRISMO): misura la presenza e/o intensità di momenti sublimi altamente lirici, che emozionano in sé e per sé; spesso meramente visivi + musicali (cfr. il tramonto dei due soli); senza questi momenti, un'epopea vivacchierebbe nella mediocrità;
AVVENTURA: misura la presenza e/o intensità di scene avventurose, viaggi, catture, fughe rocambolesche, ecc.; la sua importanza è ancora molto grande per conferire vivacità, ed anche perché sia l'elemento mitico che quello epico (cfr. epica di viaggio) sono attraversati in filigrana da quello avventuroso; qui, dall'elemento di genere avventuroso dipende in larga misura ciò che generalmente è indicato come "ritmo" dell'opera;
MISTICISMO: misura la presenza e/o intensità di tematiche soprannaturali, mistiche, spirituali; è l'ultima delle componenti essenziali di un capitolo di Star Wars che possa dirsi in linea con la tradizione (impossibile immaginare questa saga senza la Forza);
Il secondo gruppo è più legato ai generi cinematografici in senso stretto: commedia brillante, sentimento, intrigo, storia, fantasy. Nel suo complesso è ancora piuttosto importante ma non assolutamente vitale per fare dei film di Star Wars (perché è solo su di essi che abbiamo tarato i nostri strumenti di analisi, ricordiamolo) dei film veramente grandi; ci sono capolavori riconosciuti, in ambito starwarsiano, molto carenti in elementi di derivazione storica, ad esempio, o privi del filone investigativo, come TESB.
COMMEDIA BRILLANTE: misura la presenza e/o intensità di questo genere di rapporto tra i personaggi, improntato al battibecco con battute memorabili e allo humour di qualità; la sua presenza è altamente raccomandabile, non a caso caratterizza i film considerati più riusciti;
SENTIMENTO: misura la presenza e/o intensità dei sentimenti familiari, affetti filiali, sororali, paterni; dallo spazio che può avere questo filone tematico dipende una maggiore o minore capacità dell'episodio di coinvolgere sul piano emotivo, umano;
INTRIGO: misura la presenza e/o intensità di macchinazioni segrete, complotti, intrighi; la presenza di questa componente non guasta, aiuta a creare interesse per la trama, ovviamente;
STORIA: misura la presenza e/o intensità di tematiche, situazioni e richiami visivi che si riallacciano a vicende storiche; i richiami nascosti alla Storia, ancorché non essenziali, servono a dare solidità alla vicenda e all'ambiente, favorendo anche inconsciamente un'impressione di realismo;
FANTASY: misura la presenza e/o intensità di un'atmosfera "fantasy" secondo le caratteristiche tipiche del genere; questo filone ha indubbiamente cittadinanza in Star Wars, da sempre, ma non è sicuramente tra i più irrinunciabili;
Il terzo gruppo è quello degli elementi meno indispensabili per la saga per come la conosciamo: amore, investigazione, fantascienza, grottesco, comicità clownesca. Un capolavoro starwarsiano potrebbe essere del tutto privo di siparietti comici o di storie d'amore.
AMORE: misura la presenza e/o intensità di scene romantiche e prettamente amorose; l'elemento amoroso non deve necessariamente avere un particolare spazio in un film di Star Wars per garantirne la riuscita;
INVESTIGAZIONE: misura la presenza e/o intensità di scene di indagine ed investigazione in senso lato (e non sempre va di pari passo con l'intrigo); la componente investigativa è una delle meno presenti nella saga;
FANTASCIENZA: misura la presenza e/o intensità di tematiche che si richiamano alla fantascienza pura, all'estrapolazione scientifica, a riferimenti tecnici precisi, a citazioni esplicite di dispositivi tecnologici e a passi in cui la trama li riguarda; il filone prettamente fantascientifico —come da più parti si è compreso già da tempo e anche qui nell'Athenaeum si dimostra— è uno dei meno importanti e presenti nella saga, a dispetto delle apparenze, cui alcuni si fermano; fantascientifico è tutto ciò che richiede di possedere, o di acquisire, conoscenze tecnico-scientifiche per poter comprendere la trama stessa e i suoi eventi;
GROTTESCO: misura la presenza e/o intensità di scene, personaggi, alieni e situazioni grotteschi, deformi, strani, ma non necessariamente buffi: talvolta inquietanti; elementi grotteschi ci sono un po' in tutti i film di Star Wars, ma è superfluo dire che sono lungi dall'essere vitali;
COMICITÀ CLOWNESCA: misura la presenza e/o intensità di comicità sciocca e dozzinale e/o infantile, a la Jar Jar o ewoks; il filone più deleterio —se abusato— in un'epopea come questa.
Criteri di valutazione
Purtroppo non abbiamo alambicchi né spettrometri. Preso atto che una misurazione con metodo scientifico degli elementi di genere costituenti una narrazione è pressoché impossibile (forse iniziando dal calcolo dei minutaggi? senonché per ogni minuto diverrebbe ancora più arbitraria l'attribuzione di genere) e che ci si deve affidare a valutazioni empiriche, sono stati seguiti essenzialmente due criteri per quantificare la presenza di ciascuna componente: il primo è la possibilità di rievocare immediatamente con la memoria scene, momenti, aspetti visivi di quel determinato filone narrativo, così evidenti da essere ricordati da tutti, passando poi a un tentativo di enumerazione delle scene o degli elementi di quel genere per quantificarne nel modo più obiettivo possibile il peso.
