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L'umanità di Obi-Wan Kenobi

(in memoria di sir Alec Guinness, 1914-2000)

di Filippo Rossi


     Introduzione

     Due personaggi compaiono in tutti i film dell’Esalogia di Star Wars; di entrambi seguiamo l’intero svolgersi della vita, dalla giovinezza alla maturità alla morte — e oltre: Anakin Skywalker / Darth Vader, naturalmente, e il Cavaliere Jedi Obi-Wan Kenobi.
     Due vite strettamente intrecciate. La loro è una storia di eroismi e trionfi, ma anche di amicizia tradita, di arroganza ed orgoglio, di rovinosi errori e sensi di colpa; di scelte fatali e redenzione finale.
     La Saga di SW è costruita anche e soprattutto sul confronto tra questi due personaggi, sotto certi aspetti polari e inconciliabili: Anakin è sentimento, ribellione, emotività; Obi-Wan è ragione, allineamento, distacco. Modi di vita che solo alla fine, in Luke Skywalker (in un certo senso figlio di entrambi) troveranno una sintesi (1).
     Se Anakin/Vader, tra peccato e riscatto, è il vero protagonista della Saga, Obi-Wan (padawan, Cavaliere, Maestro, Generale, spirito guida) ne è il fondamentale coprotagonista.

     1. Obi-Wan come Virgilio

     L’Obi-Wan Kenobi di sir Alec Guinness è il primo e indimenticabile esponente del Cavalierato Jedi ad apparire sul grande schermo. Nel 1977 è stato il vecchio e nobile Ben a trasformare l’originale Star Wars (Episode IV: A New Hope) da ottimo film di fantascienza veloce e spettacolare a qualcosa di molto più profondo. Ben è stata la nostra preziosa guida nell’arcano "SW Universe": grazie a lui abbiamo conosciuto la Forza, le spade laser, il Lato Oscuro; l’abbiamo ascoltato mentre ci raccontava le storie del passato; ne abbiamo fatto nostri i consigli filosofici ("fidati del tuo istinto!"); ci siamo stupiti per i suoi eleganti sfoggi di misteriosi poteri. Dopo aver conosciuto Ben abbiamo subito capito che tipi sono i Jedi: abili diplomatici, affettuosi insegnanti, feroci combattenti, saggi e calmi maestri di vita... e creatori di miracoli.


     Anche nella Nuova Trilogia l’esordio tocca a lui. In Episode I: The Phantom Menace è il giovane Obi-Wan di Ewan McGregor a introdurre la Forza e a porne al centro dell’attenzione l’ambivalenza (2). È lui a farci capire che, pur legati ad un unico credo, anche i Jedi hanno predisposizioni personali verso l’una o l’altra delle due nature: la "Forza Unificante" (slegata dalla fisicità più immediata e capace di mettere in contatto i Jedi con l’infinito spaziale e temporale); e la "Forza Vivente" (più terrena, fisica, legata al presente). È Obi-Wan a coinvolgere il fatale pianeta Tatooine nella vicenda stellare. In fine, è sempre lui a mostrarci per la prima volta come davvero combattono i Cavalieri Jedi, esibendosi nel duello finora più coreografico e serrato della Saga.
     Oltre il pur affascinante e legittimo aspetto esteriore del saggio combattente, del guerriero mistico, del maestro di vita, esiste una chiave di lettura più profonda e impietosa del personaggio. Obi-Wan Kenobi ricalca le orme fallaci dell’Edipo Re di Sofocle e, con lui, di altri eroi tragici della Mitologia — soprattutto greca e celtica.

     2. Edipo stellare

     Nella classica tragedia di Sofocle il re Edipo cerca disperatamente di porre fine alla maledizione divina che affligge il suo regno, causata da una qualche misteriosa atrocità commessa in passato. Il cieco veggente Tiresia lo avverte: non bisogna sfidare gli dei immortali, un semplice uomo non ne è in grado; e comunque la rabbia divina ha sempre un motivo. Ciò che un uomo può fare è implorare il perdono degli dei e meritarlo con le azioni. Inutile: Edipo, sicuro di sè e altezzoso, si avventura alla ricerca della sorgente del dolore che tormenta il paese... fino a scoprire con orrore che il colpevole è lui stesso! Gli dei avevano maledetto il regno per punire gli immondi crimini del sovrano: l’assassinio del padre e l’unione con la madre. Distrutto dalla colpa ed umiliato, Edipo si cava gli occhi e fugge in esilio come penitenza per l’orgoglio dimostrato: egli aveva sfidato gli dei per aver creduto di poter mettere fine alla loro giusta punizione. Questa hybris (sfida agli dei) lo ha portato alla rovina.
     È nei prossimi episodi di SW che vedremo con stupore come i fatali errori di Obi-Wan Kenobi consegneranno la Galassia nelle terrorizzanti mani di Palpatine. In ogni caso l’hybris (nella tradizione celtica il corrispettivo è traha) e la punizione auto-inflitta del vecchio Ben sono già evidenti nella Trilogia Classica.

     3. "Pensavo di poterlo addestrare come avrebbe fatto Yoda. Avevo torto"

     Queste sono le sconsolate parole che il fantasma di Obi-Wan Kenobi dice a Luke Skywalker in Episode VI: Return Of The Jedi riferendosi al padre del giovane Jedi, Anakin.
     La difficile relazione maestro/allievo e padre/figlio tra Obi-Wan e Anakin è al centro della Nuova Trilogia e uno dei motivi dominanti dell’intera Esalogia di SW.
     Anakin Skywalker fu il potentissimo apprendista padawan del Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi che, una volta divenuto Cavaliere, scelse il Lato Oscuro della Forza ("più facile, più seducente") e assunse l’identità di Darth Vader. Il giovane e biondissimo Cavaliere allora tradì i Jedi e si mise al servizio dell’Imperatore del Male Palpatine; ne divenne "l’arma definitiva". Agli ordini del suo Dominatore Imperiale ha poi messo un’intera galassia a ferro e fuoco per oltre due decenni.
     Anakin opera la Scelta del Male e ne subisce fino in fondo tutte le conseguenze. Ma non è possibile non attribuire al maestro parte della responsabilità della scelta catastrofica dell’allievo (3).
     Anakin era allora giovane e vulnerabile: dov’era l’educatore che avrebbe dovuto aiutarlo ed indirizzarlo? Dov’era l’integerrima e amorevole figura paterna che avrebbe dovuto ergersi come uno scoglio frangiflutti contro inevitabili disperazioni, difficoltà e dubbi — ossia il Qui-Gon Jinn di turno? È clamorosamente mancato. Per motivi di inesperienza? Di incapacità? Di immaturità? O peggio, per arrogante invidia e antipatia strisciante nei confronti del dotatissimo Anakin... che, ricordiamolo, è pur sempre il padawan "forzato" di Obi-Wan (Qui-Gon gli strappa un affrettato giuramento in punto di morte).
     Capiremo le sue motivazioni nei prossimi film, ma già dopo Episode I possediamo molti indizi. In un primo momento l’Obi-Wan giovane ed irruente di Ewan McGregor si lascia scappare battute e atteggiamenti non proprio edificanti nei confronti dell’ancora innocente bambino prodigio, giunto come un fulmine a ciel sereno per complicargli la vita sostituendolo nel cuore del mentore Qui-Gon. E, alla fine di TPM, colui che alza la voce con il venerabile Yoda e con tutto il Consiglio Jedi pretendendo con la minaccia di avere il bambino come padawan, è un Cavaliere Jedi novizio evidentemente troppo testardo ed inesperto per una responsabilità del genere — e lui fa finta di non saperlo.
     A questo punto ci si deve chiedere perché il saggio Yoda lo accetta come maestro di Anakin. Yoda sa che Anakin potrebbe essere il profetizzato "Chosen One" (Prescelto); allora perché dà corda al giovane e scalpitante Obi-Wan, gettandogli sulle spalle un peso enorme: addestrare il bambino che in potenza è il più grande Jedi di sempre?
     I dubbi sulla condotta dei vari Jedi aumentano. Ma in Episode I (e anche successivamente) è Yoda, rispetto a Obi-Wan, che dovrebbe essere di gran lunga più maturo e responsabile delle sue scelte.

     4. La paura è la strada per il Lato Oscuro

     La Via Sith è facile e seducente; la Via Jedi è difficile e formalizzata.
     Il Lato Oscuro è più vicino alle strutture del pensiero adulto e alle situazioni sociali (sete di potere, aggressività, egoismo ed egocentrismo): i Sith assumono infatti apprendisti che hanno subito le tentazioni della vita adulta. Invece i Jedi rifiutano anche i candidati più dotati, se li considerano già in contatto con il mondo secolare; l’Ordine non insegna solo a porsi in contatto con la Forza, ma anche le dure regole e i rigorosi precetti del Codice Jedi. Le menti "vergini" sono le più facili da plasmare alla causa della devozione pura e senza secondi fini, perché non hanno ancora forti connessioni con la vita reale, non possiedono ancora pensieri, bisogni ed esperienze proprie. Per questo il Consiglio assume come aspiranti Jedi solo neonati, il cui potenziale viene rivelato dal conteggio dei midichlorian e che vengono strappati per sempre alle legittime famiglie... L’indottrinamento Jedi richiede quindi forti e abili insegnanti (4).
     Dunque, la decisione di accettare la candidatura di Obi-Wan Kenobi come Maestro di Anakin è davvero equivoca: Yoda è il guru del Consiglio Jedi, lo stesso Mace Windu gli lancia occhiate dubbiose; le decisioni dei dodici Maestri Jedi sono le decisioni di Yoda. Il piccolo e verde alieno dapprima rifiuta la candidatura del giovane Obi-Wan, ma poi — dopo la battaglia di Naboo e la morte di Qui-Gon — dà il suo consenso. Così, l’essere vivente con il più grande conteggio di midichlorian della storia, oltretutto non più infante, viene affidato ad un immaturo, impreparato ed impulsivo neo-Cavaliere Jedi.
     Forse Yoda aveva visto dei sentieri alternativi per riportare in equilibrio la Forza, sentieri che avrebbero richiesto una sofferenza minore alla Galassia (5): chissà come sarebbe cambiato il destino di Anakin con un più esperto ed umile Maestro... Ma poi è la paura del "Chosen One" a prevalere in Yoda!
     Il Maestro dei Maestri, il molto venerabile, il multicentenario veggente commette l’errore più grande affidando Anakin a Obi-Wan. Ciò che non si può controllare, si teme: Yoda ha timore di Anakin perché quel bambino, a nove anni, ha già una "sua" mente ed un "suo" legame col mondo esterno (come Luke in Episode V: The Empire Strikes Back). È chiaro: Yoda si aspetta che Kenobi fallisca nell’insegnamento, annullando la minaccia di Anakin: un debole insegnante eviterà che il temuto Prescelto raggiunga il pieno potenziale (6).
     Ironicamente, Yoda ha sia ragione che torto: il previsto fallimento di Obi-Wan causerà l’imprevista distruzione dei Jedi. "La paura conduce al Lato Oscuro": questo insegnamento è valido anche per i muppets verdi e con le orecchie a punta, non solo per i bambini biondi e infreddoliti. A giocare con la volontà degli dei si finisce sempre male.

     5. L'orfanotrofio Jedi

     Del resto, con quelle ambigue premesse ideologiche, la recente prassi dei Jedi — che, perduto il contatto empatico con le creature, privilegiavano la Forza Unificante a scapito di quella Vivente — era destinata ad un amaro fallimento (7).
     Questo ambiguo atteggiamento dei Jedi è ben esemplificato dal loro reclutamento forzato di infanti. A mio avviso questa procedura è discutibile, "contro natura". La Famiglia è il bene più grande per qualsiasi animale in età infantile: è la prima e più importante scuola di vita. Le ragioni dei Jedi possono essere senz’altro comprensibili; ma questo sistema significa distruggere le radici di una persona. Il legame umano fondamentale è quello familiare: è stato anche questo spregio dei legittimi genitori, questo distacco fin dalla più tenera età dalle "cose umane" (le emozioni, i sentimenti, la libertà e le prove ardue dell’infanzia e della giovinezza) a portare in età adulta i Jedi all’arroganza, all’isolamento e quindi ad un dannoso senso di superiorità (8).
     È di sicuro più facile plasmare delle menti vergini che affrontare un adulto per aiutarlo a distinguere il Bene dal Male; e spiegargli che la Scelta la deve compiere solo lui. La prassi Jedi di reclutamento è facile... comoda, furba ed anche un po’ vigliacca. Porta involontariamente ad un Male più grande (uno dei sensi ultimi di SW): viene infatti abiurata l’Etica coraggiosa, difficile ed immensa del Libero Arbitrio.
     Si devono conoscere ed accettare le proprie Emozioni, sia positive che negative, per poter arrivare a sublimarle. Non è giusto ignorarle fin dalla giovanissima età, giungendo perfino a cancellarle. I maestri che mantengono nell’ignoranza di sé stessi i propri allievi compiono l’errore più grande.
     Nell’Esalogia di SW gli unici Jedi a non subire la prassi del reclutamento di infanti sono Luke Skywalker e suo padre Anakin. Ed essi alla fine trionfano perché scelgono il Bene dopo aver vissuto appieno i loro umani sentimenti positivi (amicizia, amore) e negativi (paura, odio). Non perché li cancellano, o non li affrontano, o non li hanno mai conosciuti. Così, con Luke ed Anakin, trionfa anche il Libero Arbitrio.

     6. La Forza, questa sconosciuta

     Il Consiglio Jedi e lo stesso Yoda appaiono impotenti ed arroganti molto più di Obi-Wan di fronte alla "Volontà della Forza" — come direbbe il povero Qui-Gon Jinn.
     La Forza ai tempi della Nuova Trilogia è una vexata quaestio: Obi-Wan, Yoda, Mace Windu e la maggior parte dei Jedi la riveriscono come Unificante: un campo di energia mistica che è in relazione diretta col Destino (posizione fatalistica). Al contrario, la Forza per il ribelle ed irrazionale Qui-Gon Jinn è Vivente, ossia empatia e immediata interconnessione con tutte le creature viventi (posizione etica).
     Nella "questione Anakin" Qui-Gon non pensa alle conseguenze delle proprie azioni: egli non è legato alla Forza Unificante come lo sono Yoda e Obi-Wan, spaventati dai possibili futuri del "Chosen One". Qui-Gon è legato alla Forza Vivente, è interessato ad una immediata relazione padre-figlio con Anakin; un comportamento umano, anche se rischioso come tutti i comportamenti basati su vincoli affettivi. In ultima analisi Qui-Gon Jinn è un uomo in sintonia con chi lo circonda e la pensa proprio a modo suo: è significativo che, mentre Yoda e Obi-Wan considerano il Lato Oscuro l’argomento base della dottrina (il Ben di ANH arriva a introdurre la Forza a Luke citandone subito la "parte tetra e oscura"!), Qui-Gon non lo menziona mai (9). È un Jedi sui generis, che ha sfidato varie volte il Consiglio e ha rifiutato di farne parte.

     Il suo fedele padawan Obi-Wan è allineato con la maggioranza e non condivide la posizione dell’indisciplinato mentore; ma allo stesso tempo prova per lui un sincero affetto, forse ne intuisce la più chiara posizione etica. Obi-Wan sembra preso in mezzo tra questi titani — è lecito supporre che Qui-Gon non sia l’unico "eretico" nella cerchia dei 10.000 Cavalieri.
     Il fatto è che, tolta di mezzo la minaccia Sith da un millennio, i Jedi non hanno più avuto un’opposizione significativa: ciò porta alla decadenza. L’intero Ordine Jedi è sottilmente razzista (l'atteggiamento di superiorità nei confronti di chi possiede meno midichlorian nel sangue) e classista (la rigida distinzione interna tra Maestri e Allievi). Sembra porre attenzione agli scismi del passato e alle battaglie del futuro, più che al presente; alle teorie mistiche, più che al contatto immediato con la gente; alla conoscenza dell’inconoscibile, più che ad un’etica semplice ed efficace. I risultati sono indecisione, mancanza di risolutezza, beghe interne e un arrogante distacco fisico e filosofico dal quotidiano e da chi li circonda.


Un intenso primo piano del giovane Obi-Wan, interpretato da Ewan McGregor
     Qui-Gon Jinn, inascoltato martire in anticipo sui tempi, lascia presto Anakin, Obi-Wan e tutti i Jedi in balia di loro stessi; l’intero Cavalierato, evidentemente, ne dimentica presto gli insegnamenti di umiltà e umanità. L’hybris personale di Obi-Wan appare come il risultato dell’arroganza dell’intero Ordine Jedi. I Cavalieri pagheranno con la vita; lui rimarrà vivo, risparmiato dalla furia punitiva della Forza per essere il triste e segnato testimone della tragedia.