L'altro criterio, complementare e altrettanto empirico, è la valutazione del tipo di incidenza (quantità / qualità): un elemento può essere poco presente quantitavamente ma molto concentrato e intenso, cioè accentuato, e la sua misura sarà ugualmente alta. Ricorderemo Attack of the clones come film in cui imperversa dall'inizio alla fine il tema dell'amore romantico, che però mai si traduce in scene di effusioni troppo accentuate né in tormentati conflitti, restando diluito dalla prima all'ultima scena; e ricorderemo in modo altrettanto vivido The Empire strikes back come film in cui abbonda il tragico, anche se esso —a ben guardare— è concentrato in poche ma intensissime scene. Da questo punto di vista, è parso più saggio unire le due valutazioni, per evitare di ottenere due diagrammi per ogni film: uno basato sulla quantità di momenti dei vari filoni, l'altro sulla loro intensità.
La nostra analisi dello "spettro chimico" dei film produce dei diagrammi che ci danno a colpo d'occhio una serie di dati interessanti.
Procediamo in ordine cronologico, dal 1977 ad oggi.
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il dono della spada, il giovane "messia" del deserto, il viaggio iniziatico con le prime prove, il vecchio mentore
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l'epica arriva verso la fine, ma la parte su Tatooine non è molto epica
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cruda morte degli zii, storia del padre di Anakin, duello Obi-Wan/Vader, morte dei compagni (specie Biggs)
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inizio film, epifania di Vader, tramonto due soli, deserto, dono della spada, duello, Luke usa la Forza in battaglia
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l'avventura non tocca il massimo perché c'è una parte iniziale più lenta, mentre Empire non ha attimi di sosta
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presente nelle figure "polari" opposte di Ben e Vader, ma meno che in Empire (niente spiriti e poca Forza in scena)
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a livelli molto alti, ma Empire lo supera
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l'affetto di Luke per la figura paterna di Obi-Wan; l'affetto della zia Beru; della "materna" Leia per Luke; persino Han
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l'unico intrigo del film è il tracciamento segreto dei ribelli fino a Yavin IV con il radiofaro
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caduta del Senato, duelli aerei ispirati alla II guerra mondiale; ma l'estetica della Trilogia è più sci-fi che storica
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tracce a Tatooine, con Ben Kenobi / Merlino e la locanda piena di creature fantastiche; il resto ha estetica sci-fi
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attorno alla figura di Leia ci sono accenni di "romance"
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la ricerca dei droidi su Tatooine: ma è investigazione passiva = dei cattivi e non dei protagonisti
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per il radiofaro, la Morte Nera, le spiegazioni scientifiche sull'attacco, e le modalità di attacco
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il grottesco è presente essenzialmente nella Cantina di Mos Eisley, ma è di qualità e non invadente
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assente nella versione originale, qualche sciocchezza nelle aggiunte dell'Edizione Speciale
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Commento A New Hope
Al primo film prodotto, A New Hope, si attribuisce il ruolo di prototipo di Star Wars, e quindi la responsabilità di aver impostato quali dovessero essere le componenti più importanti in vista dei futuri capitoli dell'epopea, presupponendo ovviamente che essi si mantenessero fedeli alla formula del primo, conservandone insomma quello che chiameremmo semplicemente lo stile. Divenne il modello di riferimento per gli altri episodi della saga, se è vero che la fedeltà alla formula è apprezzata mentre i cambiamenti sono guardati col sospetto, talvolta fondato, di snaturare l'anima dell'opera.
Quali sarebbero stati i generi narrativi, o filoni tematici, dominanti e caratterizzanti fu deciso proprio qui, all'origine dell'opera. È qui che Star Wars scelse la propria natura, la formula alchemica, come l'abbiamo chiamata: mito in filigrana, epica guerresca, tragedia, sublimità di indimenticabili momenti lirici, avventura "escapista" e mistica della Forza; con una generosa spruzzata di commedia brillante e molti sentimenti umani; il resto è accessorio, si amalgama nel calderone dei generi senza spiccare più di tanto.
E proprio grazie al fatto che i filoni privilegiati da Lucas nel creare la sua epopea furono i più nobili, l'opera risultò amata, ammirata, rispettata: un tributo "pop" di qualità al mito e alla fantasia. Se le scelte fossero state altre, Star Wars sarebbe potuto diventare da subito —per fare un esempio— una "serie" (non una "saga") di film prettamente fantascientifici a tema investigativo; oppure un misto disneyano di sentimenti e demenzialità infantile; e forse, piuttosto che trovarci a giudicarne l'evoluzione secondo queste formule narrative alternative, non saremmo affatto qui a parlarne.