     7. Marionetta del Fato

     In TPM Qui-Gon Jinn cita esplicitamente il Volere della Forza in riferimento al suo incontro fatale con il giovanissimo Anakin. Così facendo aggiunge un nuovo piano di lettura al mitico logos (10) kenobiano della Trilogia Classica: "la Forza ci circonda, ci penetra, mantiene unita tutta la galassia...". Ora la Forza assume una dimensione provvidenziale: è una divinità.
     La Forza è un’immagine del "divino", è la forza vitale del creato (11).
     Nella perpetua ricerca dell’Equilibrio tra Lato Chiaro e Lato Oscuro, la Forza può giungere al concepimento virginale di esseri viventi, tramite i "microprofeti" midichlorian. Essi generano Anakin — l’ago della bilancia umano — per togliere di mezzo l’obsoleto Ordine Jedi e le sue decadenti teorie: la Forza è necessaria per i Jedi, ma non è vero il contrario. Purtroppo, nel breve termine questo processo porta alla tremenda (anche se fugace, rispetto alla cronologia universale) dittatura del Lato Oscuro. Il ruolo di Anakin, naturalmente, non finirà con l’eliminazione dei Jedi: poi toccherà a Palpatine; in ogni caso, in questo galattico equilibrismo le prime vittime sono i Cavalieri Jedi ed il loro campione: Obi-Wan Kenobi.
     Alla moderna ed etica interpretazione del Libero Arbitrio, sempre valida e preziosa in SW (soprattutto per la vicenda della famiglia Skywalker), si aggiunge allora una possibile interpretazione di tipo tragico, non solo per Anakin (12) — com'è evidente — ma anche per la vicenda di Obi-Wan Kenobi. Come nelle tragedie greche, si pone infatti la questione del perché la divinità-Forza dovrebbe punire il suo servitore Obi-Wan per degli errori che lei stessa l’ha predestinato a commettere...
     La Forza sta al di sopra dei Sith e dei Jedi, va oltre le pesanti restrizioni imposte dalla dottrina dell'Ordine Jedi — dalla maggioranza dei maestri — alla sua natura universale. La natura della Forza penetra tutte le cose, oscure e luminose, sacre e profane, benigne e maligne (13). L’emotivo Qui-Gon Jinn aveva intuito questa verità: egli si era reso l’umilissimo veicolo vivente della Volontà della Forza; Obi-Wan, la cui comprensione della Forza è più limitata, non riesce ad imparare dal Maestro questa lezione così difficile.
     La causa del pathos sta dunque nel confronto/scontro tra il mortale e l’immortale, tra il finito e l’infinito, tra l’Uomo e il Fato: tra Obi-Wan/Edipo e la Forza/gli dei. È questa la profonda tragedia dell’esperienza umana, la corrente d’ingiustizia che ci accompagna fino alla morte, e l’amara ironia che mette in relazione ogni spettatore all’eroe tragico della fiction classica. Obi-Wan Kenobi, come in verità tutti noi, può essere considerato uno schiavo del Destino (14).

     8. Peccati d’orgoglio

     Il bello è che Obi-Wan non si rassegna alla modestia di questa condizione, guadagnandosi così la simbolica "maledizione degli dei" e la nostra simpatia.
     L'orgoglio del personaggio è subito evidente in TPM. Un solo esempio: quando Qui-Gon Jinn comunica (come al solito) precipitosamente ad un allibito Consiglio che il suo padawan non ha più nulla da imparare da lui e che è pronto per il Cavalierato, Obi-Wan non ci pensa due volte: alza la testa, fa un passo avanti e conferma con spavalderia la propria candidatura. E subisce una bella lavata di capo da Yoda... Del resto proprio tutti avevano capito che Qui-Gon, sbrigativo e irruente, voleva togliersi di torno il vecchio allievo per dedicarsi completamente al nuovo pupillo Anakin. L’ambizione di Obi-Wan è tale da accecarlo e fargli addirittura dimenticare (anche se solo per il momento) la delusione di vedersi rifiutato dall’amato Maestro in favore di quel rompiscatole bambino prodigio.


     Nel romanzo di ROTJ di Kahn è lo stesso Ben, in un raro slancio di sincerità, a parlare senza mezze misure: "Il mio orgoglio ha avuto conseguenze terribili per la Galassia". Queste faticose parole, degne dell’Edipo di Sofocle (chissà quanto gli sono costate!), accennano alla colpevole autocandidatura come Maestro Jedi di Anakin. Ma quell’affermazione suggerisce un’altra più sottile riflessione; è infatti evidente che la presunzione spinge Obi-Wan ad assumersi la piena e totale responsabilità per la caduta di Anakin, e lo fa agire di conseguenza prima con Amidala e in seguito con gli eredi Luke e Leia. Purtroppo per lui, il nostro Cavaliere si dimentica sia di quelli che a suo tempo hanno avuto più gravi colpe (Yoda e i Jedi del Consiglio; in parte Qui-Gon Jinn; senza dimenticare Palpatine e, soprattutto, l’arroganza dello stesso Anakin); sia del fatto che in realtà, su un piano più alto, è stato il Volere della Forza.
     Il grande, nobile e potente Obi-Wan Kenobi non può umilmente ammettere la sua funzione di pedina nel perenne bilanciarsi del Lato Chiaro e del Lato Oscuro. Lui non è certo Qui-Gon Jinn! (15)
     In ogni caso, anche se la pena che si infligge Ben è dello stesso genere di quella dell’orgoglioso e testardo re Edipo (vent'anni di polvere e solitudine nel deserto), per fortuna i suoi occhi rimangono al loro posto (16).

     9. Durante l’Oscurantismo

     Sono interessanti i vent'anni che intercorrono tra il futuro Episode III e ANH, definiti dal vecchio Ben "l’Oscurantismo". Naturalmente tutto sarà più chiaro quando Lucas avrà ultimato la Nuova Trilogia, ma alcuni elementi sono già noti.
     L’Imperatore Palpatine trionfa grazie al servo Anakin/Vader, che non sa di avere degli eredi. La madre Amidala ha tenuto segreta la nascita dei gemelli Luke e Leia; li affida entrambi a Yoda e Obi-Wan, gli unici ad essere sfuggiti alla Strage dei Jedi dell’Impero. Sono gli ultimi due Jedi a decidere del fato dei neonati: Leia viene spedita su Alderaan ed assume l’identità della figlia adottiva del viceré Bail Organa (amico e compagno d’arme di Obi-Wan); il piccolo Luke viene affidato a Owen Lars e alla moglie Beru, umili contadini delle sabbie sul remoto pianeta Tatooine. Yoda e Obi-Wan si ritirano in incognito, il primo sul misterioso Dagobah l’altro sullo stesso Tatooine, in attesa di tempi migliori.
     Lo smacco subito dall’ex Anakin è duro da digerire! Yoda e Obi-Wan si abbandonano alle preveggenze della Forza Unificante e portano all’estremo l’atteggiamento del Consiglio Jedi di Episode I: battono ritirata dalla scena galattica per meditare sugli errori del passato; rinunciano all’azione immediata contro Palpatine, consegnando il presente al suo Impero fascista; affidano l’incerto futuro alla maturazione dei figli di Anakin. Molto comodo... Il povero Bail Organa riceve sulle spalle la speranza di una galassia oppressa — ed ordini chiari: deve coordinare la nascente Ribellione; quando questa sarà divenuta una reale minaccia per l’Impero, contattare il Generale Obi-Wan Kenobi in esilio (ed il protetto Luke).
     I Jedi abdicano e cedono la Galassia ai "comuni mortali". Si isolano per gestire il Destino, lasciando il solo Organa e pochi altri a badare ad una sgradevole Realtà.
     Quei venti anni di esilio non cancellano l’hybris dei Jedi, anzi... la rabbia cresce, soprattutto tra le sabbie roventi del pianeta desertico. Tatooine è un Purgatorio dantesco non solo inutile, ma addirittura dannoso per Obi-Wan.
     Una delle figure assimilabili a Obi-Wan Kenobi è Gurnemanz, l’ultimo Cavaliere del Graal nel Parsifal di Richard Wagner. Il vecchio Gurnemanz assiste impotente alla progressiva decadenza della confraternita; quindi riconosce Parsifal come colui che sconfiggerà la forza oscura e riporterà il Cavalierato all’antica gloria. Dà al giovane eroe le prime spiegazioni sul Graal ed il suo potere benigno (17). Su Tatooine Obi-Wan è il "Gurnemanz" di Luke; ma nell’ottica dell’Esalogia di SW questa funzione positiva ed esemplare assume sfumature più fosche.
     L’aspetto più cupo del personaggio riguarda il rapporto con Darth Vader. Dopo vent'anni di rovelli solitari nel deserto, Obi-Wan ne è assolutamente sicuro: il caduto Anakin, "metà uomo metà macchina", non può essere salvato.
     Il vecchio Cavaliere considera Vader traditore ed assassino sia dei Jedi sia della sua amicizia e del suo stesso onore di Maestro: prova per lui un (comprensibile) sordo rancore. Inoltre, secondo Obi-Wan, non è più possibile porre rimedio agli errori che ha commesso con Anakin. Ci aveva provato, come vedremo nel futuro Episode III, ma quell’amaro insuccesso è ancora bruciante. E se ha fallito lui, nessun altro può riuscire... il Lato Oscuro non ha via d’uscita. L’unica soluzione è ricambiare il Dark Lord con la stessa moneta: si prepara quindi a giustiziarlo. Orgoglio e durezza da guerriero, più che da mistico.
     Non ha più fiducia nella pietà e nella compassione. Per lui (e per Yoda) Anakin/Vader sono indivisibili e la redenzione non è possibile — quando uno dei messaggi più importanti della Saga di SW è la Redenzione dal Male tramite l’Amore.

     10. Altro che Merlino!

     Già nella Trilogia Classica Obi-Wan Kenobi, stupendamente invecchiato e interpretato dal cortese e sornione sir Alec Guinness, si comportava in modo strano.
     In ANH Ben (come si fa ora chiamare) compie un gesto che lo rende immortale: reintegrato come Maestro per il figlio dell’ex-allievo, sacrifica la vita per salvare proprio Luke Skywalker, il ragazzo che rappresenta la Nuova Speranza della Galassia. Diviene prima una voce benigna e saggia, prodiga di preziosi consigli per il giovane predestinato ma ancora ingenuo, all’esordio sul proscenio spaziale come eroe stellare. Poi ritorna addirittura come fantasma, sempre pronto a correre in aiuto e consolare (a modo suo) un Luke in piena fase di maturazione e messo sempre più duramente alla prova; pare che la facoltà di trasformarsi in Fantasma della Forza sia un preciso potere Jedi; Lucas ha assicurato che nei prossimi episodi sarà un tema fondamentale.
     Tutto bello, simbolico, universalmente riconoscibile. Obi-Wan Kenobi come consigliere, guida spirituale, mentore astrale.
     Sciaguratamente varie domande macchiano la nobile figura del vecchio Cavaliere. La prima: perché, dovendo rimanere in segreto su Tatooine, Obi-Wan cambia il proprio notorio nome in "Ben" ma l’altrettanto famoso cognome del suo protetto Luke rimane splendidamente "Skywalker"? Poi: perché, nei venti anni che passano tra il futuro Episodio III e ANH, Obi-Wan non ha addestrato Luke assumendolo sotto la sua diretta protezione fin da piccolo, con Yoda, secondo le tradizioni Jedi? E perché poi tutte quelle menzogne a Luke sul conto del padre? Perché sulla prima Morte Nera Ben si lascia sfidare e uccidere da Darth Vader in quel modo, in apparenza eroico, ma in seconda analisi rischioso e avventato, poiché consegna nelle mani di Vader un Luke e una Leia assolutamente soli e sprovveduti (riescono a fuggire principalmente grazie alla prontezza di spirito di Han Solo; poi per altri due film sono praticamente in balia di loro stessi e delle alterne vicende)? Perché in TESB (insieme a Yoda) incoraggia un disperato Luke a lasciar perdere gli amici in difficoltà su Bespin? Infine: perché nel momento decisivo, in ROTJ, Obi-Wan insiste in quel terribile modo con Luke: "se non uccidi Darth Vader allora l’Imperatore ha già vinto"?


     Molti, troppi dubbi sul conto dell’eroico e distinto Cavaliere Jedi, che solo agli occhi degli ingenui è un semplice surrogato del solito Merlino o dell’immortale Stregone Guerriero Gandalf. In realtà, nella Saga di SW Obi-Wan Kenobi assume un altro tipo di funzione; e soprattutto una profondità ed una fragilità umana assolutamente originali, nuovissime ed affascinanti.
     Rispondo alle domande con ordine.

     11. La trappola di Tatooine?

     —Perché, dovendo rimanere in segreto su Tatooine, Obi-Wan cambia il proprio notorio nome in "Ben" ma l’altrettanto famoso cognome del suo protetto Luke rimane splendidamente "Skywalker"?
     I Cavalieri Jedi sono stati cacciati in tutta la Galassia e distrutti senza pietà da Vader e Palpatine. Obi-Wan è scampato; per mantenere il segreto della sua sopravvivenza modifica il proprio nome in "Ben" Kenobi e si rifugia sul pianeta più insignificante di tutti, che per uno scherzo del destino ha visto l’inizio della vicenda: Tatooine. Un mondo sicuro: evidentemente Vader ne serba brutti ricordi. Il drammatico perché dovremmo capirlo dai prossimi film; in ogni caso il Dark Lord fa di tutto per non metterci piede (un giuramento molto simile a quello del figlio Luke in ANH).
     L’esiliato Obi-Wan cambia nome ma il prezioso neonato Luke, l’indifeso predestinato da proteggere a tutti i costi, mantiene il cognome del luciferino padre. Cognome tutt’altro che sconosciuto: pochi anni prima le folle idolatravano Anakin Skywalker, il grande eroe stellare. È una stranezza spiegabile con la seguente ipotesi: Ben voleva attirare su Tatooine Vader, un Vader curioso ed emozionato per questo nuovo Skywalker così potente nella Forza... Obi-Wan, ben nascosto, avrebbe avuto l’occasione per colpire alle spalle, mentre il più forte nemico veniva distratto da un’oscura speranza. Il vecchio Jedi avrebbe ucciso con l'inganno l’odiato nemico; il ruolo del bambino sarebbe stato quello di giovanissima ed inconsapevole esca!
     Come Luke infrangerà la promessa di non tornare mai più sul pianeta desertico, così Vader avrebbe potuto calcare di nuovo la sabbia di Tatooine; la scoperta di un erede mai conosciuto sarebbe stata una ragione più che sufficiente.
     Obi-Wan Kenobi è assolutamente convinto che Darth Vader debba essere ucciso, la salvezza della Galassia dipende da questo. E se ne assume il compito: solo lui può porre rimedio al fatale errore che gli ha segnato la vita. Ma il tempo passa; Obi-Wan invecchia e Vader è un "Dark Lord of the Sith" sempre più potente, non è più il giovane Jedi corrotto di Episode III. Il Cavaliere Jedi non può fallire e sappiamo che, da buon Generale, non disdegna assolutamente l’inganno per raggiungere l’obiettivo: da tempo il suo (pericoloso) motto è "il fine giustifica i mezzi".

     12. Il mancato tirocinio di Luke

     —Perché, nei vent'anni che passano tra il futuro Episodio III e ANH, Obi-Wan non ha addestrato Luke assumendolo sotto la sua diretta protezione fin da piccolo, con Yoda, secondo le tradizioni Jedi?
     Forse ha perso la fiducia in sé stesso e nella sua abilità come insegnante, dopo la prima disastrosa esperienza pedagogica con Anakin. E forse egli pensa di meritare davvero di vivere solitario come un vecchio pazzo eremita nel bel mezzo della desolazione dello Jundland: dal suo punto di vista la colpa della quale si è macchiato è troppo grande.
     Altra possibile ed affascinante motivazione per un tale comportamento potrebbe essere il tentativo di ripudio dell’antica e nefasta prassi del reclutamento Jedi, fallita con la tragica e tormentosa caduta dell’intero Ordine. Possiamo dunque immaginarci un nostalgico e preoccupato Ben che, tra le sabbie, osserva da lontano la normale crescita di Luke, tra amici che lo prendono in giro e imprese da scavezzacollo. E il vecchio Jedi che pensa tra sé e sé, in verità un po’ insicuro: "Mai più apprendisti infanti. Facciamo per una volta come avrebbe voluto sempre fare Qui-Gon, in spregio alle disprezzate norme del reclutamento. Lasciamo vivere liberamente a Luke la giovinezza, in una vera famiglia. E vediamo poi se aveva davvero ragione il mio vecchio Maestro."
     Purtroppo, prima resta significativamente impassibile di fronte alla morte violenta di zio Owen e zia Beru, famiglia adottiva di Luke e — pare — addirittura suoi stretti parenti. Quindi, ai primi seri dubbi sull’educazione dell’ultimo Jedi e di nuovo sotto l’influenza di Yoda, il nostro ritorna precipitosamente sui suoi passi (vedere il capitolo 15).

     13. Ben il bugiardo

     —Perché tutte quelle menzogne a Luke sul conto del padre?
     Da perfetto Generale, Obi-Wan deve mettere in conto la propria sconfitta nell’ineluttabile ed attesissimo duello finale col più giovane Darth Vader. Allora appronta un piano d’emergenza. Ben prepara Luke all’empio compito di eliminare il padre; se non dovesse riuscirci lui stesso, ci penserà la Nuova Speranza debitamente addestrata e, soprattutto, plagiata. La menzogna diviene infatti il modo più sicuro per far odiare a Luke l’ignoto genitore. E nascondergli le responsabilità dello stesso Jedi.


     Ben "rivela" a Luke che il suo mitizzato, mai conosciuto ma sempre amato padre è stato ucciso a tradimento da Vader. Non è una semplice bugia, è un'astuta e diabolica stortura della verità: porta Luke a voler uccidere il mostruoso Dark Lord per vendicare il padre (nonostante "un Jedi non cerchi la vendetta"), senza sapere che in realtà egli è ancora vivo e che così facendo lo ucciderebbe proprio lui.
     Il raggiro è agghiacciante. L’unica scusante per Obi-Wan è la situazione estrema nella quale si trova.
     Per di più, in ROTJ Obi-Wan tenta goffamente di giustificare l’orribile menzogna. Di fronte ad un Luke ormai uomo, il Fantasma della Forza non può più continuare a mentire; purtroppo, invece di chiedere perdono, persevera tristemente nell’errore. La frase è tra le più esemplificative del personaggio: "quel che ti dissi era vero, da un certo punto di vista". Il povero Luke reagisce con un’espressione più implorante che inquisitoria, davvero disperata. Ma Obi-Wan conclude impietoso: "capirai che molte delle verità che affermiamo dipendono spesso dal nostro punto di vista". Il tentativo di auto-giustificazione sarebbe ridicolo, se non fosse così drammatico.
     E Luke? Da ANH fino a ROTJ tutti, sia Buoni (Yoda e Ben) che Cattivi (Palpatine e Vader) fanno piani e contropiani sulla sua pelle; e su quella della sorella. Ad un certo punto per lui — il vero Semplice — è troppo. Nel finale, anni di menzogne e falsità superano il limite; Luke perde la testa (quando intravede un futuro pericolo per Leia, i cui poteri potrebbero a loro volta essere usati per il Lato Oscuro) e sceglie la soluzione estrema, più veloce e banale nel suo orrore: cede alla violenza parricida. Condanna a morte l'Avversario, condanna a morte il Padre Oscuro; per poi, nell’attimo decisivo, dimostrare una forza di volontà e una lucidità immani.
     La bugia di Ben è solo il primo anello di una lunga catena. Ma rimarrà sempre l’inganno più bruciante, perché subito dalla persona più amata.