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il folletto, la caverna, l'iniziazione, il ventre della balena, il deserto di ghiaccio, il "sonno" magico
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l'epica è più presente che in ANH: battaglia iniziale, epica di viaggio, duello finale
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l'ineccepibile rivelazione a Cloud City è un vertice tragico magnifico; così come il destino di Han
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paradossalmente il film migliore raggiunge il sublime di rado: da Yoda, nel duello finale, nella grandiosità imperiale
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i ritmi dell'avventura qui sono a livelli altissimi, è un inseguimento senza sosta
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tocca livelli unici in tutto l'addestramento di Yoda, che ne è la quintessenza; e c'è lo spirito di Obi-Wan
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l'aspetto "brillante" è molto presente e ancora più vispo che in ANH
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i personaggi sono divisi, ma il legame tra loro è fortissimo: il triangolo Luke Leia Han cementa il proprio affetto
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l'unica "macchinazione" o intrigo è la trappola su Cloud City, che parte fin dal pedinamento da parte di Boba Fett
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no radici storiche per la vicenda, spesso molto "privata"; ma cfr. la battaglia sui ghiacci dell'Alexandr Nevskij
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tutta la sezione su Dagobah per scenario, atmosfere, situazioni (Yoda come folletto, inizialmente)
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la storia d'amore tra Han e Leia prende forma; l'addio è struggente, anche se brillante per l'ultima battuta
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un minimo accenno nella circospezione dei nostri a Cloud City, dubbiosi se fidarsi
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pod iperbarico di Vader, i ripetuti problemi dell'iperguida, l'ibernazione di Han nel carbonio, la protesi di Luke
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poco presente: gli ugnaughts e la limaccia spaziale, per il resto è assente
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assente se non per lo Yoda iniziale versione "folletto"
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Commento The Empire strikes back
Se nel diagramma a barre che i parametri generano vogliamo vedere una "curva", essa nel caso di TESB diminuisce la propria ampiezza procedendo verso il basso, cioè verso le compomenti meno importanti, che sono tali, abbiamo visto, sia rispetto al modello di riferimento, sia in sé e per sé. La formula originaria viene rispettata e in qualche modo accentuata in quello che, a detta dei più, è il capitolo più riuscito ed emozionante della saga.
Con Empire vengono scatenate all'ennesima potenza tutte le componenti del primo gruppo, quello aulico e sublime, che già erano le dominanti di ANH, viene dato grande spazio alla commedia brillante facendone un film vispo, ancor più del predecessore, e alla componente fantasy; per il resto, quasi tutte le caratteristiche della parte bassa del diagramma tendono a svanire completamente. Si può notare a occhio nel grafico come TESB sia "scientificamente" il film migliore poiché eccelle nel primo gruppo e si disimpegna dagli altri; è più monocolore, se vogliamo, più concentrato, mirato, teso al suo obiettivo. Come una tragedia classica, tesa, forte, asciutta, densa, che non si perde in fronzoli, non si lascia distrarre dal suo fine ultimo: TESB è una corsa precipitosa, una cavalcata perfetta, che non consentirà mai a nessuno di liquidare a cuor leggero questa saga.
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la bella addormentata al maschile, la tana del mostro, la vittoria sul maligno
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la battaglia orbitale di Endor, il duello fatale che decide i destini della Galassia; gli ewoks smorzano la solennità
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i dialoghi tra padre e figlio e la risoluzione della storia sono a livello altamente "tragico"
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morte di Yoda, dialogo fra i gemelli, quello padre / figlio, il duello finale, la pira sacrificale
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la vicenda rocambolesca da Jabba, l'esplorazione di Endor; in altre parti spazio dato ai dialoghi, che rallentano il ritmo
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Yoda e la sua morte; la presenza scenica dell'Imperatore, lo scontro finale col "maligno"; gli spiriti jedi
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i dialoghi con Han e con i droidi
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il sentimento fraterno di Luke e Leia regala momenti molto intensi; quello di Vader e Luke è forse ancora più toccante
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c'è intrigo nella trappola costituita dalla Seconda Morte Nera a Endor, che attende i ribelli
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il vascello "pirata" di Jabba, con tanto di pedana per il condannato; ma l'estetica è più sci-fi che storica
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ancora più che in TESB: gran parte di Endor, villaggio ewoks; ma anche il Palazzo di Jabba ha sapore fantasy
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l'amore che sboccia tra Han e Leia, dal salvataggio da Jabba, all'equivoco della gelosia
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minimamente presente nella ricerca su Endor
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presente solo nell'attacco alla seconda Morte Nera, esposizione sullo scudo proiettato da Endor
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tutta la corte di Jabba, il villaggio ewok, le modalità sciocche della cattura, la battaglia primitiva
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per certi siparietti indigesti di Chewbacca con gli ewoks e per il numero musicale da Jabba
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Commento Return of the Jedi
Il profilo di Jedi è abbastanza vicino a quello del film capostipite, se non fosse per una crescita del filone fantasy e di quello grottesco, in buona parte dovuti alla sezione nel Palazzo di Jabba, ma non solo; e di tracce preoccupanti di comicità clownesca.
Osservando il diagramma —specie quello sinottico più sotto che permette raffronti diretti— la più o meno assodata inferiorità di Jedi rispetto ai due episodi precedenti non è da ricercarsi in cedimenti nel primo gruppo, quello delle componenti "nobili", che reggono benissimo e anzi raggiungono qui vertici notevoli, con lo scioglimento altamente sublime dei nodi dell'intera saga; bensì nel crescere di un paio di elementi inquinanti, come un grottesco talvolta ingombrante e kitsch e una comicità fuori luogo un po' infantile, che offuscano solo leggermente la grandiosità dell'affresco di questo capitolo finale dell'epopea. Ma Lucas ci avrebbe fatto conoscere cadute di tono molto peggiori.
Una delle differenze più evidenti rispetto a TESB è lo spazio riservato al sentimento: l'approfondimento del rapporto tra Luke e Leia e di quello tra Luke e Vader, temi che non potevano avere cittadinanza nell'oscurità e nell'isolamento di Empire.
Riassumendo e sintetizzando: tre decenni fa, il primo Star Wars si basava su questa formula:
MITO, attualizzato con il lessico della fantascienza, ma pur sempre mito + AVVENTURA rocambolesca e naif, trascinante, a la Dumas, + EPICA, sia guerresca che di viaggio + COMMEDIA BRILLANTE, nei battibecchi incentrati su Han Solo; il tutto percorso da momenti continui di grande SUBLIMITÀ.
Ne L'Impero colpisce ancora si aggiunsero un altro paio di fondamentali ingredienti:
+ MISTICISMO, con un approfondimento etico della storia e risvolti gnomici (= sapienziali) + TRAGEDIA di stampo classico, con tanto di poderosa agnizione (non banale, non scontata, non forzata: in una parola perfetta e leggendaria), e momenti sublimi più radi ma comunque molto intensi.
Ne Il Ritorno dello Jedi le cose non cambiarono di molto, ma spiccavano due aspetti contrastanti:
+ il GROTTESCO e il comico "basso", da Jabba agli ewoks (i quali sottraggono all'elemento epico una parte della sua forza, cfr. battaglia terrestre di Endor) + il SUBLIME, con il ritorno di momenti di notevole sublimità soprattutto nei numerosi e importanti confronti tra personaggi: Luke con Leia, Vader e l'Imperatore, confronti decisivi e ben più numerosi rispetto a ANH e TESB. Del resto, dalla conclusione di tutta l'epopea non ci si poteva attendere di meno.
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la Profezia sul Prescelto, l'assenza di padre, il piccolo "messia" del deserto; l'incontro tra lo schiavo e la regina
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epica di viaggio, e poi epica guerresca nella parte finale ma smorzata dal clownesco Jar Jar
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la morte di Qui-Gon, destabilizzante per il piccolo Anakin, rafforza un po' il film
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sublimi le figure (come Amidala) più che le situazioni; l'addio alla madre, il duello finale
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la fuga, la deviazione a Tatooine
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la Profezia sul Prescelto che portrà equilibrio nella Forza, una parte dei midichlorian
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a livelli minimi: qualche battibecco che si concentra sulla figura di Qui-Gon
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la tenerezza di Shmi per il figlio e del figlio per la madre, l'addio struggente
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la trama nascosta col doppio gioco di Sidious / Palpatine, difficile da cogliere senza glosse
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corsa "bighe", Federazione simile a una Gilda, regina contro "l'invincibile armata", aspetto di Naboo, molti costumi
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tracce di fantasy a Naboo, soprattutto nella civiltà gungan; meno in quella naboo
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affetto nascente Anakin/Padme, acerbo ma già delineato, con momenti riusciti (l'incontro, il freddo nello spazio)
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un accenno nella parte iniziale: scoprire le intenzioni dei Mercanti
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il controllo remoto dei droidi e l'attacco di Anakin al reattore, una parte dei midichlorian
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lo speaker bicefalo della corsa, molti degli alieni, gli accenti dei neimoidiani
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purtroppo debordante a causa di Jar Jar e di certe cadute di tono inammissibili (cacche e il peto)
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Commento The Phantom Menace
Ed eccoci alle dolenti note. Nel 1999, dopo vent'anni di ruggine, l'alchimista ha pressoché del tutto dimenticato come usare i suoi alambicchi, e balbetta le formule sbagliando le dosi del suo intruglio; sempre posto che volesse attenersi al modello e che non intendesse (come forse ha davvero inteso) modificare la mistura per rinnovarla; in ogni caso, è così che noi, il pubblico, la critica, gli appassionati, l'abbiamo giudicato: come un capitolo di Star Wars.
A giustificare Lucas basta l'idea che il film fosse "bambino" e che dunque la formula dovesse mutare? Bastano le dichiarazioni di poetica precedenti l'uscita di Ep1 secondo le quali lo stile dei Prequel sarebbe stato diverso, soap-operistico? Non del tutto, perché per mutare la miscela bisogna mutarla bene, o l'alchimia non funziona più, il sortilegio si spezza. E poi certe dichiarazioni candide rischiano di togliere ogni dubbio sulla volontarietà del misfatto.
Lo Star Wars del 2000 / del passato infantile di Darth Vader non parte esattamente col piede giusto, quello di Jar Jar che zompa su escrementi della fauna spaziale. Cacche e peti non aiutano di certo a impostare bene un'epopea. Ecco insomma il primo, clamoroso dato che emerge guardando lo "spettro" delle sostanze che compongono Menace: a tagliare il traguardo è nientemento che la comicità clownesca e infantile, quella che in Empire era praticamente assente. Siamo agli antipodi, siamo persi nel fitto sottobosco lungi dalla via maestra. Tutte le voci del primo gruppo arretrano, tutti i generi nobili, di ascendenza letteraria, che con la loro bellezza e intensità contribuirono a creare il mito di Star Wars, si annacquano in un brodo spielberghian-disneyano, a tratti indigesto. E dove trionfa il clownesco, crolla anche la commedia brillante, e fa sensibili passi indietro persino il misticismo. Sulla carta sembrerebbe un disastro addirittura incommensurabile.