     14. Uno strano sacrificio

     —Perché sulla prima Morte Nera Ben si lascia sfidare e uccidere da Darth Vader in quel modo in apparenza eroico, ma in seconda analisi rischioso e avventato, poiché consegna nelle mani di Vader un Luke e una Leia assolutamente soli e sprovveduti?
     È giusto sottolineare che quello di Obi-Wan Kenobi rimane un sacrificio commovente e necessario, almeno nella situazione contingente.
     Tuttavia, fin dalle prime sequenze sulla Morte Nera, il vecchio Jedi sembra un po’ troppo impaziente di affrontare il nero ex-padawan ed andare così incontro a morte certa (18). Guarda caso, la coppia di duellanti si dirige proprio verso l’hangar del Millennium Falcon, dove i nostri caotici eroi si stanno riunendo per fuggire. E dove c’è Luke. In quel momento l’eroica diversione del vecchio Jedi sta ancora riuscendo; poi Obi-Wan si accorge con la coda dell’occhio che Luke sta assistendo al mortale duello. D’improvviso abbassa la guardia e, con un sorriso sardonico sulle labbra, invita il colpo fatale di Vader; che non aspettava altro da vent'anni e sferra il fendente decisivo. Obi-Wan è perduto, ma allo stesso tempo la diversione è fallita: il gelido Dark Lord non sta lì a godersi troppo il trionfo e si dirige subito verso i protetti del vecchio Maestro. Fortunatamente Luke, Leia e Han riescono a fuggire, ma più per il decisionismo di Han (che urla a Luke di bloccare Vader al di là della "blastdoor") che per il sacrificio di Ben.


     Prima interpretazione: il vecchio Obi-Wan sentiva fin dall’inizio che l’unica espiazione possibile per le sue gravissime colpe era una meritata ed inevitabile morte per mano di Anakin/Vader, tra l’altro in favore della Nuova Speranza Luke. Quindi, da guerriero, va incontro alla gloriosa morte in duello a testa bassa; è fiducioso solo nel fatto di poter tornare come incorporeo Fantasma della Forza, per consigliare Luke nell’ultimo modo concessogli. Ironicamente, l’hybris di Obi-Wan non termina con la morte del corpo organico. Anzi, anche come spirito egli continua ad essere convinto della propria totale responsabilità per tutto quanto di doloroso e catastrofico è accaduto nella Galassia. Nemmeno fuso con la Forza capisce di esserne stato una pedina nella ricerca dell’Equilibrio Superiore (19).
     Seconda interpretazione, ancora più tortuosa: memore del tragico epilogo dell’antico duello a tre contro Darth Maul, in Episode I, Obi-Wan intende ripetere quella situazione. Più di trent’anni prima, il giovane Cavaliere Jedi aveva trovato l’energia per sconfiggere l’imbattibile Maul nel desiderio disperato di vendicare il Maestro Qui-Gon Jinn, assassinato davanti ai suoi occhi dal Sith. Allora, in ANH, arriva a lasciarsi uccidere di fronte agli occhi attoniti di Luke, per scatenare il giovane contro il padre! Se così fosse, la decisione di Obi-Wan sarebbe doppiamente diabolica: Luke crede sempre che Darth Vader sia l’assassino del padre: non sa che è suo padre. Ed ora anche l’amato Ben, il "secondo padre", padre spirituale, viene ucciso dallo stesso mostro. Purtroppo (sempre se questa interpretazione è corretta) Obi-Wan dimentica che quell’energia che gli aveva permesso di sconfiggere Darth Maul era un’energia oscura. Obi-Wan continua a camminare sull’orlo del baratro: ormai dev'essere chiaro che la vendetta non è un sentimento da Jedi. In ROTJ Luke ci insegnerà che un vero Jedi non si comporta così: egli rinuncerà a giustiziare Vader, getterà la spada e si consegnerà inerme all’Imperatore. La spada laser è un’arma difensiva, ed un Jedi deve trascendere le proprie emozioni (20) - soprattutto quelle negative.
     Ironia del destino: il colpo di spada che uccide Obi-Wan è lo stesso tipo di fendente che Obi-Wan aveva sferrato per uccidere Maul.

     15. L’olocausto degli amici

     —Perché in TESB (insieme a Yoda) incoraggia un disperato Luke a lasciar perdere gli amici in difficoltà su Bespin?
     Una sequenza davvero drammatica.
     Yoda è sempre pericolosamente devoto ad un credo fatalista, basato su una nebulosa preveggenza, che ha fatto il suo tempo; ed i suoi danni: la Forza Unificante, cioè sacrificare il presente per un possibile bene futuro. E Obi-Wan, dopo tutto quello che ha passato, continua a spalleggiare il muppet.
     Ci si chiede come i due Maestri siano sopravvissuti all’antica Strage dei Jedi: forse sacrificando allo stesso modo il resto del Cavalierato? Inoltre, quella richiesta somiglia troppo a un tentativo di eliminare i legami di famiglia e amicizia che trattengono Luke al mondo reale, che limitano il crescente controllo di Yoda sull’apprendista — secondo l’antiquata e deleteria prassi del reclutamento. Quel gesto non è neanche scusabile come il tentativo di proteggere la scarsa riserva di potenziali Cavalieri Jedi: la prima ad essere condannata da Yoda ed Obi-Wan è Leia, "l’altro Skywalker", l’ultima speranza se Luke dovesse fallire (21).
     Evidentemente i vizietti dei due venerabili Jedi sono duri a morire. Il sacrificio di Qui-Gon Jinn non ha davvero insegnato nulla.
     Inciso: quest’ultimo è stato l’unico ad aver visto giusto sul destino del "Chosen One" e dei Jedi. A Qui-Gon non importava nulla della Forza Unificante, predicava il contatto col presente e non l’illusoria preveggenza; ma in ultima analisi ha avuto ragione: Anakin, alla fine, ha davvero portato Equilibrio nella Forza. E il povero Qui-Gon si lasciava prendere in giro dall’apprendista Obi-Wan: "Su una cosa almeno avevi ragione, Maestro: i negoziati sono stati davvero brevi" (22).
     Luke disubbidisce. A lui non interessa basare la propria vita sulle previsioni di un vago futuro: più prosaicamente, vuole affrontare il reale presente; non vuole immolare i sentimenti di amicizia ed amore, vuole vivere per essi. Questo è il primo (e non ultimo) enorme gesto, meravigliosamente etico, del più grande dei Jedi. Luke non ascolta i consigli né del Maestro Yoda né dell’amato, ma fallace Ben; tiene duro e segue il suo cuore. Con questo coraggioso e generoso atto di volontà Luke Skywalker getta le fondamenta di una Dottrina Jedi più alta, una più umile e giusta interpretazione della Forza che schiaccia l’antica e dannata disumanità del Consiglio.
     A un livello più alto: la filosofia di SW non è più fatalistica (classica) come nei Prequel, ma è basata sull’etica del Libero Arbitrio (moderna).
     Allora Obi-Wan Kenobi, nel finale della Trilogia Classica, è un pesce fuor d’acqua, legato ad una filosofia ormai superata. Ennesima ironia: Luke si comporta come si sarebbe comportato "l’eretico" Qui-Gon, che lo stesso Ben non gli ha mai nemmeno citato; un Maestro Jedi allora riformista e incompreso che, parrebbe, l’allievo Obi-Wan ha fatto di tutto per rimuovere.

     16. "Vai Luke, uccidi tuo padre!"