Ma saremmo ingiusti, e mentiremmo, se tacessimo i lati positivi, la crescita di elementi comunque interessanti come i riferimenti alla Storia e soprattutto l'infittirsi di una trama nascosta di straordinaria fattura e complessità: qui è dove George Lucas è riuscito a far passare nei suoi alambicchi dosi più generose di nuove sostanze; anche se si potrebbe ugualmente obiettare che gli intrighi restano oscuri e che un narratore veramente abile avrebbe saputo spenderli meglio.
Film di stridenti contrasti, dunque, molto più di ROTJ: da una parte siparietti demenziali miranti a divertire il pubblico infantile che si identifica nel piccolo protagonista, dall'altra una macchinazione politica "fantasma" di una complessità e finezza incredibili, addirittura troppo ardua da cogliere e seguire nelle sue affascinanti sfaccettature.
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Rispetto a Ep1 anche la Profezia è meno citata, di mito resta poco; lo "stregone" Dooku / alter-ego ribelle oscuro
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solo nell'ultima parte, ma densamente; la battaglia che apre la Guerra dei Cloni e i 3 duelli
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la morte della madre, la vendetta (crimine di hybris), l'irruenza nell'affrontare Dooku (hybris)
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la madre: tramonto, morte, strage, racconto; duello Anakin / Dooku, titanico duello Yoda/Dooku, tramonti finali
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le peripezie di Anakin e Amidala lo sono solo in parte; ma la cattura nell'arena è vera avventura
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veramente ridotto ai minimi termini; si stenta a trovarne traccia
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i battibecchi tra Anakin e Obi-Wan; qualche goffo tentativo di battibecco tra Anakin e Padme
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la scena toccante tra Anakin e la madre che lo rivede dopo dieci anni; l'affetto tra Anakin e Obi-Wan
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la trama oscura dei cloni ordinati da non si sa chi è un plot d'intrigo tutto da scoprire, senza pari
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ludi gladiatorii nell'arena, poteri dittatoriali al Cancelliere (Roma, Weimar), le Gilde; un'estetica molto "storica"
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buona parte di Geonosis è improntata al fantasy (in particolare un fantasy barbarico)
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debordante, non di rado sopra le righe
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presente ai livelli massimi per la saga: tutto il plot di Obi-Wan
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questione della clonazione, bombe sismiche, problemi di trasmissione e ri-trasmissione di segnali olografici
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Dexter Jettster; certe pose di Yoda nel duello e certe scene d'amore; i geonosiasi
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fortunatamente minima, se non nelle (accettabilissime) scene di C-3PO nell'arena
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Commento Attack of the clones
Qui le cose si fanno fumose e particolarmente incerte, dal punto di vista della valutazione finale. Diciamo subito ciò che i più acuti avranno notato: per quanto detto finora, a colpo d'occhio il diagramma di AOTC ce lo svela come il film di Star Wars più lontano dalla formula originaria, che potrebbe significare il film "peggiore". Ma è opinione diffusa che non sia affatto così.
All'improvviso qui schizzano ai massimi livelli mai registrati nella saga i valori di alcune componenti: il genere prettamente amoroso, quello investigativo (che aveva lasciato poche tracce fino ad allora), l'intrigo, ancora più accentuato e ingarbugliato rispetto a Ep1; e continua ad assestarsi su livelli molto alti l'elemento storico, particolarmente evidente nell'estetica, come in Ep1. E parallelamente accade qualcosa di strano per Star Wars, qualcosa di indubbiamente "snaturante": precipitano in caduta libera —come il nostro Anakin— due elementi di genere fino ad allora essenziali, anche se già frenati in Ep1: il mito e il misticismo, due "pezzi da novanta", che fanno quasi perdere le loro tracce.
In compenso, precipitano anche il grottesco e la comicità clownesca, con la provvidenziale (e in parte indotta) marginalizzazione di Jar Jar. Ecco perché non si può dire che AOTC sia il semplice proseguimento di Ep1, nella direzione di un ulteriore allontanamento dai modelli: è anche un recupero della dignità perduta, con l'abbandono della demenza e i tentativi parzialmente riusciti di tornare alla commedia brillante, che fa capolino nella storia e lascia davvero il segno un paio di volte.
Insomma: AOTC eccelle dove non eravamo abituati a veder eccellere i film di Star Wars, crolla in mito e mistica, ma si tiene lontano da cadute di tono rovinose e, anche grazie a una parte finale eccellente, lascia un'impressione di grandiosità epica superiore alla somma delle sue parti.
Inoltre rimane "aperta" in maniera molto inusuale la soluzione dei suoi numerosi enigmi, quasi tutti insoluti anche dopo i titoli di coda: le vere intenzioni del Conte Dooku, l'identità di chi ha ordinato la produzione degli eserciti dei cloni, le eventuali connivenze dei Jedi, ecc. Tutto è volutamente avvolto nel più fitto mistero in vista delle soluzioni degli enigmi (anche di alcuni misteri sospesi di Ep1) che solo Lucas conosce fin dall'inizio e si appresta a fornire, per dare scioglimento all'intrigo e definitivo compimento al progetto della saga.
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Faust, Frankenstein, immortalità, patto col diavolo, morte / rinascita, strage innocenti, discesa Inferi, neonati nascosti
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grande battaglia iniziale, duello con Dooku, tutte le altre battaglie del film fino ai due duelli finali: è il film più epico
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crimini di Anakin per tutto il film, alternati a sensi di colpa; stragi, strangolamento di Padme, tragica fine degli amanti
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sequenza iniziale, ordine 66, investitura Sith, eclissi, duello Sidious / Yoda, duello Anakin / Obi-Wan tra le fiamme
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tutta la parte iniziale fino alla caduta della Invisible Hand; le peripezie di Obi-Wan
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Yoda sull'attaccamento; dottrina del Lato Oscuro su immor- talità; i poteri di Palpatine; contatto mistico con Qui-Gon
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i brillanti scambi tra Anakin / Obi-Wan; la memorabile scena di Yoda che getta a terra le Guardie Rosse
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affetto Anakin a Obi-Wan; "affetto" deforme e malefico di Palpatine verso Anakin; affetto Yoda / wookiee
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il doppio complotto dei Jedi contro Palpatine e di Palpatine contro i Jedi in cui Anakin è preso in mezzo
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proclamazione Impero, purga nemici dello Stato (varie dittature '900); Sith come veri e propri "eretici" dei Jedi
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Utapau, creature e scenario, Felucia, mondo esotico, scenario Kashyyyk, Yoda / Sidious come scontro tra maghi
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l'amore di Anakin per Padme e la paura di perderla è il motore dell'intera vicenda
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Obi-Wan indaga su Grievous a Utapau
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la questione della ricalibratura del segnale di ritirata del Tempio Jedi
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la caratterizzazione di Grievous
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le scene iniziali di R2-D2
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Commento Revenge of the Sith
L'atteso capitolo finale della saga di Lucas, che sbarca nel 2005 chiudendo un cerchio aperto 28 anni prima, per molti versi prosegue sul binario già tracciato dai due precedenti Prequel; tuttavia è altrettanto evidente la sua caratteristica di "ponte" gettato verso il futuro, verso l'Ep4 iniziale, quello pensato e girato tanto tempo prima, in un'epoca cinematografica e sociale lontana lontana. L'intenzione consapevole di plasmare l'estetica e il "sapore" del terzo prequel sul modello della Trilogia Classica lascia segni molto evidenti e può dirsi un'operazione di armonizzazione stilistica riuscita.
Oggetto per anni di dichiarazioni lucasiane, l'annunciata tragicità del film conclusivo si manifesta con forza sullo schermo e non delude le aspettative. Alla luce degli episodi I e II qualcuno poteva temere che il passaggio di Anakin al Lato Oscuro, lo snodo di tutto il film e dell'intera epopea, potesse essere trattato con un taglio fantascientifico, storico, soap-operistico o magari giallistico, noir: una certa "deriva" stilistica si era verificata soprattutto in Ep2, con l'abbandono di un tessuto mitico e mistico a sostenere la storia narrata, secondo la più sana tradizione starwarsiana.
Ebbene, la caduta del Prescelto viene trattata in termini mitologici come era lecito auspicare. In Revenge tornano a registrare una prolungata presenza scenica e una grande intensità drammaturgica quegli ingredienti narrativi fondamentali che sembravano essere andati smarriti: il mito, l'epica, la tragedia, il lirismo e il misticismo tornano prepotentemente per garantire alla saga una chiusura "col botto".
La genesi di Darth Vader vede intrecciarsi il mito di Faust, quello del patto col Diavolo insomma, e quello di Frankenstein; ormai autentici miti moderni, classici già con un pieno statuto di "mito": il capolavoro di Mary Shelley è nientemeno che il capostipite del genere fantastico, quindi citarlo è tutto fuorché una caduta di tono. Altro tema mitico (e mistico insieme) è la tentazione dell'immortalità, tematica chiave della storia. E poi il mito eterno e fondamentale in ogni epoca e in ogni cultura, quello della morte e della rinascita, che vede Anakin e Padmé morire e Darth Vader e i gemelli nascere: dalla morte la vita, dalla distruzione del passato la speranza di rinascita del futuro. Fa capolino, poi, la strage degli innocenti. Ha sapore mitico, più che storico, l'investitura Sith di Anakin, perché non ricorda certo quella di un cavaliere medievale. Domina la storia nella parte finale il mito senza tempo della discesa agli Inferi, la cui concettualizzazione trova la propria ipostasi concreta nelle immagini pregnanti del mondo lavico di Mustafar: l'Inferno interiore si riflette nell'Inferno esterno. E poi ancora il mito dei neonati separati alla nascita e nascosti, forte di innumerevoli antecedenti antichi, dei quali quello di Mosé è solo il più famoso.
Episode III è il tripudio di narrazione mitologica che ci si aspettava e davvero nessuno, in questo caso, può sostenerne l'inferiorità rispetto ai tre film classici impugnando come prova un tradimento dell'originario modulo espressivo, che anzi viene recuperato e portato a livelli di eccellenza: Revenge è altrettanto possente di Empire. Ma anche l'elemento tragico torna prepotentemente, e non solo per la tragicità complessiva della vicenda, che lascia pochi spazi al divertimento e dissemina la galassia di morti più o meno eccellenti; il tragico torna in scena anche in senso filologico, poiché Anakin si configura come eroe tragico a tutti gli effetti, protagonista di una straziante vicenda di peripezia tragica di straordinaria efficacia: incapace di affrontare la propria ossessione di perdere Padmé, egli mette in atto una trasformazione interiore scatenando eventi che conducono proprio alla perdita di colei che amava. Per sfuggire a ciò che temeva, lo mette in atto e resta sigillato nel proprio dolore e nella propria morte interiore: la maschera di morte di Vader ha più senso e più spessore adesso.