     —Perché nel momento decisivo, in ROTJ, Obi-Wan insiste in quel terribile modo con Luke: "Se non uccidi Darth Vader allora l’Imperatore ha già vinto"?—
     Luke Skywalker ha due Maestri Jedi che tentano di plasmarlo: "Devi uccidere tuo padre, devi uccidere tuo padre..." è la sostanza del discorso. Il ragazzo arriva a dispiacersi e vergognarsi di essere figlio di quel padre che durante la giovinezza aveva mitizzato.
     In punto di morte Yoda parrebbe rinsavire: l’ultima perla di saggezza è il sibillino: "Devi affrontare Vader per essere un Jedi", che può voler dire tutto e niente; comunque, almeno, non spinge esplicitamente Luke ad uccidere il padre.
     Ma Obi-Wan Kenobi, tanto per cambiare, persevera nell’errore. Luke, disperato e confuso dopo la scomparsa di Yoda, afferma al paterno ed idolatrato maestro Ben che, naturalmente, non può uccidere il padre; e il vecchio Obi-Wan ribatte rivelando la convinzione che da oltre venti anni si tiene dentro. Stronca il suo pupillo con un laconico: "Allora l’Imperatore ha già vinto". Un ammonimento ingannevolmente chiaro per Luke: o uccidi Anakin/Vader o il Male trionfa. Luke non è più un ragazzo; Obi-Wan, che non può più continuare a ingannarlo, si vede finalmente costretto a confessare paure e risentimenti.
     Uno dei pericoli causati da tali atteggiamenti intransigenti di Obi-Wan è che Luke possa essere portato a male interpretare come egoismo di figlio un giusto sentimento. Quando il primo indimenticabile consiglio di Ben era stato: "Fidati delle tue sensazioni."
     In quel momento Luke è l’unica persona della Galassia che non vuole uccidere Vader, l’unico a non essere accecato dal rancore e dalla paura. L’unico che si rende conto, nella sua rigorosa semplicità e nell’umanissimo amore di figlio, che uccidere il proprio padre non può che portare a un Male ancora più grande. Rimane fermo nella meravigliosa convinzione che l'amore tra padre e figlio non può morire; ma è totalmente solo. Di nuovo, pur amando Ben non l’ascolterà e farà di testa sua.
     L’Allievo diventa maestro del proprio Maestro (23).

     17. La rifondazione dei Jedi

     Il tema principe di SW è la riconquista dell’Umanità perduta.
     Consideriamo l’evoluzione storica nell’Esalogia di SW: nella Trilogia Classica, l’Impero di Palpatine, la stessa Alleanza Ribelle di Mon Mothma e gli ultimi due Jedi sono ciò che rimane delle vicende dei Prequel; sono tre istituzioni ancora legate (venti anni dopo il futuro Episode III) ad un obsoleto modo di pensare e vivere, in fase di rappresentazione nei nuovi film. Sono il "vecchio" che deve essere rimpiazzato dall’energia giovanile e ludica del "nuovo". Nei conclusivi tre film classici, i rinnovatori sono i giovani ed anarchici Ribelli: Luke, Leia, Wedge, Lando, Chewie e (soprattutto) Han. Questo pugno di eroi rappresenta la naturale reazione a tre tipi di disumanizzazione: il decadentismo politico della Vecchia Repubblica; quello filosofico dei Jedi; la dittatura oscura dell’Impero. Essi sono la Rinascita emotiva, politica, idealistica. A livello formale, il tono ilare e giovanile della Trilogia Classica, impersonato dall’esuberante Han Solo, è l’evoluzione della vetusta atmosfera dei nuovi episodi: realistica, declinante, rigida — da vecchia "Repubblica Jedi".
     Il personaggio che fa da tramite — o meglio che è incastrato tra le due trilogie — è Obi-Wan Kenobi. Egli, tristemente, non appartiene del tutto a nessuna delle due epoche.
     L’umorismo, il sarcasmo e l’entusiasmo anche irruente (tipico della Trilogia Classica) del personaggio fanno capolino in Episode I, paiono davvero fuori posto in quell’atmosfera tetra e rispettosa. Il giovane Obi-Wan sembra combattuto tra il dover essere rigido e serioso (come nella Vecchia Repubblica, nei Prequel) e il voler essere allegro e ironico (Trilogia Classica). Nei prossimi film tale contrasto dovrà apparire sempre più marcato: questa confusione emozionale renderà Obi-Wan un fragile eroe-guida, e si ripercuoterà su chi gli è più vicino (Anakin).
     Disgraziatamente, nella Trilogia Classica Obi-Wan è ormai Ben, un nostalgico anziano, imprigionato in schemi di pensiero erronei e superati, fatalmente tagliato fuori da certe baldanzose imprese rivoluzionarie riservate ai giovani. Può solo dare il via ai rinnovatori e si vede quanto gli dispiace questo ruolo limitato.
     Ciononostante egli lega immediatamente con colui che simboleggia meglio lo spirito anarchico e spavaldo della Trilogia Classica: Han Solo. "Cosa? Come? Non conosci il Millennium Falcon?!" — "Veramente no." — "È la nave che ha fatto la rotta di Kessel in meno di 12 parsec!" — espressione incredula e divertita di colui che vede il bluff... Certi scambi di battute tra sir Alec Guinness e Harrison Ford sono impagabili (24). È un’affinità non reciproca, e per questo illuminante. Han, acuto nel suo confuso pragmatismo, intuisce e canzona il borioso anacronismo del Jedi ("Dove hai scovato quel vecchio fossile?" rivolto all’adorante Luke); smonta impietosamente la decaduta filosofia Jedi proprio di fronte al suo ultimo campione ("Le strane religioni e le loro antiche armi sono inutili di fronte ad un folgoratore al fianco!"). Al contrario Obi-Wan gli dimostra da subito simpatia e stima. Han è abile, affidabile ed individualista, il più ironico e autoironico di tutti, disincantato ma generoso d’animo, la bandiera di una nascente Galassia più umana, dopo la tragica decadenza del passato e la tecnologica dittatura imperiale del presente. Han è il deuteragonista che rende più umani i protagonisti Luke e Leia. Han è colui che Obi-Wan vorrebbe essere, se non fosse l’ultimo segnato esponente dell’antiquato Ordine Jedi.
     Un barlume di autocritica per l’orgoglioso Obi-Wan Kenobi?
     Luke Skywalker, nonostante i tiri subiti da Obi-Wan, proverà sempre un sincero affetto per il vecchio mentore Ben. Il saggio e magnanimo Luke lo perdonerà (anche se non richiesto) e non mancherà di riconoscergli il ruolo di iniziatore della propria vicenda personale; il sacrificio compiuto; le comunque buone intenzioni; l’amorevole fiducia dimostratagli. Inoltre, Luke pietosamente intuisce il malessere di Obi-Wan, smarrito paria sospeso tra due epoche.
     Alla fine, grazie all’energia positiva dei suoi amici (Han & Co.) e all’esempio anche in negativo di Ben, Luke potrà ricostituire un Ordine Jedi più aperto, gioioso, meno distaccato dalle cose umane. Un Cavalierato Jedi più umile e meno potente, che vedrebbe Qui-Gon più sicuro di Obi-Wan di un seggio nel Consiglio. Mentre Yoda quel seggio dovrebbe proprio sudarselo.

     18. Il lato grigio

     La Galassia lucasiana è caduta dalla Grazia. I suoi abitanti hanno mangiato dall’Albero della Conoscenza e sanno distinguere il Male dal Bene. È una Galassia basata sugli opposti, rigidamente divisa tra Tatooine e Coruscant, Imperiali e Ribelli, Lato Chiaro e Lato Oscuro. In questo universo fondato sui dualismi, l’Eroe Predestinato che deve portare l’Equilibrio superiore dovrà conoscere entrambe le parti da bilanciare: per realizzare la Profezia dovrà fare l’esperienza sia del Bene che del Male. Solo lui sarà in grado di vivere nel "grigio" etico, per infrangere la ragnatela delle apparenti opposizioni che nasconde la vera natura della Forza. Scrisse Joseph Campbell ("l’insegnante di mitologia" di Lucas): "La separazione nel mondo è secondaria; oltre il mondo degli opposti esiste in noi tutti l’unità ed identità, invisibili ma innate."
     Il "Chosen One" di SW è Anakin. In lui, nel momento finale, Lato Chiaro e Lato Oscuro non sono più inconciliabili ma divengono due parti dello stesso essere. Egli porterà l’Equilibrio trascendendo la dualità della Forza; per lui il Lato Oscuro non sarà una dannazione senza uscita, ma un viaggio nella Terra Desolata (come Luke nell’Albero Oscuro di TESB). Alla fine, con la Libera Scelta dell’Espiazione e del Martirio, frutto dell’Amore, Vader torna ad essere Anakin e la separazione nel mondo degli opposti si chiude. L’equilibrio è restaurato (25).
     Hybris (o traha) è l’arroganza che precede la Caduta dalla Grazia: l’inevitabile prova che devono superare gli eroi che compiono imprese "grigie" guidati da un’etica "grigia" - l’astuto Ulisse come il passionale Lancillotto, Anakin come Obi-Wan. Questa superbia porta l’eroe, nel corso del viaggio, a ridefinire a modo suo la Giustizia, prima giudicando e poi punendo sommariamente: Obi-Wan certo non si risparmia nel corso della Saga (da Darth Maul allo sfortunato Ponda Baba della Cantina di Mos Eisley). Sia nella tradizione greca che in quella celtica i caduti dalla Grazia sono condannati all’esilio: grigi pellegrini che sopravvivono alle loro colpe e che possono trovare pace solo dopo una dolorosa espiazione. È facile vedere in questi panni entrambi i nostri eroi: Anakin e Obi-Wan - e l’altro eroe potenzialmente tragico di SW: Boba Fett (26).
     Si capisce che in SW questo "pellegrinaggio nel lato grigio" non lo può impunemente compiere chiunque. Il Prescelto, destinato alla caduta e alla dolorosa redenzione, è uno solo.
     Anakin è l’unico týrannos di SW che, come i týrannoi del mito greco, è un Diverso che percorre sentieri diversi dagli altri (27). Chiunque altro osi avventurarsi su questo pericoloso confine, lo fa a suo rischio e pericolo: "Se anche solo una volta il Sentiero Oscuro tu intraprendi, per sempre esso dominerà il tuo destino."
     Obi-Wan Kenobi ha sempre vissuto sull’orlo, in bilico. E in SW tale orlo è sempre tra il Lato Oscuro e il Lato Chiaro della Forza. Obi-Wan, quindi, come un "Chosen One" fallito? È questo il motivo prima dell’invidia, poi dell’astio provati nei confronti dell’ex-amico Anakin, predestinato ad imprese più grandi?
     Anche nelle galassie lontane lontane la distinzione tra Luce e Oscurità è netta a livello filosofico, ma nei cuori degli uomini lo è un po’ meno. Nella Trilogia Classica si confrontano metaforicamente un’idealistica, variegata Ribellione in rappresentanza del Lato Chiaro; e un metallico, razzista Impero per il Lato Oscuro. Ma persino in SW Lato Chiaro e Lato Oscuro sono precise categorie di comportamento e non vaghe astrazioni; e purtroppo nella vita le cose non sono facili: amore e odio, perdono e vendetta, compassione e aggressività sono pericolosamente mescolate nella grigia nebbia sospesa sul confine tra Paradiso e Inferno.
     La grandezza dell’Uomo allora è nella Scelta che egli fa in condizioni critiche.
     Obi-Wan è una figura in un certo senso ambivalente, realisticamente piazzata proprio nel mezzo; e, in immani difficoltà, sono le sue intenzioni comunque positive a renderlo grande. Anche se fallisce; del resto "nessuno è perfetto" e solo chi ha il coraggio di agire corre l'umano rischio dell'errore.
     Anche Ben, terminato tutto, rivive nella Forza riequilibrata; sia con i suoi amici che con i nemici.

     19. Ed ora: Episodio II e III...

     In origine né George Lucas né sir Alec Guinness sapevano bene quanto il loro Obi-Wan Kenobi potesse essere ricco: il personaggio viene sviscerato oggi, più di venti anni dopo. Il fascino kenobiano è dovuto alle giovanili intuizioni di Lucas e all’interpretazione geniale di sir Alec Guinness; soprattutto il grande attore britannico riuscì, nel ’77, a dipingerlo con poche ma impressionanti pennellate, fatte di sottili ammiccamenti, eloquenti esitazioni, eleganti sottintesi e affettuosi sorrisi. E lo caratterizzò quasi alla cieca... Anche per questo l’attore recentemente scomparso non amò il mitico Cavaliere Jedi: ne aveva forse intuito l'iceberg della grandezza nascosta, e un attore shakespeariano del suo calibro non doveva gradire troppo l’improvvisazione.
     Oggi è tutto il contrario: detto dell’ovvio lavoro di scrittura di Lucas, in TPM è già evidente il lavoro d’attore di Ewan McGregor. Egli nella Nuova Trilogia ha il non indifferente compito di completare il ritratto iniziato, sia rimanendo fedele a quanto stabilito (è già famoso lo studio di McGregor sulle maniere e il tono di voce del giovane Guinness), sia proponendo le necessarie variazioni sul tema.
     E nei prossimi episodi l’Obi-Wan Kenobi di McGregor si avvicinerà all’età e alla personalità del Ben Kenobi di Guinness. In Episode II e Episode III avrà 35 anni: sarà giunto sulla linea d’ombra dell’età adulta, dovrà affrontare le fatali "delusioni della maturità". Sempre più difficile!
     Per quanto riguarda lo scrittore: Lucas continuerà a basare la saga kenobiana sulla tragedia greca? Vedremo allora Obi-Wan fare qualche errore fatale con Anakin, valutando male la fragilità del giovane Jedi e precipitandone così la caduta? Vedremo, in un duello di allenamento tra Maestro e padawan, una in apparenza insignificante umiliazione che porterà al sinistro e memorabile "ora sono io il maestro" vaderiano? Verrà introdotto un profeta cieco (forse Plo Koon o qualche altro strano Jedi) che assumerà la parte del greco Tiresia e, inascoltato, prevederà la catastrofe? La Forza visiterà Obi-Wan con Furie (Cacciatori di Taglie? Accoliti Sith?) che lo spingeranno all’esilio volontario tra le sabbie di Tatooine?
     Le possibilità sono infinite e tutte tremendamente affascinanti.

     20. Un eroe troppo umano

     La Saga di SW, in ogni caso, è assimilabile all’antica tragedia greca classica solo ad un livello. Lo stesso Anakin Skywalker è sì l’Eroe Tragico per eccellenza: archetipico, sovrumano, uomo di dismisura, grande nel bene e nel male (28); ma questa già splendida figura classica viene ulteriormente ampliata da delle scelte etiche assolutamente moderne, compiute alla fine della sua vicenda esemplare (la redenzione volontaria ed il sacrificio).
     Anche per quanto riguarda l’amico/avversario Obi-Wan Kenobi il parallelo con l’eroe tragico Edipo è legittimo e significativo; ma non è sufficiente per comprendere il personaggio kenobiano, troppo umano per essere considerato solamente "classico". Obi-Wan è, come abbiamo visto, limitato; e per questo moderno.

     Uno degli elementi che nella figura di Obi-Wan "Ben" Kenobi rimanda alla tragedia classica è che il personaggio — in quanto Jedi — sta al di sopra degli altri uomini; proprio come tutti i personaggi della tragedia greca, che sono spoudaioi (29), regali, solenni, coturnati: al di sopra dei mortali; sono dei, re e regine. Il Jedi Obi-Wan può allora essere considerato a tutti gli effetti personaggio "tragico" — e deuteragonista — come lo è Giocasta (per restare all'Edipo Re di Sofocle). Giocasta compie una grave hybris disprezzando l'oracolo e consigliando Edipo di non ascoltare le "fandonie" degli dei. Lo fa per sviare il protagonista dalla verità: esattamente ciò che fa il vecchio Ben con Luke (30).
     L’hybris dell’ultimo Cavaliere Jedi consiste nel non aver mai capito né assecondato il Volere della Forza; e di aver tramato (anche se con buone intenzioni) alterando la Verità.
     La tragedia greca racconta casi estremi di uomini estremi, certo non di uomini qualunque (o perderebbe la sua forza radicale); mentre Obi-Wan — sotto certi aspetti — è anche un perfetto Uomo Normale. Obi-Wan è sì tragico, quindi, ma non solo in senso classico / greco, bensì anche moderno / shakespeariano. La grandezza tragica del personaggio è dunque originale ed inedita: sta in effetti nella sua mediocrità sublimata (31).


Sir Alec Guinness è Marco Aurelio
ne La caduta dell'impero romano
     Una delle caratteristiche più evidenti del giovane Obi-Wan di Episode I è la grande ambizione di una persona comunque smarrita. Una apparente forza che nasconde malesseri ed incertezze. Questa complessa personalità lo avvicina soprattutto alla sensibilità moderna e alle inquietudini di certi personaggi tragici di William Shakespeare (32).
     L’Eroe Tragico Anakin è arricchito dall’Etica del Libero Arbitrio; l’Uomo Tragico Obi-Wan dall’ambizione frustrata e dall’angoscia tipicamente shakespeariane: SW è davvero un monumento senza tempo.

     Conclusione

     La storia di Obi-Wan Kenobi ha il pathos della Tragedia, che ci permette di sentire vicino e provare compassione per Obi-Wan, un normale ragazzo volenteroso ma confuso, che viene scaraventato in situazioni più grandi di lui; e Ben, un vecchio zio generoso e tormentato, che ha compiuto imprese travolgenti ma anche terribili errori. Mentre Anakin Skywalker è temuto e preso ad esempio, prima esaltato poi dannato infine redento come il "Chosen One" (Prescelto), il "Dark Lord of the Sith" (Signore Oscuro dei Sith) ed il "Son of the Suns" (Figlio dei Soli).
     Lucas vuole che ci identifichiamo con Anakin solo a livello figurato; mentre è Obi-Wan a condividere con noi una comune condizione umana, così familiare e riconoscibile.
     Il giovane Obi-Wan di TPM è antipatico: prende in giro Jar Jar, si produce in scomodi commenti da essere superiore ("patetiche forme di vita"), fa l’offeso quando Qui-Gon gli preferisce Anakin. in ANH si ripete, anche se con più sussiego, nel disprezzare Mos Eisley come un "miserabile covo di feccia e malvagità". Inoltre è un incallito bugiardo... Fa tutto parte del suo carattere.
     Atteggiamenti che stanno a definirne la superbia, ma disegnano anche il ritratto di un personaggio sincero, che ci è vicino, soprattutto negli atteggiamenti più sgradevoli (in contrasto con l’umile e cavalleresco Qui-Gon Jinn e con il semplice e sublime Luke Skywalker). Obi-Wan Kenobi è un notevole Uomo Normale: caustico e rispettoso, ingenuo e smaliziato, misero e solenne; una coraggiosa persona qualunque con pregi e difetti.
     Saranno anche questi difetti ad aumentare il pathos quando assisteremo costernati al suo epocale fallimento.