Che dire dell'epica? Si tratta del film che di gran lunga contiene il maggior numero di battaglie e duelli, e tutti ad alto livello. Gli scontri non hanno fine dal principio alla conclusione della storia e in ognuno di essi viene deciso qualcosa di importante, si compie un passo verso la catastrophé finale. Anche il sublime abbonda, con momenti lirici memorabili, a partire dalle tristi sequenze dell'Ordine 66, fino ad arrivare all'eclissi su Mustafar, dinanzi alla quale Anakin prende coscienza di non poter più tornare indietro, e al duello fatale con Obi-Wan. Non ha un posto secondario neppure l'avventura, presente soprattutto nella prima parte, forte di un ritmo mozzafiato, sostenuto persino (mentre è ancora possibile) da parentesi di commedia brillante.
In Revenge c'è tutto e c'è con intensità: è un film di straordinaria densità. Lucas ha saputo tornare fedele alla propria mistura originaria, pur spingendola ancora oltre nel senso della tragicità; e anche sotto questo profilo ha chiuso il cerchio.
Rivediamo in uno schema sinottico i vari diagrammi, per un confronto più immediato:
I Prequel: quando il passato del Mito è la Storia
La "formula" magica che garantisce il successo di Star Wars è dunque indiscutibilmente cambiata con la detronizzazione del mito e il suo rimpiazzamento con la Storia, quella con la s maiuscola, che ne eredita il ruolo di serbatoio dell'immaginario sotteso al racconto: Star Wars da racconto-mito o racconto-favola diventa racconto-storia, racconto-cronaca, che si rivolge al passato storico per tessere la trama delle vicende, portandosi dietro il fardello di certi schemi di comportamento ed eventi-simbolo già familiari perché studiati sui banchi di scuola, e l'eredità di un immaginario visivo rinnovato sì, ma più contestualizzabile, quasi più "terrestre".
Lucas dovette trovarsi poco allettato all'idea di elaborare un'altra epoca ancora all'insegna del mito, meccanicamente antecendete a quella già raccontata e da essa indistinguibile: avrebbe appiattito ogni idea di sviluppo temporale, privando le due trilogie di due fisionomie diverse ed eliminando ogni "stacco" tra esse, limitandosi a prolungare a ritroso nel tempo lo stile del racconto e il clima dell'ambiente. Quindi l'Autore, dovendo tornare indietro rispetto al presente atemporale del mito che permeava la Trilogia, per rendere l'epoca antecedente "storica", cioè "cronaca del passato", decise di cercare ispirazione nell'unico passato di cui abbiamo nozione, il passato storico, il nostro; come se nella nostra mente un passato (anche di un mondo di fantasia) non fosse concepibile se non in chiave di Storia.
Possiamo azzardare che un'altra motivazione dell'uso del modulo storico per i Prequel sia quella di conferire più credibilità e realismo alla vicenda complessiva, che ricordiamo dovrà culminare nella Trilogia da tempo nota. Ad esempio: partendo da quel tiranno cosmico e soprannaturale che è l'Imperatore —un maligno degno del mito— e dovendo fare un passo indietro per immaginare la cronaca della sua ascesa, la si ricalca su esperienze storiche reali: la corruzione della Repubblica —quella romana, quella francese, quella di Weimar— che diviene una dittatura, la carica stessa di "Cancelliere" Supremo, che sempre alla Germania rimanda; o le vicende specifiche: Giulio Cesare e Ottaviano Augusto che assumono poteri assoluti in maniera subdola rispettando formalmente il Senato; Luigi Napoleone, Presidente nel 1848 e poi Imperatore di Francia dal 1852 col nome di Napoleone III; Adolf Hitler, da Cancelliere del Reich nel 1933 ad autocrate assoluto e demoniaco ispiratore di conquiste, epurazioni, superuomini perfetti. Una costruzione solida, complessa e articolata nel caso di Palpatine, il cui nome vuole rievocare, tra l'altro, il colle Palatino di Roma: una costruzione nella quale, indubbiamente, c'è anche molta originalità creativa, poiché nessuna vicenda storica è paragonabile alle complesse e spregiudicate macchinazioni del Signore Oscuro dei Sith. Se Lucas ha attinto alla Storia, l'ha fatto con stile e con la sua solita visione grandiosa; resta sempre un grande fabbricante di sogni.
Ma la lista sarebbe lunghissima: la già citata antichità romana, con le corse dei pod ispirate a quelle delle bighe, i ludi gladiatorii ("venationes") nell'arena di Geonosis, anche se di un'esecuzione si tratta; e poi tutta l'estetica di Naboo, sospesa tra Venezia, Roma e Istanbul (vedi articolo); e ancora, il sistema delle Gilde mercantili che richiamano quelle tardomedievali, la Regina sola contro "l'Invincibile Armata" come Elisabetta I contro l'omonima flotta spagnola. E così via.