     Questo saggio è ispirato all’articolo "The Obi-Wan complex: Kenobi's sin of pride", di Molly Domenjoz - www.space.com; e a lunghe conversazioni col dott. Fiorenzo Delle Rupi (Presidente di Cloud City).





     Note:

(1) Osservazione di Matteo Foà - Forum di www.guerrestellari.net.
(2) Osservazione di Matteo Foà - Forum di www.guerrestellari.net.
(3) E ovviamente una parte della responsabilità ricade anche su Qui-Gon Jinn, che per primo credette nel Prescelto, e su Yoda e il resto del Consiglio, che non si sono opposti all'addestramento del bambino. Ma tutto segue un preciso disegno del Volere della Forza: l'equilibrio deve essere ritrovato attraverso Anakin, l'unico che, dopo essersi dannato e redento, potrà rimuovere il Male alla radice. La Forza è lungimirante, i Jedi non sono che pedine (Nd Davide Canavero).
(4) Did the Jedi have it coming?, di Robert Scott Martin - www.space.com.
(5) Penso che la storia guadagni profondità — diciamo così — "religiosa" se riteniamo che quello fosse il destino della galassia, e in particolare il destino dei Jedi: essi dovevano bere quell'amaro calice, dovevano passare attraverso quella "passione - morte - risurrezione" per caricare sulle loro spalle il Male; e inoltre per rinascere migliori (dopo la freddezza che aveva finito per contraddistinguerli), ad opera di Luke Skywalker, il "Santo", quindi sotto il segno di un altruismo eroico e di una più autentica empatia con gli esseri viventi. Solo così il sogno di Qui-Gon si può realizzare, solo se i Jedi sono pronti a morire e risorgere. (Nd Davide Canavero).
(6) Did the Jedi have it coming?, di Robert Scott Martin - www.space.com.
Questa interpretazione è davvero interessante, e mi sembra la più realistica, poiché è difficile pensare che Yoda abbia commesso un errore tanto madornale. Il suo era probabilmente un calcolo, volto a limitare il potere dirompente del Prescelto: ma la Forza agisce in Anakin andando ben al di là dei limiti di Obi-Wan, spingendolo anche verso un altro maestro, bramoso di trarre fuori da lui ogni aspetto del suo potenziale. Quello di Yoda, infatti, era un gioco rischioso: un cattivo maestro può sviluppare poco il potere dell'apprendista, ma può anche lasciarlo indifeso dinanzi al Lato Oscuro, specie se in lui c'è già la paura. E di questo rischio Yoda avrebbe dovuto tenere conto; ma, ancora una volta, torniamo al punto: era destino, era il volere della Forza. (Nd Davide Canavero).
(7) Ritengo che, oltre alla ricomparsa dei Sith, e quindi al crescere del Lato Oscuro, sia questo un altro motivo dello squilibrio prodottosi nella Forza. Essa aveva perduto l'equilibrio non solo perché il Lato Oscuro era ricomparso — era sempre stato presente: nessuno è pura luce, neppure Yoda — ma perché i Jedi, trascurando la Forza Vivente, che si percepisce con l'umiltà, avevano dato troppo peso a quella Unificante, nella quale c'è più spazio per la superbia, tipica di colui che presume di abbracciare tutto l'universo con la propria mente. I Jedi si sentivano troppo sicuri di sé, senza nemici. E divennero i nemici di sé stessi. Fu allora che Sidious uscì dall'ombra e che la Forza perdette del tutto il proprio equilibrio (Nd Davide Canavero).
(8) La prassi del reclutamento Jedi in tenerissima età non andrebbe considerata così negativamente, anzi: è indispensabile per forgiare Jedi che riescano ad entrare in sintonia con la Forza (tutti i tentativi di addestramento dopo i sei mesi di vita sono sempre falliti) ed è finalizzata anche a ridurre il pericolo della paura e dell'odio, e quindi del Lato Oscuro, che proprio a causa dei legami familiari può scatenarsi (cfr. l'ira di Luke che per Leia quasi uccide Vader, ROTJ). Grazie a quel metodo erano esistiti sempre pochissimi Sith, su un totale di decine di migliaia di Jedi, e da mille anni non si aveva notizia neppure di un solo Sith.
Per approfondire il tema si veda Il nuovo volto della Forza, in questo sito, sezione La Forza (Nd Davide Canavero).
(9) Jedi Knight of infinite faith, di Paul MacDonald - www.space.com.
(10) In questo uso specifico "logos" non ha i consueti significati di "ragione, pensiero, parola, studio" ma quello di "discorso, racconto". In particolare, "logos kenobiano" suona come il celebre "logos di Creso", in Erodoto: non designa semplicemente l'atto del raccontare in sé e per sé, ma sottolinea l'aspetto esemplare e memorabile dell'insegnamento contenuto nel discorso o nell'aneddoto (Nd Davide Canavero).
(11) Osservazione di Davide Canavero, Cloud City - SW Athenaeum.
(12) L'eroe tragico (parte II), di Davide Canavero - in questo sito, sezione Influenze - Radici culturali.
(13) Did the Jedi have it coming?, di Robert Scott Martin - www.space.com.
(14) La tragedia di Obi-Wan consiste nel fatto che egli non comprende la Forza — e la sua Volontà — in maniera adeguata; certo non come il maestro Qui-Gon. Obi-Wan eredita piuttosto la visione di Yoda, e un giorno potrà dire a buon diritto "[...] Yoda, il maestro Jedi che insegnò a me". Questa incapacità di intuire e seguire il Volere della Forza fino in fondo fa di Obi-Wan un personaggio leggibile in chiave tragica, o meglio un personaggio tout court tragico, sospeso tra finito e infinito, che anziché assecondare il Destino interviene su di esso con la propria hybris (Nd Davide Canavero).
(15) E poi: fino a che punto Obi-Wan era cosciente della Volontà della Forza? (Nd Davide Canavero)
(16) In realtà, l'autoaccecamento di Edipo al termine dell' Edipo Re sofocleo ha una ragione ben precisa che risiede nella sua storia e che solo al suo caso può applicarsi: Edipo aveva desiderato scoprire la verità, l'aveva cercata con tutte le sue energie, e quando la trova... non gli resta che fare tenebra dei propri occhi. Il suo iter tragico è proprio quello della ricerca, del voler vedere la verità, e solo la scoperta della dismisura del proprio crimine giustifica un simile gesto proprio a danno della vista. Obi-Wan — per quante responsabilità possa avere — non si è macchiato di simili colpe: la scelta finale nella perdizione di Anakin spettava solo a questo. Obi-Wan non è certo Edipo. Se si fosse autoaccecato sarebbe stato un autolesionista, perché... la sua storia non lo richiede! (Nd Davide Canavero)
(17) Il mito allo specchio, di Chiara Marino - in questo sito, sezione Influenze - Radici culturali.
(18) Osservazione di Mattia Campus - Forum di www.guerrestellari.net.
(19) L'hybris di Obi-Wan sarebbe dunque quella di non capire la Volontà della Forza, o forse persino di non credere del tutto a una Volontà (Nd Davide Canavero).
(20) Democrazia imperfetta, il bacio della Donna Ragno e voglio volare via da questo pianeta, di Anna Feruglio Dal Dan - in questo sito, sezione Storicizzazione - Dibattito critico - Episode I.
(21) Lies and prophecy in the Star Wars Saga, di Douglas Boyce - www.space.com.
Tuttavia, dovendo scegliere tra salvare Leia (se fosse andata bene) e perdere entrambi (se fosse andata male), e quindi perdere ogni speranza, la scelta era davvero obbligata (Nd Davide Canavero).
(22) Lies and prophecy in the Star Wars Saga, di Douglas Boyce - www.space.com.
(23) L'eletto, la fede, l'enigma della parentela, di Davide Canavero - in questo sito, sezione Influenze - Radici culturali.
(24) Osservazione di Mattia Campus - Forum di www.guerrestellari.net.
(25) Balancing the Force, di Paul McDonald - www.space.com.
(26) Boba Fett: lord of the (bounty) hunt, di Susan Mayse - www.space.com.
(27) L'eroe tragico, di Davide Canavero - in questo sito, sezione Influenze - Radici culturali.
(28) Osservazioni di Davide Canavero (cfr. L'eroe tragico, sezione Influenze - Radici culturali).
(29) Il celeberrimo aggettivo usato da Aristotele nella Poetica per definire la nobile serietà dei personaggi della tragedia (Nd Davide Canavero).
(30) Osservazione di Davide Canavero, Cloud City - SW Athenaeum.
(31) Osservazione di Davide Canavero, Cloud City - SW Athenaeum.
(32) Osservazione di Chiara Marino, Cloud City - SW Athenaeum.





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