Questa interpretazione del ricorso alla Storia per rappresentare il passato del mito è complementare a un'altra che abbiamo dato in un altro contesto, quella di Ep2 (ma in parte vale anche per Ep1) come "film anni '50": «Con i Prequel, specie il secondo film, il regista torna letteralmente al passato sia nella finzione scenica della saga sia nelle fonti cui attingere l'estetica, il ritmo e le visioni del suo cinema»; [...] «Nel '77 [Lucas] diede inizio a una Trilogia che sembrava realizzata già negli anni '80 / '90, perché era avanti rispetto ai suoi tempi come ritmi, montaggio. Oggi ne realizza una cronologicamente precedente che, opportunamente, sembra realizzata negli anni '50, come se il giovane Lucas fosse balzato indietro nel tempo a girare nell'ordine corretto i suoi film, partendo dall'Ep1 in giovane età». (vedi articolo).
Storia e intrigo, talvolta intrecciati fra loro. In Episodio II, poi, l'intrigo da nascosto comincia a farsi anche spiccatamente ambiguo per lo stesso spettatore: quando Dooku rivela ad Obi-Wan prigioniero di aver preso le distanze dalla Repubblica perché essa è sotto il dominio del Signore Oscuro dei Sith, il dubbio ci attraversa. Che faccia il doppio gioco? L'ambiguità su dove stiano il torto e la ragione è destinata a esplodere in Episodio III, quando i buoni, cioè la Repubblica, diventeranno i malvagi... Se è innegabile —e analiticamente documentabile, vedi sopra— che lo stile della Trilogia Classica è stato abbandonato, è altrettanto innegabile che questi mutamenti hanno portato in dote a Star Wars una maggiore complessità di trama e di sfondo "storico", per l'appunto, laddove nella Trilogia tutto ciò era assente e lo scenario bidimensionale era quello di una Galassia stabilmente in mano all'Impero, insidiato solo da una ribellione di tipo rivoluzionario.
Teniamo presente, poi, che in Attack of the clones, nella sezione finale, torna alla riscossa in grande stile l'epica guerresca seria, senza troppi elementi sdrammatizzanti. Le battaglie dell'arena di Geonosis e quella in campo aperto non concedono nulla al tono leggero, e questo non accadeva dalla battaglia di Hoth nel 1980, perché sia in Jedi che in Menace ewoks e Jar Jar inquinavano il pathos; solo un paio di siparietti di C-3PO alleggeriscono il tono all'inizio, ma non sono lontanamente paragonabili alle cialtronate del decerebrato Jar Jar nelle praterie di Naboo, e finiscono per far risaltare la drammaticità di ciò che accade; basti vedere il gesto di Obi-Wan che si accerta se uno dei suoi compagni Jedi è morto. E infine i duelli: un finale assolutamente possente.
Pur conservando un'impronta comune, una formula vagamente costante (cfr. il cosiddetto plot formula, cioè il ritorno di situazioni tipiche) i film di Star Wars hanno ciascuno un proprio carisma peculiare, conoscendo oscillazioni di tono complessivo tra l'uno e l'altro che li rendono vari e piacevoli, laddove un capolavoro come il Lord of the Rings di Peter Jackson è nel suo complesso e in ciascuna delle sue parti molto più monocorde e costante; se l'avessimo analizzato avremmo innanzitutto dovuto aggiungere la voce "orrore" (doveroso visti i precedenti dell'ex regista horror neozelandese) ma soprattutto ci saremmo accorti che il diagramma o spettro degli ingredienti sarebbe rimasto costante per le tre parti, non registrando oscillazioni sensibili. Avremmo trovato in ognuno di quei (meravigliosi) film lo stesso tasso di orrore, di misticismo, di epica, di divertimento, di sentimento, di fantasy, ecc. senza variazioni visibili a occhio nudo; questo perché si tratta di un'unica opera continua, laddove Star Wars si compone di sei episodi staccati e indipendenti alla maniera delle trilogie tragiche, e ciascuno con un proprio clima peculiare.
Ritorno alla leggenda
Quale più evidente dimostrazione di ciò del fatto che Episode III rovesci ancora una volta la situazione riportando in auge gli aspetti mitici e tragici? Alla storia subentra nuovamente il mito, poiché una volta che lo sfondo è stato dipinto con i colori dell'affresco storico, una volta che i pezzi sono stati posizionati strategicamente sulla scacchiera nei primi due Prequel, è in termini mitologici che viene narrato l'atto finale di questa trilogia, saldando la leggenda della nascita di Darth Vader alla leggenda del suo potere e della sua redenzione. La Repubblica, con la sua colorata e decadente opulenza, è finita, il tempo della Storia è finito: ha inizio la dimensione atemporale e mitologica della lotta contro le forze del Male.
L'Alchimista Lucas ha quindi modificato sensibilmente la ricetta del successo della sua saga, innovando con coraggio ma con risultati alterni nei primi due Prequel, per poi tornare alla sua anima facendoci che —in fondo— la strada del mito non è mai stata completamente abbandonata. Ciò che sicuramente non è mutato in nessuno dei "canti" dell'epopea è la capacità della saga di affascinare, far discutere e spingere ad approfondirne senza fine l'analisi.
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